Il nuovo sindaco unisce le forze politiche della città e trionfa. Ma la vittoria è favorita anche dalla sconfitta personale dell'uscente tradito da tanti suoi ex amici
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Dal MoVimento 5 stelle in poi la politica in Italia si è combattuta a colpi di "vaffa" e il voto di protesta è diventato qualcosa di più che un semplice dissenso, qualcosa che va oltre quella naturale voglia di cambiamento che chiude ogni ciclo; il voto di protesta è diventato uno schiaffo in volto alla vecchia politica, la presa di coscienza che l'elettore, in cabina, elettorale, è uno schermidore che sa bene come infilzare la spada. Il voto di protesta, insomma, deve essere una sciabolata che lascia il segno. È forse per questo che oggi più che dare una preferenza a qualcuno per farlo vincere, spesso lo si dà a qualcun altro per sviare il consenso, con il solo obiettivo di impartire una sonora lezione a chi pensiamo non ci rappresenti più.
Sconfitta per Patto per il futuro
Non sappiamo se anche a Cetraro, poco più di 10mila abitanti, sia successo questo, ma per analizzare il voto che ha portato alla vittoria Ermanno Cennamo, è necessario partire da un dato. La lista "Patto per il futuro", del sindaco uscente Angelo Aita, ha incassato 2258 preferenze, 684 in meno della vincente "CambiAmo Cetraro". Decisamente troppi per una lista guidata da un uomo, Aita appunto, ligio al dovere, che amministra Cetraro ormai da anni e lo fa con eccellenti risultati, nonché con spirito di sacrificio e abnegazione. Ma allora cosa non ha funzionato? Cosa ha decretato la vittoria Cennamo?
Dispetto ad Aieta?
Ermanno Cennamo, esponente locale del Pd, non è nuovo alla politica e 5 anni fa fu lui, contrariamente, a perdere contro Aita. La sua opposizione in consiglio è certamente degna di nota e l'impegno per il territorio è una costante, ma neppure questo, da solo, può servire a spiegare la schiacciante vittoria. Allora forse bisogna analizzare la prestazione di Giuseppe Aieta, consigliere regionale rieletto a gennaio scorso, sindaco di Cetraro per 10 anni, questa volta in gara per un posto da consigliere comunale. È lui che, secondo molti, ha rappresentato l'ago della bilancia di questa tornata elettorale. Candidato con Angelo Aita (forse già cosciente di una possibile debacle), Aieta ha assicurato alla sua lista ben 744 preferenze. Mica poco, vero, ma neppure quanto ci si aspetta da un caterpillar della politica locale e regionale che finora non aveva sbagliato un colpo. Stavolta invece è stato superato persino da Tommaso Cesareo, che consigliere regionale non è e che di voti ne ha portati a casa ben 887.
La spallata del Pd
Una spiegazione più logica della non brillantissima prestazione di Aieta è la divisione consumatasi all'interno del Pd, partito da cui Aieta si è autosospeso per ben due volte, la prima per protesta, la seconda a febbraio scorso dopo essere finito un'inchiesta per corruzione, le cui accuse sono ancora tutte da provare. L'idillio tra Aieta e il Partito Democratico è finito in occasione delle elezioni politiche del 2018, quando la rincorsa alla poltrona aveva dato vita a più filoni interni. Una certa ala piddina aveva poco gradito le attenzioni dell'allora leader nazionale Matteo Renzi (oggi volto nazionale di Italia Viva), il quale ha riflettuto a lungo sulle candidature calabresi; a un certo punto Aieta era arrivato a insidiare i suoi più illustri colleghi.
L'affare politico poi è sfumato e Aieta è rimasto a Palazzo Campanella, ma certi affronti, specie quando ci sono in palio 15mila euro di stipendio al mese più benefit di ogni genere, sono difficili da mandare giù. Aieta stava per mandare all'aria i piani di intere famiglie, la cui economia domestica, da decenni, è legata al giro della politica. Parliamo ovviamente di assunzioni legate a figure di segretari, portaborse, capo struttura e via dicendo. Gente che non ha mai lavorato un giorno in vita sua e vive una vita da nababbo. Il nervosismo, in quei giorni aveva toccato livelli altissimi, tanto che i colleghi di partito non perdevano occasione per attaccarlo anche pubblicamente. Gli strascichi sono stati lunghi e dolorosi e hanno portato all'isolamento politico di Aieta. Memorabile anche una lite social intercorsa proprio tra Aieta e Cennamo, risalente all'autunno del 2018. Il caso ha poi voluto che il Pd di Cetraro si schierasse apertamente dalla parte di Cennamo.
