INTERVISTA | L'ex deputato si candida con il vecchio nemico-amico di sempre sposando in pieno la battaglia contro i vertici nazionali e locali del suo ormai ex partito. Rivendica la fede comunista e condanna la guerra per correnti in casa democrat
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Bruno Censore, per gli amici Brunello, si racconta a LaC dopo un’estate rovente. E non soltanto sotto il profilo del clima. Una stagione che lo ha portato a rompere in modo definitivo con la “nomenclatura democratica” optando per una nuova avventura a fianco dell’ex governatore Mario Oliverio, peraltro essendo stato escluso dal novero delle candidature Dem in vista delle Regionali 2021, pur da riconosciuto uomo di partito (quello, neanche a dirlo, adesso retto da Enrico Letta in qualche modo nato dalla fine della gloriosa storia del Pci a cui Censore ha legato la sua vita, non solo politica). Un passato mai passato insomma, per lui, di cui lo stesso ex deputato vibonese parla ancora con rispetto, commozione e nostalgia. Sentimenti che forse nutrirà anche il vecchio compagno Mario, secondo la tradizionale dizione comunista propria di entrambi, con cui ha condiviso tanto negli anni. A partire, appunto, dalla comune militanza con Falce e Martello nel cuore e dai rispettivi ruoli di prestigio svolti fino a non molto tempo fa, tanto in Regione quanto in Parlamento. Malgrado ciò, la scelta di Censore ha comunque sorpreso in virtù delle schermaglie avute con il ritrovato amico Oliverio.
Fatto che ci suggerisce una domanda persino scontata sulla decisione di correre insieme a lui, a cui il diretto interessato risponde senza remore: «Abbiamo avuto un periodo di forte distacco. Inutile negarlo. Ma è nell’ordine delle cose in politica. Sono fasi di scomposizione e composizione. Dividersi per poi riunirsi, in pratica».
Sia più chiaro, abbandonando il gergo tecnico per favore.
«Ok. Quando circa tre anni orsono fui sconfitto nelle urne, non essendo rieletto alla Camera, pensavo che sarei stato più tutelato da un allora presidente della Regione da me sostenuto a spada tratta alle Primarie. Dovetti “metabolizzare” che non sarebbe stato così».
Si è insomma trattato di un banale “scazzo” per il mancato riconoscimento della sua lealtà.
«Al momento rimasi molto male per essere stato messo da parte, ma sempre consapevole dei valori che mi uniscono a Mario. Principi per cui è giusto condurre ora una durissima battaglia come quella che ci attende».
Voltiamo pagina. Dopo innumerevoli soddisfazioni personali e tanto impegno profuso nelle istituzioni, il suo amato Pd le ha voltato le spalle senza troppe cerimonie. Una chiusura netta per cui non ha avuto appello. Perché tanta durezza?
«Constato che pure il Pd nazionale guarda alla Calabria come a una “regione canaglia”. Un pregiudizio che travolge anche pezzi del gruppo dirigente locale, di cui mi sento parte. È l’altare, definiamolo così, sul quale sono state sacrificate le Primarie, sancite dallo statuto, per la selezione dei candidati con un puzzle composto direttamente nella capitale. Hanno quindi ignorato gli iscritti e condotto le operazioni confezionando anche la nomina di un commissario di emanazione romana. Poi, la ciliegina sulla torta: una sorta di codice in vigore dal 2020, del tutto arbitrario, tirato fuori dal cilindro per giustificare l’esclusione di determinate figure fra le quali pure la mia. Faccenda risolta per chi comanda».
Va bene, ma ampliando il discorso secondo lei cosa sta accadendo al partito a livello nazionale e locale?
«Mi risulta che abbia smesso di essere un soggetto inclusivo per indulgere, di contro, all’esclusione di chi è senza sponsor importanti. Si è inoltre abbarbicato al Governo ed è lacerato all’interno da correnti in perenne contrasto, unicamente impegnate a conservare certi posti in Parlamento. In questo con il determinante aiuto di una legge elettorale che non contempla le preferenze, dando esclusivo rilievo ai primi posti nelle liste. La riduzione, quasi il dimezzamento, del numero di deputati e senatori, come non bastasse, ha esasperato le tensioni. Ecco spiegato il motivo per cui, occupandoci della dimensione calabrese, il commissariamento è funzionale alla nomina di parlamentari calati dall’alto e, ed è quel che più stride, mandati da fuori regione. Gente che non vive, e nemmeno conosce, il territorio».
