L'astro nascente di Fratelli d'Italia nella Locride ha sponsor elettorali non proprio specchiati e familiari con problemi giudiziari. Tra processi, indagini e intercettazioni, i meloniani sono in evidente difficoltà
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A Reggio Calabria fioccano i "guai" per i partiti politici. Da un Pd travolto dalle inchieste (con tanto dei voti di defunti alle elezioni comunali reggine) a una Lega che ha visto i suoi ex candidati regionali concorrere per le nomine pubbliche contro cui tuonavano i consiglieri regionali salviniani; ma anche l'arresto "eccellente" dell'ex candidato regionale e componente della segreteria provinciale del Carroccio, Antonino Coco, ritenuto vicino ai clan d'Aspromonte.
Fdi non tocca palla
A non brillare è anche il partito di Fratelli D’Italia in Calabria. Con l’ufficializzazione del ticket Roberto Occhiuto-Nino Spirlì i meloniani non toccano palla.
Nella consiliatura regionale che si va a concludere, a seguito di vari scandali e arresti eccellenti, Fratelli D’Italia ha rinunciato alla presidenza del Consiglio regionale (che rumors attribuivano a Domenico Creazzo, arrestato poco dopo il voto regionale per voto di scambio politico mafioso) e alla presidenza della commissione regionale anti-‘ndrangheta. «Non ci sono motivi extra-politici, come fanno intendere alcune ricostruzioni giornalistiche, per i quali Fratelli d’Italia non ha accettato di assumere la presidenza della Commissione anti’ndrangheta del Consiglio regionale», specificò il coordinamento regionale di Fdi, in maniera non troppo convincente.
E' su Reggio Calabria, però, che a questo giro elettorale, l'attenzione a non "sbagliare" di Giorgia Meloni è massima, o quasi.
Il duo Calabrese-Donzelli opziona una “quota azzurra”
Tra i papabili per uno dei quattro posti di “quota azzurra”, quella riservata agli uomini, nella lista di Fdi per il collegio di Reggio Calabria, c’è il sindaco di Locri, Giovanni Calabrese, planato tra i meloniani a fine 2019 e con un passato tutto di destra. Forte della sua amicizia (risalente ai tempi degli studi di scienze politiche all’Università di Firenze negli anni '90) con il deputato toscano e responsabile nazionale organizzazione Giovanni Donzelli, fece filtrare la notizia della sua candidatura già nel novembre del 2020, dopo la rottura con il suo ex vicesindaco Raffaele Sainato e prima dei vari rinvii delle elezioni regionali.
Vicesindaco di Locri dal 2006, poi assessore provinciale alla pubblica istruzione e poi, nel 2013 e nel 2018 eletto sindaco con oltre il 70% dei voti, dopo aver sfilato con Don Ciotti in passato, giusto due mesi fa ha tuonato: «Stiamo vincendo contro la 'ndrangheta di Locri!». Eppure tra i suoi "sponsor" ci sono persone con legami non proprio specchiati.
L’interesse delle cosche locresi alle elezioni comunali del 2013
Nelle circa tremila pagina del decreto di fermo dell’operazione “Mandamento Ionico” della Dda di Reggio Calabria scattata nel 2017 c’è un paragrafo riferito alle elezioni comunali di Locri del maggio del 2013, che incoronarono per la prima volta a Sindaco Giovanni Calabrese.
Nelle carte si legge che la “pax mafiosa” tra la cosca Cataldo e quella dei Cordì, operanti sul territorio, “si sarebbe fondata anche su accordi di natura “politica” oltre che sulla equa ripartizione dei profitti derivanti dal controllo degli appalti pubblici” e che dalle intercettazioni “emergeva l’elevato indice di condizionamento che erano in grado di imprimere le due cosche sull’esito finale delle consultazioni ed, in particolare, che un’intesa tra di esse in tale direzione sarebbe stata determinante ai fini dell’aggiudicazione della tornata elettorale”.
Antonio Cataldo, ritenuto uno dei vertici dell'omonima cosca locale, per gli investigatori, sul conto di Giovanni Calabrese "continuava ad acquisire importanti conferme circa il suo ambiguo legame con la famiglia Cordì, verso la quale poteva vantare dei riconoscimenti in ordine all’impiego di persone ad essa riconducibili nel Call Center di Locri nel cui ambito, lo stesso Calabrese, svolgeva mansioni di direttore”.
Nelle carte di inchiesta spunta il nome del consigliere e assessore comunale all’ambiente Alfonso Passafaro, all’epoca risultato eletto nella lista di Calabrese. Passafaro è cognato di Salvatore Ursino, detto Formaggino, condannato poi con rito abbreviato nel processo “Mandamento Ionico” a 14 anni di carcere.
