Analisi facile facile: il centrodestra, dopo l'addio di Calenda al Pd, farà cappotto nei collegi uninominali calabresi, quelli in cui basta un voto in più per conquistare un seggio.

In tutta Italia il Pd si salverà, forse, solo nelle “cinture rosse”, gli storici feudi della sinistra in Emilia o in Toscana. In Calabria, invece, per i dem – a meno di clamorosi colpi di scena – la sconfitta sarà netta e tremenda: 7-0. Che, tradotto in numeri, significa questo: il centrodestra partirà con un vantaggio di 7 parlamentari – su un totale di 19 – ai quali si aggiungeranno gli altri eletti con il sistema proporzionale. Per il segretario regionale Nicola Irto è un problema difficilmente risolvibile.

L'alleanza tecnica con Calenda lasciava tenui speranze circa la possibilità di mettere la bandierina “liberal-progressista-rossoverde” in qualche collegio della Camera. Lo strappo dell'ex ministro del Mise – che ora potrebbe allearsi con Renzi per dar vita al terzo polo centrista – sembra però aver tolto ai dem ogni possibilità di competere nel maggioritario.

«Possiamo farcela»

Nel Pd calabrese c'è però chi crede che la partita possa in qualche modo essere giocata. «A questo punto – ragiona un dirigente – il partito deve puntare sui big locali che hanno il consenso e il valore politico per farcela». Proprio come ha fatto il segretario Enrico Letta, che a ottobre ha vinto le elezioni suppletive alla Camera nel collegio di Siena.

La speranza correlata è che il centrodestra «scelga male i propri candidati». Un po' come successo alle Comunali di Reggio, con la Lega che favorì il Falcomatà bis candidando un tecnico semisconosciuto come Antonino Minicuci.

Un altro maggiorente del Cosentino predica un ottimismo temperato: «Disfatta? Non è detto. Il polo centrista sarà un elemento che aumenterà l'attrattività a sinistra». Certo è che il Pd, ora più che mai, «ha bisogno di identità: ci siamo lasciati alle spalle il commissariamento, abbiamo celebrato i congressi, il partito è finalmente strutturato. Ora non devono sparare candidature nei territori direttamente dalla luna». Niente paracadutati dal Nazareno, insomma, altrimenti ogni sfida potrebbe davvero essere persa in partenza.

Gli equilibri perduti

La perdita della «punta» calendiana mette comunque in discussione gli equilibri nel proporzionale. Gli accordi elettorali prevedono infatti che il Pd si faccia carico nelle proprie liste anche della manciata di candidati di Articolo uno. Tra loro figura anche il crotonese Nico Stumpo, molto vicino al ministro della Salute Speranza. «Come faremo ad assicurargli un posto blindato se noi rischiamo di prendere solo due seggi?». È questo il succo delle preoccupazioni che circolano in queste ore nelle chat dei dem calabresi.

Le richieste di Di Maio

Per non dire di Di Maio, che potrebbe arrivare a chiedere un posto utile per Dalila Nesci. È tuttavia probabile che la sottosegretaria, originaria di Tropea, possa trovare una candidatura nel collegio Vibo-Reggio per la Camera. Sarebbe lei a rappresentare i Democratici progressisti in uno di quei duelli dall'esito già scritto.

Certo è che la scarsa appetibilità degli uninominali, unita alla regola dell'alternanza uomo-donna nelle candidature, infiammeranno ancora di più la corsa interna. «La ricerca di spazi utili nel proporzionale diventerà più aggressiva», ammette un dirigente. «Sarà una guerra vera e propria», rincara un altro. La difficile fase elettorale potrebbe quindi minare l'unità raggiunta a fatica dalla segreteria Irto, che fin dall'inizio ha lavorato per una concertazione ampia sulle candidature da proporre al Nazareno.

Sarà la Direzione nazionale – in programma per il 13 o il 16 agosto – ad approvare tutte le liste. In Calabria i nomi dei papabili sono sempre gli stessi. Irto dovrebbe essere capolista del listino proporzionale per Montecitorio. In corsa anche gli uscenti Enza Bruno Bossio e Antonio Viscomi. Hanno chance anche il capogruppo in Consiglio regionale Mimmo Bevacqua, referente calabrese del ministro Franceschini, e l'ex assessore Carlo Guccione, vicino al titolare del Lavoro Orlando. Non avrebbe invece alcuna intenzione di candidarsi un altro eletto a Palazzo Campanella, Ernesto Alecci.

Alleanza con i 5 Stelle?

Nel quartier generale di Lamezia la parola d'ordine è prudenza. Nessuno si lancia in previsioni, considerata la mutevolezza di un contesto nel quale, malgrado le smentite di Letta, potrebbero riaffacciarsi i 5 stelle. Nella segreteria regionale l'ipotesi viene presa seriamente in considerazione. Lo stesso Irto avrebbe già chiesto ai suoi collaboratori di farsi trovare pronti: «Vedrete, tireranno fuori di nuovo l'alleanza con Conte».

Intanto bisogna affrontare un presente in cui Calenda è in progressivo avvicinamento a Renzi, che ha già chiuso l'accordo con la Lista civica nazionale dell'ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti. Un appello per la costituzione del terzo polo è poi arrivato ieri dall'ex senatore Gabriele Albertini, dal deputato Guido Della Frera e da altri amministratori lombardi. Secondo Renzi, questo nuovo soggetto centrista potrebbe perfino arrivare al 10% dei consensi.

È ancora presto per tentare di capire come l'ex premier e Calenda potranno organizzarsi in Calabria. Di sicuro a nessuno dei due mancano i potenziali candidati, da schierare nei listini di partito e nei collegi uninominali, in ognuno dei quali dovranno fronteggiare non solo gli uomini del centrodestra, ma anche quelli del Pd.

Il caso Reggio

Renzi spingerà per piazzare in prima fila il senatore uscente, e suo fedelissimo, Ernesto Magorno. Un posto al sole dovrebbe cercarlo pure l'ex deputato Bruno Censore. Uno dei favoriti, in Italia viva, è il sindaco reggente di Reggio, Paolo Brunetti. La città dello Stretto si avvia così a diventare crocevia di ambizioni incompatibili. Potrebbe infatti nascere un derby tra Brunetti e l'altro sindaco ff, il calendiano Carmelo Versace, alla guida della Città metropolitana. Uno dei due dovrebbe rinunciare al collegio reggino.

Il paradosso, tuttavia, è un altro. Brunetti e Versace potranno fare campagna elettorale contro il Pd dalle postazioni di potere che proprio il Pd ha assegnato loro. I due reggenti sono stati infatti nominati da Falcomatà poco prima della sua sospensione da sindaco, dovuta alla condanna nel processo Miramare.

«È un altro capolavoro politico di Giuseppe». Qualcuno, nel Pd, prova a buttarla sull'ironia, al momento tra le poche armi in grado di esorcizzare il cappotto del centrodestra.