Con il passaggio ufficiale di Wanda Ferro a Fratelli d’Italia si completa il suicidio politico di Forza Italia in Consiglio regionale. Gli azzurri lo inseguono fin dalla fine della legislatura scorsa quando, insieme alla maggioranza di centrodestra, misero mano alla legge elettorale approvando quella modifica che escluse il candidato governatore perdente (Wanda Ferro) dal Consiglio regionale. La Ferro affrontò una campagna elettorale assai complicata senza sapere di rischiare di essere esclusa e, successivamente, fu costretta a intraprendere una lunga battaglia giudiziaria finita davanti alla Corte Costituzionale per ottenere il suo seggio a Palazzo Campanella.

 

Wanda polemica fin dal suo ingresso

Al suo ingresso fu chiaro che qualcosa si era rotto con il partito di appartenenza: la Ferro annunciò la sua iscrizione al Gruppo Misto e non a quello di Forza Italia. Non solo. Chiese anche un’operazione verità per conoscere chi e come approvò quella vergognosa modifica alla legge elettorale regionale. Appello caduto nel vuoto. Wanda Ferro, da ultimo, è stata poi esposta dal partito ad un’altra sconfitta elettorale. In occasione dell’ultima elezione dell’Ufficio di presidenza di palazzo Campanella era stata indicata dal partito per essere la candidata alla vicepresidenza per la minoranza. Anche in quel caso una cocente sconfitta contro Pino Gentile di Alternativa Popolare. E, con tutta probabilità, avremmo assistito alla stessa storia in occasione della scelta dei candidati da abbinare ai collegi in vista delle prossime candidature.

Non sorprende, dunque, la decisione della Ferro di cambiare aria e “tornare alle origini”, così come lei stessa dice. Un passaggio che meditava da tempo e che, adesso, era diventato inevitabile anche per dare un seguito al suo percorso politico.

 

Qualche giorno fa l'addio di Salerno

E se la Ferro adesso si candida a diventare punto di riferimento dei Fratelli d’Italia in Calabria, per Forza Italia si tratta di incassare l’ennesima perdita in pochissimi giorni. Appena giovedì scorso, in occasione dell’ultima seduta di Consiglio regionale, Nazzareno Salerno rientrando dopo gli arresti domiciliari aveva annunciato il suo abbandono del gruppo e la sua adesione ad Alternativa Popolare dei fratelli Gentile.

E, appena qualche mese prima, anche Giuseppe Graziano aveva sbattuto la porta azzurra per aderire ad Ap. Solo la sentenza che ha reinserito Gianluca Gallo in Consiglio regionale al posto di Graziano ha evitato l’ulteriore umiliazione a palazzo Campanella.

 

Ap arriva a quattro consiglieri

In ogni caso, ed anche escludendo Graziano, Alternativa Popolare in questo momento è il gruppo più consistente delle opposizioni. Pino Gentile, Giovanni Arruzzolo, Baldo Esposito e Nazzareno Salerno costituiscono una pattuglia che sarà determinante fino alla fine della legislatura. Anche in virtù dei rapporti di “quasi alleanza” con il centrosinistra di Mario Oliverio.

 

Al gruppetto può aggiungersi un altro ex Forza Italia e cioè Ennio Morrone che, seppur rimasto nel gruppo consiliare, comunque flirta con il centrosinistra e con i fratelli Gentile. Tanto che il suo nome era stato ipotizzato per ricoprire la carica di segretario questore in occasione dell’ultima riunione del Consiglio regionale.

 

Nel gruppo di Forza Italia, insomma, rimane soltanto Alessandro Nicolò con la singolare qualifica di capogruppo di se stesso. Gli altri forzisti sono dispersi in altri due gruppi. Ci sono Cannizzaro e Gallo nel gruppo della Casa delle Libertà, mentre Mimmo Tallini è nel Gruppo Misto dove siede fin dall’inizio della legislatura per protesta contro le modalità con le quali sono state raccolte le adesioni ai gruppi. Per completare la storia della diaspora azzurra a palazzo Campanella va citato anche Fausto Orsomarso che dopo essere stato eletto con gli azzurri senza avere mai preso la tessera di partito, si è praticamente immediatamente trasferito a Fratelli d’Italia dove adesso lo ha raggiunto Wanda Ferro. Ben cinque (Orsomarso, Graziano, Salerno, Ferro e Morrone) sono i consiglieri “perduti” da Forza Italia in due anni e mezzo di legislatura. Praticamente un record assoluto.

 

Riccardo Tripepi