I dem calabresi sono sotto di circa 9 punti percentuali rispetto al dato nazionale. Colpa del risultato pessimo di Cosenza che ha risucchiato verso il basso l'esito complessivo e della mancata candidatura di consiglieri e amministratori
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Bene ma non benissimo, dice a denti stretti Nicola Irto, senatore e segretario regionale del Pd. Se è vero che i dem alle ultime Europee hanno raggiunto un risultato inatteso e che al Sud si confermano come primo partito, è altrettanto vero che il risultato in Calabria non può certo dirsi soddisfacente. Qui il Pd si è fermato al 15,88% circa 9 punti percentuali in meno rispetto il dato nazionale. Una delle percentuali più basse d’Italia insieme alla Sicilia e resta una magra consolazione il fatto che nell’isola capolista era Elly Schlein, la segretaria del partito. Difatti al Sud, e quindi anche in Calabria, capolista era il recordman di preferenze, l’ex sindaco di Bari Antonio Decaro, da ieri detto anche mister 500mila voti.
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È evidente che qualcosa a queste latitudini non ha funzionato, soprattutto se si considera l’emorragia di voti che ha avuto il M5s rispetto alle scorse Europee. Dove sono finiti quei voti? In parte ad Avs che ha sfiorato il 6%, in parte a Stati Uniti d’Europa (che in Calabria ha fatto il botto andando oltre il 6%). Di certo non al Pd dove ora si respira un’aria da resa dei conti.
In realtà nella sua nota a caldo, diffusa nella notte elettorale, Irto usa il politichese e dice che «non sfugge, ad una prima e veloce analisi dei flussi elettorali calabresi, che ai territori dove il partito si conferma forza politica radicata e consolidata, si affiancano alcuni territori il cui risultato dimostra che bisogna cambiare e rilanciare un impegno, anche in merito alla capacità di attrarre consenso e condivisione verso un progetto politico complessivo e non personalistico».
Il segretario regionale quindi indica due problemi: i personalismi che da sempre attanagliano i democratici calabresi e la debolezza del partito in alcuni territori. In riferimento al primo punto è chiaro che le liste del Pd, sul versante calabrese, erano decisamente deboli. In altre realtà territoriali i dem hanno schierato consiglieri regionali, amministratori. Qui nessuno degli eletti si è voluto sacrificare. Mimmo Bevacqua, capogruppo dem, a lungo è stato in predicato di una candidatura ma poi ha declinato l’invito. Invito non raccolto da nessun altro collega. Oggi forse si stanno mangiando le mani visto che il Pd nella circoscrizione ha eletto ben sei europarlamentari con l’ultima eletta, Georgia Tramacere, che ha avuto 35.409 preferenze. Cifra tutt’altro che irraggiungibile. Forse per questo Bevacqua, capogruppo regionale dem, butta la palla in tribuna e consegna alle stampe un commento in cui anziché fare un’analisi del voto del suo partito fa quella di Forza Italia per dire che Roberto Occhiuto ha perso ovunque.
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Alla fine alla “chiamata” del partito hanno risposto solo Jasmine Cristallo e Luigi Tassone, persone stimatissime ma non certo recordman di preferenze che non a caso Irto ringrazia calorosamente.
Il secondo punto di debolezza sono i territori. È evidente che in alcune Federazioni le cose non hanno funzionato a dovere. Addirittura gira l’indiscrezione che quella di Cosenza sia stata chiusa nei giorni del voto, non assolvendo nemmeno alla funzione minima della distribuzione dei fac-simile. Gli effetti sono evidenti. A Reggio Calabria città il Pd arriva al 20%, nonostante l’exploit elettorale di Francesco Cannizzaro. A Corigliano Rossano, terza città della Calabria per popolazione, raggiunge invece un imbarazzante 9% nonostante il traino Stasi. A San Giovanni in Fiore il Pd arriva all’11%, a Montalto Uffugo al 10, a Cassano All’Jonio all’11. Dati davvero sconfortanti visto che stiamo parlando di grandi centri urbani che non vengono controbilanciati dai successi ottenuti ad esempio a Crotone con il 17% (alle politiche il Pd era fermo al 9%) o nella Locride dove il partito arriva ad oltre il 25%. Ha un grande valore simbolico, invece, il 18% di Vibo Valentia che è stata a lungo una delle roccaforti del potere forzista grazie alla presenza dell’ex coordinatore regionale Giuseppe Mangialavori, del presidente della commissione sanità, Michele Comito. Qui va dato merito all’ex consigliere regionale Luigi Tassone di aver lottato con le unghie e con i denti.
Senza voler buttare la croce addosso a nessuno è proprio in provincia di Cosenza che il Pd non ha tirato. Il dato finale parla del 14%, il più basso in Calabria. Ma il problema è che la provincia cosentina cuba quasi la metà della popolazione complessiva calabrese e quindi è normale che ha risucchiato verso il basso il dato complessivo.
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«Sarà necessario, da qui a breve, convocare gli organismi provinciali e regionale - dice Irto - per affrontare insieme una analisi del voto in grado di valorizzare le positività e individuare le debolezze su cui lavorare e migliorare. Vogliamo essere un tassello importante nel progetto di costruzione dell’alternativa democratica ad una destra calabrese e italiana sempre più proiettata a garantire i ricchi a discapito dei più fragili. La campagna elettorale, l’ascolto dei territori, ci ha messo davanti all’esigenza di una sempre più ferma opposizione al governo regionale di Occhiuto, con proposte chiare. La Calabria ha bisogno di risposte, Occhiuto non ne sta dando, il dovere del Partito Democratico è di incalzarlo sui temi che i cittadini ci chiedono di affrontare». Dal nazionale la strada è tracciata, ma qui in Calabria c'è bisogno di un surplus di impegno a partire dalla riorganizzazione delle federazioni provinciali.