Il leader di Cambiavento alfiere del civismo progressista. Donato al di sotto delle aspettative del centrodestra. Buone performance personali per Mancuso e Ferro. Il deputato e coordinatore reggino di Fi il più deluso
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I dati delle Amministrative, in attesa dei ballottaggi, consentono un giudizio politico sui leader scesi in campo nell'ultima tornata elettorale.
Valerio Donato partiva con il favore del pronostico. Il fatto che non sia riuscito a imporsi al primo turno, obiettivo che il “suo” centrodestra considerava a portata di mano, non fa che accrescere i meriti di Nicola Fiorita, suo sfidante al ballottaggio di Catanzaro.
Il leader di Cambiavento, in una tornata elettorale contrassegnata dalla fuga dei partiti, si è imposto come l'alfiere del civismo progressista calabrese.
Conta poco che a supportarlo – unico caso in regione – ci fosse il campo largo Pd-M5S, per il semplice fatto che Fiorita ha saputo sopperire all'evidente flop elettorale dei partiti di Letta e Conte. Il Pd ha racimolato il 5,8%, i 5 stelle il 2,7%. Il prof dell'Unical ha invece beneficiato del voto disgiunto che gli ha permesso di ottenere circa 6 punti percentuali in più rispetto alle liste della sua coalizione, le più votate delle quali sono state proprio quelle a lui direttamente riconducibili: Cambiavento (7,3%) e Mo' Fiorita (7,2%). La conquista del ballottaggio, certo favorita dalla balcanizzazione del centrodestra catanzarese, è un risultato quasi personale e Fiorita può appenderselo al petto.
Donato penalizzato
Il voto disgiunto, d'altro canto, ha penalizzato Donato. Le sue liste hanno raggiunto il 53,8%, percentuale più che sufficiente a evitare il secondo turno se solo il docente dell'Umg non avesse totalizzato un ritardo di quasi 10 punti rispetto al suo schieramento. L'appeal del candidato sindaco non è stato all'altezza delle attese.
La ricomposizione di una parte del centrodestra, con il probabile ritorno alla coalizione madre di Fratelli d'Italia e di Wanda Ferro, potrebbe dare a Donato la spinta elettorale mancata al primo turno.
Anche il massimo esponente della Lega catanzarese, il presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso, è convinto che un centrodestra unito avrebbe raggiunto la vittoria «al primo colpo». E quindi, in vista del ballottaggio, l'unità «occorre auspicarla e anche fattivamente realizzarla».
Soprattutto a Catanzaro, nessuno può permettersi passi falsi, a meno di un anno dalle elezioni politiche. Lo stesso Mancuso, intanto, malgrado i risultati disastrosi della Lega in Calabria, incluso l'esito del referendum sulla giustizia, si impone nel panorama regionale come uno dei vincitori delle Comunali, grazie ai risultati delle civiche che ha contribuito a mettere in piedi: Alleanza per Catanzaro (7,5%), lista più votata in città, e Prima l'Italia (6,3%).
Ferro «al di sopra delle aspettative»
Quanto a Wanda Ferro, la sua parabola è molto più articolata. Gli alleati le avevano offerto la candidatura all'inizio delle trattative, ma la deputata si era tirata indietro spiegando di voler portare a termine il mandato in Parlamento. Il niet di Giorgia Meloni a Donato – nelle cui file erano intanto transitati Lega e Fi – l'aveva poi quasi costretta a buttarsi nella mischia con a supporto la sola lista ufficiale di Fdi.
La commissaria regionale ha dunque responsabilità evidenti nella frantumazione della coalizione, ma dal punto di vista elettorale le Comunali ne hanno comunque fortificato l'immagine politica e la leadership all'interno del partito fratellista.
Il 9%, guadagnato dopo un solo mese di campagna elettorale, è un risultato notevole, tant'è che i consiglieri e gli assessori regionali di Fdi hanno avuto gioco facile nel celebrare l'«ottima affermazione» del partito e «di Wanda Ferro a livello personale», una performance «in grado di sovvertire pronostici miopi e che non tenevano conto della scelta coerente, autentica e identitaria sulla quale il nostro partito ha convintamente puntato».
Ecco, almeno per Ferro, la strada verso le Politiche sembra spianata e priva di ostacoli.
Cannizzaro flop
Chi invece potrebbe guardare con preoccupazione al prossimo anno è Francesco Cannizzaro. Il deputato e coordinatore reggino di Fi è uno dei più delusi all'esito delle Amministrative calabresi. I candidati sui quali aveva puntato nelle città più grandi sono stati quasi tutti sconfitti. A Villa San Giovanni aveva imposto – contro il volere di un altro forzista doc, il senatore Marco Siclari – Marco Santoro, ma ha trionfato Giusy Caminiti. Stesse amarezze a Bagnara (dove sosteneva Mario Romeo), Campo Calabro (Nino Scopelliti), Palmi (Giovanni Barone) e Grotteria (Vincenzo Loiero). E i successi di candidati amici in centri più piccoli come Caulonia (Franco Cagliuso), San Lorenzo (Giuseppe Floccari) e Motta San Giovanni (Giovanni Verduci) non sembrano in grado di ridurre la portare della debacle personale.
Cannizzaro, infatti, a mente fredda ha in qualche modo ammesso la sconfitta («politica, per me, è metterci la faccia. Comunque vada»), non senza lanciare una stoccata al Pd, che non avrebbe presentato neppure una lista per la paura di perdere, «salvo poi tentare di salire sul carro dei vincitori a risultato acquisito. Non è questa la politica che mi appartiene. Chiamasi opportunismo».
Chiaro, anche se implicito, il riferimento all'uomo più rappresentativo dei dem, a Reggio come nel resto della Calabria, il segretario regionale Nicola Irto, che ha appoggiato alcuni dei sindaci che hanno sconfitto i candidati di Cannizzaro.
Le Amministrative vanno perciò interpretate anche come uno scontro indiretto tra i due giovani leader reggini, probabilmente destinati a fronteggiarsi in un corpo a corpo elettorale alle prossime Politiche.