L’intervista

Autonomia differenziata, Foti (Fondazione Magna Grecia): «Ecco perché c’è il rischio di spaccare il Paese»

L'ex parlamentare si aspettava una posizione più incisiva di Forza Italia e spiega i pericoli della riforma al di là della definizione e finanziamento dei Lep: «Non si tratta di un semplice passaggio di competenze»

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di Massimo Clausi
29 giugno 2024
14:30

Con l’approvazione della legge sull’autonomia differenziata forse si è salvato il patto di Governo, ma si rischia di sfasciare la nostra Nazione. Ne è convinto Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia, ex parlamentare, esponente di punta di “Noi Moderati”. Questa riforma non ci sarebbe mai stata se il Pd nel 2001 non avesse approvato la modifica del Titolo 5 della Costituzione, che all’articolo 116 prevede proprio l’istituzione delle Autonomie anche per le regioni a statuto ordinario. Inoltre bisogna ricordare che le prime tre Intese (Emilia Romagna, Lombardia e Veneto) sono state firmate proprio con il Governo Gentiloni nel 2018, a 4 giorni dalle elezioni. «Io penso che questa riforma ci traghetterà verso una subdola rottura della Costituzione con la creazione di due Aree, una al Nord ricca ed opulenta in contrapposizione con un Sud piccolo e sempre più in affanno».

Lei parla addirittura di rottura dell’unità nazionale...
«Si perchè non si tratta di un semplice passaggio di competenze, ma veri e propri pezzi di sovranità, il tutto in chiara contraddizione con la visione dello Stato che ci dovrebbe essere con la Riforma del Premierato. Questa dell’Autonomia é anche una riforma che va in senso contrario a quelli che sono gli orientamenti che Bruxelles ha messo in campo con il Pnrr, ovvero la riduzione delle diseguaglianze e l’aumento della coesione sociale, soprattutto nel Mezzogiorno, grazie al prestito di 200 miliardi».


C’è chi dice che in fondo questa riforma non verrà mai concretamente attuata… 
«Dipende molto da come e quanto insisterà la Lega nell’accelerare i tempi della firma delle cosiddette Intese fra i presidenti delle regioni del Nord e il Governo centrale».

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Mi sembra scettico sui partiti di Governo, anche con Forza Italia?
«Io penso che Forza Italia abbia messo in campo una presa di posizione tardiva e per certi versi nemmeno troppo chiara. Io ad esempio non ho affatto capito il senso dell’ultima iniziativa di Antonio Tajani che vuole fare un Osservatorio sui Lep. A cosa serve se il Governo ha istituito già una commissione di saggi guidata da un giurista del calibro di Sabino Cassese. Se Forza Italia voleva migliorare la riforma avrebbe dovuto farlo prima, attraverso emendamenti e non ordini del giorno che sono solo auspici. Insomma per un argomento così serio sarebbe servito un dibattito decisamente più approfondito».

 I Lep sono la grande incognita di questa vicenda…
«Si abbiamo Calderoli che in aula alla Camera ammette di non sapere quanti soldi servono per finanziare i Lep. Qualcuno dice sui 90 miliardi, ma non si capisce dove si troveranno i soldi».

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Allora insisto, la riforma non verrà mai attuata… 
«Tutt’altro, perché come dicevo prima la riforma è subdola. Basta leggere l’articolo quattro per capirlo. Da un lato al primo comma con retorica ostentazione di difesa costituzionale si afferma che nessuna intesa fra Stato e Regione (se non dopo loro definizione) possa assoggettare le funzioni che prevedono il rispetto dei Lep, in totale contraddizione, immediatamente dopo nel comma 2, si consente l’immediata stipula di intese circa le altre materie a legislazione elencate nell’art. 117, oltre al trasferimento di tutte quelle funzioni, con annessi e connessi “nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente all’entrata in vigore della presente legge”».

Tradotto in soldoni? 
«Significa che verrà costituzionalizzata la spesa storica ed l’eliminata definitivamente la quota del 34% di investimento della spesa pubblica nel Sud - che poi in realtà non è mai stata rispettata - per cui ognuno sarà portato a tenersi “il suo”, per gli altri sono “affari loro”».

Giornalista
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