Il circolo del centro ionico ha posto all'attenzione della Garanzia provinciale le posizioni di Madeo, Pellegrino, Quero, Fusaro, Cacciola, Cirò, Scorza e Vulcano, candidati alle ultime elezioni amministrative in altre liste. Intanto dal capoluogo Tinto, Graziadio e Trecroci impugnano la cancellazione dei loro nomi dall'anagrafe degli iscritti
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Il nuovo motivo di scontro interno al Partito Democratico sono le espulsioni dei consiglieri comunali dall’anagrafe degli iscritti. I mal di pancia animano come al solito l’instabile provincia di Cosenza dove, oltre al fronte del capoluogo, si è aperto anche quello di Corigliano Rossano. È dallo Ionio, infatti, che è partita nei giorni scorsi una segnalazione da parte del segretario cittadino Franco Madeo indirizzata alla Commissione di Garanzia provinciale. Ha evidenziato, facendone i nomi, come 8 dirigenti abbiano deciso di candidarsi in liste diverse, attuando così un comportamento che risulta in contrasto con i doveri statutari degli iscritti e dei dirigenti, anche in ragione di quanto disciplinato nell’art. 4, comma 10, dello statuto.
Si tratta dello stesso articolo richiamato a marzo dal circolo di Cosenza nel ricorso, vinto, per l’espulsione di Gianfranco Tinto, Francesco Graziadio e Aldo Trecroci. I tre eletti a Palazzo dei Bruzi si erano staccati a gennaio dal gruppo consiliare dei democrat rendendosi autonomi con la creazione di “Democrazia e Partecipazione”. Una volta defenestrati, hanno deciso di rivolgersi alla Commissione di Garanzia regionale per appellarsi alla decisione.
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Il fronte cosentino
I tre consiglieri comunali di Cosenza espulsi dal Pd nei giorni scorsi avevano annunciato un ricorso dopo aver sostenuto che il provvedimento preso dalla Commissione di garanzia provinciale, presieduta dall’ex sindaco Salvatore Perugini, fosse stato ispirato da Nicola Adamo. Non si è fatta attendere la risposta di Rosi Caligiuri, segretaria del circolo cittadino dei dem. «Ricorrere contro la cancellazione dell’anagrafe degli iscritti dei loro nomi è una legittima scelta. Ciò che appare quantomeno discutibile - ha detto - è che venga fatta trapelare l’indiscrezione secondo cui sarebbe stata già assunta la decisione, a cui perverrà l’organismo regionale, di annullare il dispositivo della commissione provinciale di garanzia».
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«Francamente – ha aggiunto Caligiuri - trovo assolutamente fuori luogo questo atteggiamento di strumentale vittimismo: nessuno vuole espellere nessuno, sono loro che hanno lasciato il gruppo del Pd. Sarebbe sufficiente che, invece di attorcigliarsi in ricorsi e controricorsi, i tre consiglieri comunali così come invocano il riconoscimento della loro iscrizione al Pd, ritornassero coerentemente a fare parte del gruppo consiliare del Pd (come più volte gli è stato chiesto anche tramite la stessa commissione di garanzia e, puntualmente, i tre hanno rifiutato). Nulla osta a questo percorso».
Per Caligiuri «ciò che sarebbe inaccettabile è pretendere di essere nel Pd di Cosenza e poi essere altro dalla rappresentanza del Pd in sede istituzionale, con l’intento, magari in autonomia, di contrattare un posto in giunta o di godere di tutti i benefit previsti per un gruppo consiliare e il suo capogruppo nell’ambito dello svolgimento delle attività istituzionali. Questa sì è, prima ancora che una questione politica o di coerenza istituzionale, una questione etica e morale».
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Il fronte di Corigliano Rossano
Già nelle scorse settimane, nonostante si fosse in piena campagna elettorale, ambienti democrat raccontavano dell’insofferenza dei vertici cittadini del Pd di Corigliano Rossano. Nella segnalazione, interpretata dalla Commissione di Garanzia provinciale non come un vero e proprio ricorso, Franco Madeo ha fatto i nomi di Rosellina Madeo (membro dell’Assemblea nazionale, già capogruppo Pd Consiglio comunale), Fabio Pellegrino (componente dell’assemblea regionale Pd Calabria), Giulio Quero (segretario Gd Corigliano Rossano) e dei componenti del Direttivo cittadino Francesco Fusaro, Mariolina Cacciola, Teka Cirò, Alessandra Scorza e Gianmatteo Vulcano. Ne ha allegato anche le liste nelle quali si sono candidati.
Di recente il segretario provinciale Vittorio Pecoraro aveva evidenziato di aver appreso durante le Amministrative di iscritti candidati in altre liste e di dirigenti che «apertamente, non hanno sostenuto i nostri rappresentanti». «Il problema - aveva sottolineato - non è confinato a Cosenza e nella dimensione dei gruppi consiliari. Davanti a noi c’è l’esigenza di riscrivere le regole democratiche della convivenza interna, perché gli episodi recenti di cui ho parlato sono gravi. Priorità? Sicuramente Corigliano Rossano, dove all’ordine del giorno non c’è solo la questione di Rosellina Madeo, ma anche di altri dirigenti. Siamo in contatto con la segreteria cittadina e concordiamo su un aspetto: non si possono ricoprire ruoli direttivi nel Pd e non impegnarsi per il Pd rinunciando a fare campagna elettorale con noi. Pertanto serve una valutazione. Serena, ma serve una valutazione».
L’attacco di Madeo e Candreva a Mimmo Bevacqua
In giornata lo stesso Madeo e il capogruppo in Consiglio comunale Giuseppe Candreva hanno prodotto un documento in cui puntano il dito verso Mimmo Bevacqua. «Il consigliere regionale - dicono - ha trattato, durante una sua iniziativa extra partito (la presentazione del suo libro, ndr), con sorprendente disinvoltura, la vicenda di coloro che, con altrettanta disinvoltura, hanno deciso di candidarsi in liste alternative a quella del nostro partito, mettendolo in difficoltà, col malcelato intento di non far presentare la lista e non essere rappresentati in Consiglio comunale».
«Il laissez-faire, a cui invita il consigliere, giova solo ed esclusivamente a chi ha considerato e considera il partito come un taxi su cui si può salire e scendere come e quando si vuole e, magari, neanche pagare la corsa. In merito all’autorevolezza del partito locale e alla sua guida – evidenziano ancora - non siamo certo preoccupati della libera opinione del consigliere regionale ma, a proposito di democrazia, a Corigliano Rossano il Circolo si è sempre autodeterminato e così continueremo a fare».
«Bevacqua - concludono Madeo e Candreva - ha tentato di giustificare, con motivazioni risibili, una oggettiva e incontrovertibile verità: alcuni membri del Direttivo cittadino pur partecipando alle riunioni di partito e nonostante i ripetuti inviti e solleciti a candidarsi sotto il nostro simbolo, hanno deciso, per ragioni proprie ed elettoralistiche, di candidarsi altrove creando, fra l’altro, disorientamento esterno e ledendo significativamente l’immagine del partito».