Lo strappo con i cittadini
Sono lontani i tempi in cui i cetraresi andavano in pellegrinaggio alla segreteria di Aieta, nel cuore del centro storico di Cetraro, oggi per chiedere qualcosa, domani per chiedere qualche altra grazia. Sono lontani i tempi in cui Aieta era considerato un vero e proprio eroe perché autore di una rivoluzione culturale fuori dal comune che ha trasformato una città di mafia, questo era Cetraro prima di Giuseppe Aieta, in una città che fa parlare di sé per le sue eccellenze, per le sue scuole, per la sua arte, per il suo porto da Bandiera Blu, finalmente libero dalla morsa del clan Muto.
Sono ancora più lontani i tempi in cui i cetraresi si alzavano in piedi ad applaudire l'ex sindaco per i milioni piovuti su Cetraro per qualunque cosa, per il porto, per le piazze, per le strade, per gli eventi, per le scuole e tutto ciò che ha risollevato la città di Cetraro. Eppure tra Aieta e i cittadini lo strappo c'è stato ed è pure evidente. Ma quando? Quando il consigliere regionale ha cominciato a dire no alle richieste sempre ambigue di certa gente, che è specchio della politica che vuole eliminare e chiede sempre il conto, e il giorno in cui il Ministero della Salute ha ordinato la chiusura del punto nascita dell'ospedale di Cetraro.
Il dramma della sanità
Vi starete chiedendo: che c'entra la chiusura dell'unico reparto di ostetricia della costa (a seguito della morte di una giovane mamma) con l'ex sindaco di Cetraro, che di mestiere non fa neppure il medico? Niente, se non fosse che la vicenda, che certamente poteva essere gestita meglio, ha provocato enormi dissensi e malumori tra i cittadini, soprattutto perché Aita e Aieta, nonostante le numerose manifestazioni di protesta, non sono riusciti a risolvere il problema. «Dateci il tempo di risolvere le criticità e vi ridiamo il reparto», hanno detto tante volte, forse con sincera convinzione. Ma mai mossa fu più azzardata, dal momento che le logiche della sanità in Calabria vanno al di là delle conoscenze dei comuni mortali e, dopotutto, alla fine, chi decide non è la politica, bensì il commissario ad acta, oggi Saverio Cotticelli, poiché la regione è commissariata da ormai un decennio.
Aieta non poteva fare nulla e lui, in fondo, lo sapeva ma non se n'è mai capacitato. Metterci la faccia è stata una zappata sui piedi, soprattutto dopo che lo scorso aprile fu annunciato l'arrivo di un grosso finanziamento per dare inizio ai lavori del reparto, ma si scopriì poi che la delibera dell'allora direttore dell'Asp di Cosenza, Giuseppe Zuccetelli, non era valida. Gli elettori possono perdonare tutto alla politica, le mazzette, gli inciuci, gli incarichi a peso d'oro, l'abbandono, l'incapacità, i parenti mafiosi, i voltagabbana, i salti della quaglia e le pugnalate alle spalle, ma la malasanità no.
A poco è valso il successivo tentativo di porre rimedio alla figuraccia che gli aveva fatto fare Zuccatelli con un ulteriore annuncio di riapertura del reparto, anche questo supportato da delibera Asp. Ormai i cetraresi non ci credono più. Questa canzone l'hanno già sentita troppe volte. Ora i cetraresi hanno voltato le spalle e puntano tutto su Cennamo, che per arrivare la vittoria ha unito tutte le forze politiche della città, comprese quelle che una volta avevano un solo punto di riferimento, anche per la sanità regionale: Giuseppe Aieta.
La resa
Tuttavia, sembra che Aieta abbia preso la sconfitta, la "punizione" dei suoi concittadini, con filosofia. Quando erano poco più di cento i voti di vantaggio sulla lista avversaria, si è già congratulato pubblicamente con il neo sindaco Ermanno Cennnamo, augurandogli buon lavoro. Un post che ha spiazzato molti e che forse nasconde un messaggio un po' più enigmatico: hai vinto, ok, ora però ti toccherà lavorare, che detto da uno che amministra da 20 anni può sembrare più una "minaccia" che un augurio vero e proprio. Cennamo lo sa che amministrare Cetraro non sarà una passeggiata ed è infatti la prima cosa che ha detto a caldo: «Sono molto felice ma ho una grossa responsabilità, Cetraro ha tanti problemi». Da domani ne ha uno in più, un uomo ferito probabilmente in cerca di riscatto, che sa conosce bene il suo territorio ma ancora di più i suoi ex amici. E che tanto sa che la storia, prima o poi, si ripeterà.