La maggioranza traballa? No, balla e basta

Basta con ‘sta storia che la maggioranza di Mario Oliverio in Consiglio regionale traballa. No, non traballa affatto, semplicemente balla leggiadra. Sono anni ormai che l’amministrazione Oliverio danza sulla corda, ma non cade mai, perché c’è sempre qualcuno a reggere i due capi. Anche nei momenti clou, come questa settimana con l’approvazione del Documento di economia e finanza regionale (Defr). La minoranza di centrodestra invece di tentare il colpaccio ha porto al governatore l’ombrellino per tenersi in equilibrio sul filo, assicurando il numero legale. È lo stesso giochetto che fa quella parte di maggioranza che abbaia ma raramente morde, a parte Carlo Guccione, ex assessore regionale al Lavoro, che da quando è stato messo fuori dalla giunta nel 2015 perché coinvolto in Rimborsopoli, se l’è legata al dito. Comunque ormai manca poco alla fine della Legislatura, più o meno un anno. Ancora qualche mese di gioco delle parti e Oliverio lo manderà a casa il calendario. Perché affrettarsi e rinunciare ad accumulare un altro po’ di pensione?

 

Minniti l’alieno

Marco Minniti in Calabria sta sulle scatole a molti, diciamo la verità. Sarà quell’aria di superba conoscenza, sarà la sua competenza sui servizi segreti, sarà il suo distacco ministeriale che lo fa apparire sempre come lo zio ricco che ogni tanto torna al paesello per spiegare ai buzzurri come va il mondo. Insomma, sarà quel che sarà, nonostante sia calabrese doc non ha mai avuto molta fortuna politica nella sua regione. E anche stavolta rischia seriamente di perdere la partita nel confronto con Nicola Zingaretti, presidente del Lazio, dato vincente alle primarie del Pd anche nel resto d’Italia. E si sa che il carro del vincitore è sempre il più comodo. Dunque, bando ai campanilismi, tutti (o quasi) con il fratello di Montalbano.


Il commissario Lex

Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a precisare. Così, Giovanni Puccio, che a dispetto del nome non è mica tanto puccioso, cerca in tutti modi di allontanare da sé l’ombra del commissariamento, in quanto responsabile organizzativo del Pd Calabria: «Così come si evince chiaramente dalla lettera inviata da Gianni Dal Moro, la direzione nazionale del Pd non ha commissariato gli organi dirigenti del Pd Calabria». Peccato però che la stessa lettera parli esplicitamente di un “commissario ad acta con pieni poteri” che assumerà la presidenza della Commissione regionale per il congresso, cioè proprio la carica ricoperta da Puccio. Se non è un commissariamento questo...

 

Tana per il segretario!

Ci aveva messo così tanto impegno a defilarsi senza clamori, a sottrarsi ai fari della ribalta per ordire più comodamente la sua trama dietro le quinte, e poi da Roma, in un documento ufficiale, lo definiscono segretario in carica del Pd calabrese. Per il senatore Ernesto Magorno, che già da un anno si considerava Ex e lo ribadiva ogni volta che gli si faceva notare che non poteva essere proprio così, il commissariamento del congresso deciso dalla direzione nazionale del partito è stata una brutta botta. La “badante” inviata dalla capitale per mettere le cose a posto dovrà interloquire con lui, quale segretario ancora formalmente in carica. Il passato che ritorna per Magorno, con tutto il suo carico di dispiaceri elettorali, di batoste politiche assestate tra capo e collo di un Partito democratico che con il buon Ernesto ha vissuto la parabola discendete più ripida e profonda della sua storia. In pratica, è tornato suo malgrado alla guida del sommergibile democrat. A questo punto speriamo per lui che a Renzi non venga in mente di fargli gli auguri pubblicamente per essere tornato in sella. Salterebbe anche il suo discreto allontanamento dall’area che gli ha assicurato il seggio in Senato.


