«È vero: la Lega al Sud ogni tanto segna il passo, ma sono appena 3 anni che ci siamo». Cristian Invernizzi, coordinatore calabrese dei salviniani, è realista nella analisi del voto delle Amministrative. Il partito perde in Toscana, dove aveva un suo candidato governatore, e per il resto mastica amaro un po’ ovunque nelle partite locali, anche se secondo il colonnello che Salvini ha mandato in Calabria, il barometro nazionale segna sereno: «Rimaniamo pur sempre il primo partito italiano», chiosa.

 

Il tema degli assetti interni alla coalizione, però, esiste eccome e in queste ore lo enfatizzano anche i giornali che dovrebbero essere amici.

 

«A quelli che dicono che Salvini dovrebbe spostare verso rive moderate la sua leadership – risponde Invernizzi – dico semplicemente che non mi pare che le regioni dove amministriamo sono abitate da pericolosi estremisti di destra: l’elettorato ci premia per le nostre politiche a favore del popolo. Per carità, ascoltiamo quello che hanno da dire partiti che a stento arrivano al 3%, ma non prendiamo per oro colato quello che dicono».

 

Invernizzi sembra tirare le orecchie alla capacità aggregativa di Forza Italia, partito con cui governa in Calabria, e nello stesso tempo mette in cassaforte i gioielli di famiglia, quegli amministratori leader che, però, sono ancora solo al Nord.

«Nessuno pensi di giocare inventando questa contrapposizione tra Salvini e Zaia», commenta il coordinatore.

 

“Salvini, stai sereno?”, verrebbe da dire pensando a taluni commentatori nazionali che attestano come il governatore veneto si possa preparare a fare qualche sgambetto, ma per ora le truppe meridionali leghiste hanno gioco facile: possono evocare il buon governo solo pensando al Nord.

 

Invernizzi ragiona da Taurianova – dove il candidato della Lega stravince, ma per diventare sindaco deve ora far pace con la coalizione –, sperando che a Reggio Calabria Antonino Minicuci chiarisca a favore del Carroccio la sua appartenenza. Invernizzi conclude tranciante quando ridimensiona il fenomeno politico nuovo che sta crescendo al Sud – i governatori Emiliano e De Luca che criticano la nomenklatura romana del Pd – e dice: «Ancora ce ne vuole perché diventino come Zaia».