La crisi del capoluogo è condizionata in parte anche dai prossimi appuntamenti elettorali, a partire dalle regionali. Difficile trovare 17 firme per lo scioglimento
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Catanzaro ha davanti a sé un grande pericolo: assistere a un dannoso e penoso festival dell’ipocrisia politica. L’azzeramento della Giunta comunale voluto dal sindaco Nicola Fiorita gli ha rimesso il gioco in mano, ma con tanti problemi irrisolti alle spalle, sempre pronti ad esplodere, e una dose forse insostenibile di mugugni e di risentimenti che sarà difficile domare. In un post Facebook domenicale il primo cittadino riprende il tema primario della campagna elettorale del 2022: «Rompere l’assetto di potere che governava la città». Per il resto toni pacati e qualche messaggio che nascondono alcune verità di fondo: nessuna voglia di dimettersi e macchina in moto per trovare in Consiglio i numeri della seconda fase.
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Carente l’analisi politica di Fiorita, che pur dovrebbe essere il suo forte. Sarebbe bastata una considerazione: Catanzaro non è da decenni una città di centrosinistra anche perché ormai da troppo tempo il Pd è debole, nonostante in passato, nelle vesti del Pci-Pds e della sinistra Dc, abbia potuto vantare figure di una certa consistenza. La fragilità di Fiorita, quindi, è generata prima di tutto dalla mancanza di un sostegno politico potente e coeso da parte del fronte progressista. Né la costruzione del cosiddetto “campo largo” è facile in un capoluogo dove i compagni di viaggio, a partire dai 5Stelle di Conte, non hanno numeri decisivi. Il sindaco ha evitato di affrontare il nodo “Donato”, l’argomento più appetibile per l’opposizione e dentro il quale, molto probabilmente, quest’ultima deciderà di affondare la lama della contrapposizione dialettica.
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Quando due anni fa, proprio per superare l’anomalia dell’anatra zoppa (primo cittadino senza maggioranza in Consiglio) furono lanciati diversi appelli per un’immediata ricomposizione civica, riconoscendo all’aggregazione guidata da Donato il ruolo che i cittadini le avevano dato, si preferì forzare e lavorare come se il centrosinistra avesse conquistato Palazzo De Nobili con il 55%. Si optò per lo scontro aperto, anche duro, e che tutti gli osservatori stanno di volta in volta ricordando. Quanto sarebbe stato lungimirante proporre nell’estate 2022 al professor Donato la presidenza del Consiglio comunale e puntare da subito a un governo corale della città! Non fu così.
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Rileggendo le cronache di questi ultimi due anni sarebbe facilissimo allestire un album di reciproche aspre contestazioni molte delle quali tese alla delegittimazione politica. Sembrò a tutti evidente che la compagine di Fiorita non era disposta a cedere spazi, né a tener conto degli oggettivi esiti delle urne per guardare al bene supremo del capoluogo: si ritenne autosufficiente e decise di posizionarsi ovunque fosse possibile. L’azzeramento dell’oggi dice tutto ed è una firma su una prima inadeguata stagione biennale di amministrazione che offre tanti elementi - molti dei quali sottolineati con dovizia di particolari proprio dal gruppo Donato - per descrivere le atmosfere di un pietoso funerale. Al netto, ovviamente, del valore o dell’impegno di singoli che in un contesto nel complesso deludente passa ovviamente in secondo piano. È come nel calcio: se una squadra perde di brutto, poco importa se qualcuno degli undici si è meritato il 6 in pagella, o anche un buon 7.
Il centrodestra non è esente dalla necessità assoluta di fare chiarezza al proprio interno e di costruire un’opposizione credibile, solida, convinta, coerente. Allo stato non sembrano esistere le condizioni di uno scioglimento anticipato: il sindaco non se ne vuole andare a casa e immagina di essere in grado di costruire un secondo tempo di recupero e di rilancio; ancora più improbabile è l’ipotesi, prevista dalle norme vigenti, di 17 firme di consiglieri (su 32) apposte in calce all’intonazione del “de profundis”. Ecco allora che al centrodestra non resta che una via da perseguire: contarsi in modo certo e senza equivoci, alzare il livello democratico della contrapposizione, non accettare compromessi con nessuno che tenga il piede in due scarpe fino al punto da negare ogni possibilità di candidatura a quanti oggi decideranno di appoggiare, in modo aperto o sotterraneo e ambiguo, il pur legittimo tentativo di Fiorita. In genere in politica la serietà paga e i cittadini capiscono tutto. Gli elettori magari parlano poco, ma nell’urna premiano o condannano senza troppi indugi.
Un accenno fondamentale resta quello delle prospettive future e a più largo spettro che nella storia del capoluogo hanno sempre pesato tanto. Soffermiamoci un attimo sullo scenario generale. Roberto Occhiuto si è insediato alla guida della Regione il 29 ottobre 2021, quindi sono già passati tre anni. Si inizia a guardare, inevitabilmente, alle prossime regionali, mancando solo due anni all’appuntamento con il voto. L’incognita della ricandidatura di Occhiuto esiste (dipenderà da lui stesso e dall’evoluzione del quadro nazionale), e Catanzaro potrebbe ambire ad avere ruoli di primo piano: si pensi a Wanda Ferro, sottosegretario di Stato all’Interno, esponente autorevole di Fdi, che già nel 2014 sfidò Mario Oliverio. Da tenere in considerazione anche le figure di Filippo Mancuso, attuale presidente del Consiglio regionale, reduce da un’ottima affermazione alle recenti europee nella lista della Lega. Amici di Mancuso raccontano che una sua vecchia ambizione, finora mai esplicitata ufficialmente, sarebbe quella di sedere sulla poltrona di sindaco.
Tra i banchi del civico consesso del capoluogo siede anche Antonello Talerico, consigliere regionale di Forza Italia, che molto probabilmente guarda a una sua rielezione. Se poi dovessimo soffermarci su tutti i possibili candidati catanzaresi alle regionali, tra pretendenti con speranza di successo e approcci un po’ velleitari e onirici, servirebbe un apposito articolo. Lo stesso Nicola Fiorita, che sa bene come una sua conferma alla guida della città potrebbe essere annoverata tra le ipotesi fantascientifiche (Catanzaro è una comunità culturalmente di centrodestra e quest’ultimo perde solo quando si divide), non può che guardare o alla candidatura a Presidente della Regione, nel campo largo e contando sul robusto legame con la leader del Pd, Elly Schlein, o al Parlamento (la legislatura attuale, a meno di scioglimenti anticipati che alcuni ritengono probabili, dovrebbe terminare nel settembre 2027). Ma se partendo da Catanzaro lo sguardo di tutti giunge a Roma, alla Camera e al Senato, le vicende politiche del capoluogo si complicano ulteriormente e si appesantiscono di incastri non sempre prevedibili.
Se poi, e non è dato saperlo, cause esterne (con crisi sismiche di qualsivoglia tipo) dovessero piombare sul sistema già di per sé traballante, per elaborare previsioni attendibili non basterebbe più neanche la sfera di cristallo. Concludiamo con un pensiero: sia Nicola Fiorita sia il centrodestra hanno necessità assoluta di ridare spessore alle dinamiche politiche, di innalzare l’asticella delle analisi e delle strategie, di presentarsi all’elettorato con scelte e percorsi credibili. Tirare a campare non serve a nessuno, mentre il ridimensionamento ulteriore del ruolo di Catanzaro è il prezzo più immediato che si rischia di pagare!