Ricostruire un’unità sociale prima di pensare ad un nuovo soggetto della sinistra”, questa dovrebbe essere la priorità di coloro che ancora s’identificano in un campo marcatamente di sinistra, per coloro che ancora credono che esista la sinistra, per coloro che ancora credono nell’utilità della sinistra. A parlare è Maurizio Landini, segretario nazionale della FIOM, in Calabria per un assemblea dei metalmeccanici iscritti alla Fiom e che ieri sera ha fatto tappa a Lamezia, nella sede dello SPI, per partecipare alla presentazione del libro di Peppino Lavorato, mitico sindaco comunista di Rosarno , ex parlamentare e dirigente storico della sinistra della Piana.

 

Chi credeva che Maurizio Landini si sarebbe avventurato in benedizioni alla scissione in corso nel PD o alla nascente forza di Sinistra Italiana che aveva celebrato il suo congresso fondativo poche ore prima a Rimini, si è sbagliato di grosso. Maurizio Landini ha declinato gli enormi problemi sociali dell’epoca contemporanea con la precisione di un sociologo e la passione del sindacalista dalle grandi tensioni ideali e con il pragmatismo di chi ogni giorno si misura con la sofferenza del lavoro. Landini ha relegato liti e divisioni della sinistra quasi ad un fatto marginale, di fronte agli enormi problemi di giustizia sociale, di fronte all’eguaglianza dei diritti dei lavoratori sempre più debole, fiaccata dal contesto economico e sociale, da un individualismo esasperato e dalla competizione al ribasso tra gli stessi lavoratori. Difficile non lasciarsi coinvolgere dall’analisi di Landini anche perché scevra da retoriche ideologiche. Il dirigente Fiom, nel suo ragionamento mette in fila le sconfitte del mondo del lavoro in termini di tutele e garanzie, anche a causa di problemi di portata geopolitica, come le multinazionali e le delocalizzazioni.

 

Il segretario della Fiom, dunque, antepone i contenuti, alle esigenze organizzative di una sinistra sempre più frammentata, “Non abbiamo bisogno di forze di sinistra che dichiarano di essere più a sinistra degli altri, -afferma- abbiamo bisogno di ricostruire un unità sociale intorno ai diritti del lavoro, in considerazione del fatto che, in questi anni, è andato avanti un processo di lotta di classe all’inverso, ovvero, la lotta delle classi dominanti nello smontaggio dei diritti conquistati con le battaglie del novecento. Per certi aspetti – ha proseguito il segretario nazionale della Fiom- la situazione è peggiore di quella degli anni 50, di quel contesto cioè, dentro il quale uomini come Peppino Lavorato hanno operato. Il punto, -ha affermato Landini- è che, mentre gli uomini come Lavorato alla nostra generazione hanno lasciato qualcosa, noi cosa lasceremo alle generazioni future?

 

Una domanda che, onestamente, rende miserabili certe discussioni incentrate sul destino di questo o quel dirigente della sinistra. Landini non rinuncia poi, alla sua valutazione sulla qualità della sinistra rappresentata dal renzismo e dal PD in questi anni. Lo fa però seguendo sempre il suo filo conduttore: i contenuti, i valori. In queste ore nel PD è in corso una discussione, per la verità molto per slogan, su chi rappresenta la sinistra, “tuttavia è difficile convincere un giovane lavoratore che oggi non ha più diritti, sul valore e sul significato della sinistra, se proprio un governo di sinistra gli ha tagliato l’art.18, ha proposto il modello dei voucher, o peggio ha proposto un modello di appalti che consente ad una certa imprenditoria di legittimare lo sfruttamento.

 

La discussione dunque, è molto complessa, -sostiene Maurizio Landini- resa ancora più complessa dal fatto che, non ci siano più luoghi dove sviluppare un’analisi sulla rappresentanza della sinistra e sull’unità del blocco sociale che la sinistra ritiene di rappresentare. Infine, Landini chiede al PD se si sia seriamente interrogato sul dato del referendum del 4 dicembre, ricordando che da almeno due anni la gente non andava a votare. Alle famose europee del 40% al Pd, cavallo di battaglia renziano, in realtà votò poco più del 40% del corpo elettorale e così alle regionali del novembre del 2014. Il referendum, dunque, è stato il primo appuntamento nel quale il popolo poteva esprimere un voto sul governo. Hanno votato circa 6 milioni di cittadini in più.

 

Il risultato è noto. Possibile che ciò non induce il PD a fare un’analisi seria sulla qualità della sua rappresentanza nel paese? Difficile capire se il PD raccoglierà la sfida di queste analisi e di questi interrogativi. E a questo punto, Landini, lancia il sindacato come sede ideale dove si deve e può discutere dei diritti, delle tutele, dei bisogni di milioni di lavoratori in Italia e in ogni parte del mondo, obiettivo, aprire un dibattito, stimolare la ricostruzione di una rete di contenuti che in qualche modo riescano a delineare i contorni e i valori della sinistra contemporanea.

 

Pasquale Motta