L’opposizione nell’opposizione

- «Lo sfiduciamo noi!».
- «Non se ne parla proprio, lo sfiduciamo prima noi».
Litiga l’opposizione comunale di Vibo Valentia per chi deve buttare giù il sindaco Elio Costa, che ormai da tempo immemorabile galleggia tranquillo sulla sua pseudo-maggioranza e sulle contraddizioni politiche che lacerano il Consiglio comunale. Un’assise cittadina nella quale, francamente, non si capisce granché. Chi da destra va a sinistra. Chi da sinistra va a destra, e poi torna. Come i cinque consiglieri del Pd, che recentemente hanno tirato la volata al candidato del centrodestra alla Provincia, facendo eleggere con i propri voti Salvatore Solano e trombando il compagno di partito Antonino Schinella. Ora, forse anche per evitare le conseguenze disciplinari di cotanto affronto, hanno promosso una mozione di sfiducia verso il sindaco Elio Costa. Ma Stefano Luciano, anche lui alquanto ondivago perché ex esponente della maggioranza di centrodestra ed ex presidente del Consiglio comunale nel periodo in cui era il referente politico di ben due assessori, oggi non ci sta ad essere scavalcato a sinistra dal Pd: «La vostra mozione è strumentale, meglio la nostra». Insomma, le comiche.


Salvate il soldato Tansi

Tansi sì, Tansi no. L’ormai l'ex capo della protezione civile regionale, Carlo Tansi, è diventato una sorta di squadra per cui tifare. A prescindere. Difficile dire se sia stato ingiustamente cacciato o abbia fatto di tutto per farsi mettere alla porta a causa del suo compulsivo uso dei social, ai quali affidava qualunque cosa gli passasse in mente. Senza addentrarsi nei meandri delle sue numerose denunce pubbliche su clientelismi e sprechi nella Prociv, cercare oggi di prendere le distanze in maniera così eclatante dalla politica, dalla casta come dice lui, suona male. Tansi fu chiamato a guidare la Protezione civile regionale da Mario Oliverio. Più politica di così la sua designazione non poteva essere. D’altra parte è un fatto che Tansi ci crede davvero in quello che fa e c’era sempre quando serviva, notte e giorno. Solo che a volte era difficile capire se il messaggio che diffondeva era per segnalare un sisma terrestre o un terremoto politico.

 

Occhio a Occhiuto

Tutti da Tajani. Tutti di ritorno con il selfie che documenta la presunta intesa, ma che appare come quelle foto fatte in cabina elettorale che la legge vieta. Dal vicepresidente di Forza Italia prima c’era andata Jole Santelli, con mezzo coordinamento regionale al seguito, per far certificare la scelta di Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza, quale candidato unico e indivisibile alla Regione. Poi c’è andato Piero Aiello, al quale Occhiuto sta proprio qui, per far certificare l’esatto contrario, e cioè che ancora non è stato deciso niente. E anche lui è tornato contento e fotomunito. A tutti il braccio destro di Berlusconi concede uno scatto ricordo, tanto che c’è da sospettare che ormai usi un cartonato a grandezza naturale. Intanto, insieme all’ex cavaliere, si appresta a seppellire il partito e a fondarne uno nuovo di ispirazione civica che si chiamerà L’Altra Italia e debutterà alle Europee. Così, quando i contendenti calabresi gli chiederanno conto delle speranze alimentate con tutte quelle foto potrà sempre dire: «Il candidato di Forza Italia? Ma non esiste più, ragazzi, ora siamo civici. Portatemi un civico che ci facciamo un selfie».


La feroce Saladino

«La mia presenza, la mia candidatura è un’occasione unica». Si è presentata così, con innata modestia, Maria Saladino, 36 anni di Castrovillari, esperta in relazioni internazionali, divisa tra Roma e Bruxelles, ma semisconosciuta in Calabria, anche se alle europee del 2014 incassò 26mila preferenze. Presidente di Piazza Dem, l’associazione politica vicina a Michele Emiliano, la bella Maria si è candidata alle primarie nazionali del Pd. «Affinché possa essere eletta una donna, ai gentiluomini del partito chiedo di fare un passo indietro ed essere squadra».
Un po’ come chiedere a un tacchino di poggiare gentilmente il collo sul ceppo del macellaio. Come inizio è forse un po’ troppo ambizioso.


Enrico De Girolamo