VIDEO | Il giovane professionista è uno dei volti nuovi di Forza Italia: «È facile lamentarsi delle cose che non vanno, salvo poi non muovere un dito. Invece bisogna agire»
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Una delle new entry più “lanciate” in Forza Italia, che ha attirato l’attenzione su di sé anche per essere il giovane presidente degli avvocati catanzaresi. Si tratta di Antonello Talerico, che ha deciso di tentare la scalata al consiglio regionale in una lista piena di “aspiranti” con i numeri per puntare dritto all’obiettivo.
Una competizione serrata, quindi, che ci ha portato a chiedere subito al diretto interessato: ma chi glielo fa fare a entrare nell’arena. Domanda a cui risponde in modo secco: «Perché è facile lamentarsi delle cose che non vanno, salvo poi non muovere un dito. Io invece penso che se si può agire, bisogna mettersi in gioco anche a prezzo di grossi sacrifici. E poi la mia è la reazione della società civile rispetto a ciò che non va nella gestione dei territori. Mi riferisco alle lacune che tutti stigmatizzano. Ecco, in ragione delle esperienze maturate e delle soddisfazioni ricevute, credo sia doveroso per me restituire qualcosa alla comunità. È però necessaria un’adeguata pianificazione affidata a riconosciuti esperti per cui ho una squadra di brillanti tecnici in vari settori che già lavorano per me».
Idee chiare, ma l’elenco delle priorità è lungo e presenta problemi complessi.
«In apparenza servirebbero tre giorni a snocciolare tutto, ma se si programma anche su questo versante si possono ottenere risultati ottimali in un periodo ragionevolmente breve. L’importante è cambiare metodo. Perché se si pensa che da noi in molti casi non si spendono i fondi comunitari, difettando una progettazione adeguata; c’è una Sanità al collasso, con la spesa pro-capite più bassa d’Italia; un Turismo abbandonato a se stesso, con gli impianti della Sila inutilizzabili per un motivo o per un altro, il mare sporco, l’assenza di info-point nelle zone nevralgiche e di personale formato in grado di parlare le lingue; l’incapacità di creare una rete fra i territori e tra i dipartimenti in Regione con alcuni in cui, anche per la mancanza di un assessore (Sanità, ndr), la macchina non riesce a funzionare al meglio e infine si palesa persino l’impossibilità di assicurare i servizi essenziali come la fornitura d’acqua in varie zone, pure centrali come il capoluogo, il quadro che ne esce è desolante».
Lei vuol fare la rivoluzione. Sicuro che il suo intento sia attuabile e soprattutto in tempi brevi?
«Sì. Sviluppo e progresso si ottengono, del resto, rilanciando l’economia. È persino banale affermarlo. Ma ci sono degli atti prodromici rispetto a questo come, ad esempio, la formazione della classe dirigente. Non possono esistere ancora rappresentanti del popolo in qualsiasi consesso, abituati a pensare solo al proprio feudo elettorale. Malvezzo che porta poi alla necessità di garantire la più ampia espressione dei territori, proprio per evitare che le logiche localistiche, diciamo pure gli egoismi, prevalgano. Ma, ripeto, le strategie devono essere calibrate lungo un arco di 15 anni, non finalizzate sempre alle prossime elezioni. In Calabria servono infatti un “diverso” sistema sanitario, un’agenzia dell’Innovazione, un’Università del Mare, un orientamento delle attività produttive, un’efficace sinergia fra le province e un turismo generazionale, e non occasionale, con un’accoglienza degna di tal nome. E poi c’è il Tallone d’Achille della Mobilità, che potremmo eliminare, o attenuare, grazie all’imperdibile occasione delle ingenti risorse in arrivo con il Pnrr, attraverso cui cancellare il gap dell’elettrificazione della ferrovia nella tratta ionica; pensare alle quattro corsie della Crotone-Sibari e a procedere a un radicale ammodernamento di una Statale, addirittura definita della morte, come la 106 e della nostra autostrada».
Tutto qui o c’è dell’altro, poiché, ascoltandola, immaginiamo che non abbia ancora finito?
«Ha ragione. Ma partiamo dal presupposto che il discorso generale l’ho fatto. Ho parlato, tanto per dirne una, di provvedimenti monchi o che abortiscono come gli atti relativi al virtuoso impiego dei finanziamenti europei. E che dire dei porti con quelli di Catanzaro e Crotone, fermi al palo proprio per l’incapacità, purtroppo protrattasi negli anni, di far fruttare i soldi messi a disposizione da varie istituzioni: da quelle europee alle statali. Un fatto inaccettabile, in particolare perché qualcuno ha forse ritenuto in maniera miope che potesse in qualche modo bastare l’infrastruttura di Gioia Tauro. Una realtà che per loro dovrebbe quindi restare unica. Follia pura. Senza contare che non si è insistito sulle Zes (Zone economiche speciali, ndr), attrattive per chi arriva dall’estero. Così è chiaro che non si cambia passo».
Di proposte o ricette, definendole in gergo, ne ha svariate, ma forse dimentica di essere un neofita.
«Accetto la velata obiezione che mi pone, tuttavia utile a spiegare bene cosa sto per realizzare. Io sono molto addentro ai temi della pubblica amministrazione. So come si “confeziona” un atto giuridico e ritengo non siano in molti in Consiglio a vantare altrettante competenze. Non si dimentichi poi che di frequente assisto esponenti di enti locali sciolti per infiltrazione mafiosa. Attenzione, però. So pure di non essere onnisciente ed è il motivo per cui, come le spiegavo in premessa, quando ho deciso di scendere in campo mi sono subito circondato di figure di primo piano nei rispettivi campi. Persone che mi daranno una grossa mano nella valutazione e risoluzione delle criticità».