«... poi è venuto PASSAFARO, PASSAFARO, no PASSAFARO, e, CALABRESE! ... - Dice sempre Antonio Cataldo intercettato - "poi vi voglio parlare" ... gli ho detto ... "sempre qua sono io! ...». «Tu mi dici CALABRESE, che votano i CORDI! Se votano a CALABRESE, va CALABRESE! .. Perché figurati se li Franco (Francesco Cataldo, capobastone della omonima cosca, ndr), non gli da i voti pure a CALABRESE!.».
L'inchiesta Euro-scuola
Una situazione che per certi versi si intreccia con quanto contenuto negli atti dell'inchiesta "Euro-Scuola" il cui processo è tutt'ora in corso. Quando la Procura di Reggio Calabria escusse come persona informata sui fatti Giovanni Calabrese, il 21 luglio 2014 affermò: «Avevo buoni rapporti invece con il fratello Alfonso Passafaro, che si è candidato più volte nella mia lista e per questo aveva litigato con il fratello Ugo».
Nell’ambito della medesima indagine l’ex Sindaco di Locri Francesco Macrì confermò che Calabrese, allora suo vicesindaco, assunse Jennifer Commisso, ex moglie di Antonio Maiorana. «La prese subito per la verità lì al call center…» chiosò Macrì.
Piccolo particolare: Antonio Maiorana, imputato nel processo “Euro-Scuola”, come emerso già nell’operazione “Primavera” degli anni 90, veniva menzionato in una intercettazione ambientale del citato Antonio Cataldo, in quanto, scrive la procura negli atti di indagine, “più volte notato svolgere le mansioni di fedele autista a Cordì Cosimo (già capo clan della omonima cosca, ndr)"
Il pentito Domenico Novella ha specificato alla Dda di Reggio Calabria che: «Mentre per Franco Maiorana (...) ho dichiarato già, per come mi ricorda, che è affiliato alla ‘ndrangheta, per Antonio Maiorana non posso affermarlo, non so se è proprio affiliato, so però che è molto legato alla famiglia Cordì».
Calabrese dal 2007 al 2017 è stato in effetti componente del consiglio di amministrazione della società di call-center “Call&Call Lokroi s.r.l.”, come da lui dichiarato nel suo curriculum, ma non risulta indagato.
L’inchiesta di mafia che coinvolge il padre del Sindaco
Ad essere stato indagato e oggi imputato è il padre nell’ambito del processo scaturito dall’operazione Euro-Scuola del 2017 (il processo che ne è scaturito è tutt'ora in corso), condotta dai carabinieri del gruppo territoriale di Locri, che ha portato alla luce gli interessi della cosca Cordì sull’edilizia scolastica di Locri. In particolare, furono costruiti l’istituto d’arte “Panetta” e l’ “Ipsia” di Locri in maniera “totalmente abusiva”, mettendo a rischio la sicurezza e l’incolumità di oltre 800 studenti.
A Salvatore Calabrese, padre del sindaco, è contestata l’aggravante di cui al’ex articolo 7 della legge 203 del 1991, ossia di aver agito favorendo la cosca Cordì emettendo un "certificato di collaudo", datato 30 marzo 2005 in riferimento all’istituto d’arte “Panetta” di Locri. Un atto che, la perita della procura, Patrizia Gagliano, mette nero su bianco che non poteva essere eseguito e che “non possiede alcuna validità”. “la Ditta ha iniziato tali opere senza avere il titolo autorizzativo. Pertanto le opere eseguite sopramenzionate essendo state attuate abusivamente, non potevano rientrare legittimamente tra quelle del titolo concessorio, tantomeno nel collaudo statico” specifica la Gagliano negli atti riportati nell’inchiesta. “Il collaudo è stato fatto da mio padre, non ricordo nulla di particolare in proposito” ha dichiarato Giuseppe Calabrese, fratello del Sindaco, agli investigatori (lui non indagato lui, ma lo è il suo ex socio di studio, Giuseppe Cuzzilla, ndr).
Imputato nel processo Euro-Scuola c’è anche l’ex consigliere provinciale Luca Maio, già assessore e consigliere comunale di Locri, in alcune circostanze, come specificato dagli investigatori, impegnato «congiuntamente al circolo di Alleanza Nazionale “LocrIdeAzione”, presieduto da Giovanni Calabrese, in una dura opposizione nei confronti della giunta Barbaro».
Su di lui il Gip Nicolò Marino scrive: “del tutto preoccupante è la messa a disposizione da parte del Maio Luca della sua professionalità, anche nella intrapresa carriera politica, per perseguire senza pudore alcuno interessi illeciti in danno della cosa pubblica e a vantaggio di una cosca di ‘ndrangheta”.
Il cugino di Luca Maio, l'avvocato penalista rinviato a giudizio per reati di mafia, è Domenico Maio (detto Micky), che oggi presidente del consiglio comunale di Locri e “main sponsor” della candidatura regionale di Giovanni Calabrese.
Insomma, l’imbarazzo per i meloniani è servito, con tanto di scompiglio interno che fa vacillare la candidatura di Calabrese all'interno della lista a favore, si sussurra, dell'ex senatore Antonino Monteleone.