Originario di Melito di Porto Salvo, il super commissario Domenico Arcuri è stato l’uomo simbolo della gestione pandemica a livello nazionale. Una situazione inedita che, però, è stata oggetto di un immediato cambio di passo una volta insediato il Governo a guida Mario Draghi che ha sostituito l’ottica manageriale da lui incarnata con quella militare del potentino Francesco Paolo Figliuolo (che ha subito ricevuto il plauso della ex ministra della difesa del Pd, Roberta Pinotti).

La longa manus di D’Alema nel Governo Conte

Negli ambienti della politica nazionale si vocifera che tra le ragioni della crisi di Governo innescata da Matteo Renzi ci fosse la presenza massiccia dell’ex Presidente del Consiglio ed esponente di “Liberi E Uguali”, Massimo D’Alema all’interno della compagnine di Giuseppe Conte. Non è un segreto che il “padrino politico” di Domenico Arcuri, orgogliosamente reggino doc, sia proprio il leader maximo e che lo stesso sia anche mentore del silenzioso ormai ex ministro per gli affari europei Enzo Amendola (“gestore” del Recovery fund), il cui matrimonio con la giornalista Karima Moual venne celebrato nel 2013 dall’attuale ministro della salute Roberto Speranza, anche lui “costola” di chiara matrice dalemiana.
All’inizio della sua carriera, è noto che Arcuri venne chiamato a fine anni 80 da Romano Prodi, all’ora a capo dell’Iri, per occuparsi di nuove tecnologie. Lo stesso Prodi lo volle, molti anni dopo, nel 2007 amministratore delegato della società controllata dal ministero dell’Economia “Sviluppo Italia”, poi divenuta Invitalia, col compito di attrarre investimenti e finanziamenti per lo sviluppo industriale del Paese. A nominarlo formalmente su il Ministro per lo sviluppo economico Pierluigi Bersani sollecitato dall’allora collega Ministro per gli affari esteri Massimo D’Alema.
Da allora, nonostante il cumulo di incarichi che è conseguito nel periodo pandemico, la sua carica di a.d. di Invitalia, di nomina squisitamente politica, ha ricevuto il placet di tutti i Governi: il secondo governo Prodi, il quarto governo Berlusconi, e Monti, Letta, Renzi (che nel c.d.a. di Invitalia nel dicembre 2019 ha sostenuto la nomina dell’ex parlamentare cosentina ed esponente di Italia Viva, Stefania Covello), Gentiloni e i due governi Conte.

I compensi e l’indagine della Guardia di Finanza

In una intervista a Repubblica del marzo 2014, Domenico Arcuri lanciava l’idea di legare gli stipendi dei manager ai risultat ottenuti, aggiungendo: «Se si accetta di lavorare per la cosa pubblica si deve accettare di prendere un po' di meno. C'è da domandarsi innanzitutto in quale altro Paese ci sono 7.400 enti partecipati da Stato e enti locali», dichiarando di guadagnare «300 mila euro l’anno, tutto compreso».
Fino al 2014 come a.d. di Invitalia aveva uno stipendio pari 599.613 euro l’anno, con una parte fissa a 383 mila euro, mentre in precedenza quando era manager della Deloitte Consulting aveva uno stipendio pari a circa 600mila euro l’anno.
Il 29 settembre 2020 la Guardia di Finanza su delega della Corte dei Conti del Lazio ha acquisito documentazione al fine di verificare eventuale danno erariale per superamento dei tetti agli stipendi dei vertici di Invitalia, notificando un formale atto interruttivo della prescrizione. La società, si legge nell'atto, «avrebbe dovuto adeguare il compenso dell'amministratore delegato (…) a 192 mila euro», mentre «risulta dalla tabella che, nel corso del 2014, all'ad ( e dirigente) Arcuri Domenico è stato riconosciuto un compenso complessivo pari a 617 mila euro».
Secondo la ricostruzione della Corte dei conti da a.d. di Invitalia Domenico Arcuri e gli altri membri del consiglio di amministrazione avrebbero percepito stipendi più alti di quelli stabiliti dalla legge sul tetto ai manager pubblici. Secondo la Corte dei Conti, Arcuri avrebbe ricevuto 1.467.200 euro in più rispetto ai limiti di legge, fino al 2017. Arcuri ha sempre negato ogni irregolarità, ma l’indagine è ancora in corso.
Il decreto di nomina a commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 datato 18 marzo 2020, invece, prevedeva per Arcuri lo svolgimento dell’incarico a titolo gratuito (pur potendo rimanere in sella a Invitalia).

Un escamotage per non farsi abbassare lo stipendio pubblico? Non è peregrino pensarlo tenuto conto che e’ stabilito, difatti, (e si veda ad esempio il Decreto del Ministero per le politiche agricole del 31 marzo 2015) che i commissari straordinari abbiano un compenso di 100.000 euro annui lordi, composti da una parte fissa pari a 50.000 euro e da una parte variabile non superiore ad altri 50.000 euro correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi previsti, decisamente meno del compenso da amministratore delegato di Invitalia.

Le interrogazioni parlamentari senza risposta

In maniera molto tranchant, l’ex grillino e oggi Vicepresidente del gruppo Europeisti-Maie-Centro Democratico, Saverio De Bonis, con una interrogazione parlamentare dello scorso 17 dicembre ha chiesto al Governo, tenuto conto che oltre alla nomina a commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 aveva cumulato anche l’incarico per la gestione della riapertura scuole e di commissario per la distribuzione dei vaccini, «tenuto conto che l’operato del commissario pare abbia fatto acqua da tutte le parti... si chiede di sapere come mai, visti i gravi e numerosi fallimenti, il Governo continui ad affidare incarichi al dottor Domenico Arcuri».
Sulla stessa linea quella dell’8 luglio del leghista Mario Pittoni, secondo la quale: «Si chiede di sapere quali siano le motivazioni che hanno portato l'Esecutivo alla decisione di affidare al commissario straordinario Domenico Arcuri la gestione della ripresa delle scuole nell'anno scolastico 2020/2021».
Un’epoca fa se si pensa che oggi sostengono la medesima compagine governativa del “nuovo corso” di Mario Draghi, all’insegna della neutralizzazione delle polemiche politiche pregresse ed è soprattutto per questo che il “super manager” reggino probabilmente è stato così celermente sostituito.