Ci vuol far chiaramente intendere che avere un amico a Roma, nelle stanze che contano, continua a essere assai più decisivo di godere della fiducia di molti cittadini. Ma se realmente fosse così, non si arriverà presto alla “morte” della politica?
«Si prepari allora al suo funerale, se mi consente la battuta. È sempre più evidente, infatti, che in un partito dominato dalle correnti sono i capi di queste ultime a costruire, o di contro stroncare, carriere. Il rapporto con i cittadini pesa dunque poco o nulla. E la “cura Renzi”, in tale verso, ha minato ancor di più la struttura dalle fondamenta con un partito debole in cui è praticamente scomparso il radicamento territoriale, autentico punto di forza della grande organizzazione di sinistra da cui provengo. Ma mi consolo pensando alla circostanza che noi a rappresentanti del popolo, attivi su una certa zona H24, è toccata una sorte simile ai cavalli dopo l’invenzione della macchina a vapore nell’Ottocento».
Si è definito una sorta di dinosauro con un’autoironia di cui le rendiamo pieno merito. Ma se è così, vuol dire anche che ha esperienza da vendere e allora ci sveli l’arcano in virtù di cui nel “curioso” ambito del frastagliato arcipelago del centrosinistra, del quale il Pd è forza principale e trainante, sembra spesso palesarsi una vocazione a perdere o meglio a farsi del… male da soli.
«È vero. In passato a sinistra ci sono state parecchie dolorose lacerazioni, che finivano con il ridurre in modo drastico le potenzialità di governance della sua area di riferimento. Ma oggi, per la Calabria in particolare, siamo di fronte a ben altro: la sospensione delle regole democratiche, quale il mancato ricorso a processi di selezione popolare, ha favorito incursioni quali quella operata da Luigi de Magistris. Riguardo a Oliverio e me, invece, la volontà di essere di nuovo in campo in autonomia ha, lo ribadisco, una genesi assai diversa. Noi, dopo aver cercato in ogni modo di lavorare per una ricomposizione nel Pd, e con il Pd, ci siamo dovuti arrendere alla totale indisponibilità a intraprendere un percorso unitario. È la ragione per cui, per non sottostare all'arroganza e alla prevaricazione, siamo appunto tornati in campo, concependo una prospettiva che va ben oltre la tornata di inizio ottobre. Questo poiché i Dem calabri sono purtroppo diventati una compagine teleguidata da Roma. Noi siamo invece per una formazione politica improntata al concetto di rete, effettivamente democratica, radicata nei territori e, soprattutto, che in Calabria abbia non solo il corpo ma anche il cuore e la testa. Un progetto ambizioso, lo so. Ma per cui, vi garantisco, lotteremo fino in fondo».
Torniamo a lei, appena lanciatosi in una nuova avventura al fianco di un “vecchio leone” come Mario Oliverio, per realizzare cosa in sostanza?
«Batterci contro tutti i commissariamenti: in primis della nostra Sanità che da undici anni a questa parte è stata ulteriormente devastata con uno svuotamento del diritto alla salute dei cittadini e paradossalmente un aggravamento della pesante situazione debitoria del settore. Ecco perché noi siamo, lo ripeto a chiare lettere, per il ripristino delle prerogative costituzionali in vigore per le altre regioni e i loro abitanti. È tempo, quindi, che per la Calabria (ri)decidano i calabresi».
Prima di congedarci, ci dice infine che si attende da quest’ennesima sfida della sua brillante carriera?
«Siamo in pista per attuare ciò che le ho raccontato sui nostri programmi. Ma anche per non aver accettato di subire discriminazioni e mortificazioni, tanto arbitrarie quanto gratuitamente arroganti e prepotenti. Vogliamo inoltre rompere la cappa che ha aggravato la crisi regionale. Si tratta di una realtà a cui sono state tolte risorse diventate parte, a partire dal comparto sanitario, di ulteriori arricchimenti per potentati privati del Paese. È del resto lo scopo principale del nostro entusiasta coinvolgimento, che ci ha portato a ragionare e agire quasi fossimo dei giovani alla prima campagna elettorale della loro vita. Ragion per cui proseguiremo, senza indugi, pure molto al di là di tale primo, e più prossimo, importante appuntamento».
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