Dopo gli accordi romani negli schieramenti avversari, Luigi de Magistris si toglie definitivamente di dosso l’etichetta di “candidato straniero”. «Le candidature di Occhiuto e Ventura sono nate nelle stanze romane - ha detto il leader di Dema a margine di un comizio a Rosarno – sapete quanto poco gli importi della Calabria in quegli ambienti: a maggior ragione non temo la sfida a chi ne sa di più della Calabria». Sente il vento in poppa l’ex magistrato e modella la sua comunicazione alla luce dell’insoddisfazione che sembra albergare nel popolo del centro sinistra.

«Chi ha vinto nel 2018 – dice dal palco rivolgendosi ai delusi del movimento 5 Stelle – aveva detto nessun accordo con il Pd, Berlusconi e Lega e oggi si è reso protagonista della più grande ammucchiata della storia repubblicana».

La parola ai candidati

Prima del leader hanno preso parola i candidati Eleonora Scrivo, Angelo Carchidi che  hha voluto punzecchiare il concittadino e presidente del Consiglio regionale Giovanni Arruzzolo, la consigliera di Gioia Tauro Adriana Vasta (arrivata insieme all'assessora Sabina Ventini)  e il sindaco di Cinquefrondi Michele Conia,  che durante il suo discorso ha lanciato più di una stoccata all’indirizzo di Nicola Irto «che si voleva liberare dei feudi del Pd».

Sui fondi Ue

Sulla spesa dei fondi che arriveranno dall’Ue, de Magistris avverte: «Bisogna fare attenzione. C’è la possibilità di creare la massima occupazione a patto che vengano coinvolti imprenditori, talenti, classe dirigente calabrese chiusa agli appetiti famelici del passato. Noi vogliamo assicurare un sistema di diritti, ma di diritti per tutti». De Magistris non punta solo a riportare al seggio gli astenuti, ha parlato infatti della possibilità che di essere per la prima volta nella storia del regionalismo la vera alternativa. «Chi è stato suddito del bisogno - ha concluso - si può liberare»