Assenze che fanno rumore. Sono quelle dei politici calabresi che non hanno ottenuto la candidatura alle prossime elezioni politiche. Le ultime speranze sono definitivamente sfumate alle 20 di ieri sera, termine ultimo per la presentazione dei nomi. Oggi alcuni hanno spento i telefoni, altri hanno alzato la voce e altri ancora hanno fatto finta di niente.

 

Chi non ha intenzione di rassegnarsi e quasi fomenta una ribellione tra i suoi fedelissimi è Alessandro Nicolò, capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale. La sua mancata candidatura stride con un passato di grande coerenza politica: nato e cresciuto con Forza Italia, non ha mai cambiato casacca. Forte di questa fedeltà al verbo berlusconiano, Nicolò era dato per certo nel collegio uninominale di Reggio Calabria per il Senato. La sua clamorosa esclusione ha prodotto la rivolta di 70 forzisti che hanno siglato un documento di protesta contro la scelta di Berlusconi, che al suo posto gli ha preferito Marco Siclari, quasi sconosciuto in Calabria e residente a Roma da circa vent’anni, ma molto vicino ad Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo e da sempre leader di riserva di Berlusconi per guidare Palazzo Chigi dopo un’ipotetica vittoria.

 

 

Chi invece l’esclusione se l’è andata a cercare con il lanternino è Federico Gelli, deputato uscente responsabile del settore sanità per il Pd e tra i più strenui difensori di del commissario Massimo Scura, che la politica calabrese detesta ormai più dell’influenza. Probabile, quindi, che su Gelli si sia abbattuto il veto del presidente Oliverio, che nonostante non abbia incatenato se stesso davanti a Palazzo Chigi, come aveva promesso di fare se il Governo non gli avesse riconsegnato la gestione sanità calabrese, si è tolto almeno la soddisfazione di incatenare Gelli a un futuro senza scranno.

 

Ha giocato d’anticipo, invece, la sempreverde Dorina Bianchi, deputata di Ap e sottosegretario ai Beni culturali, che si è tirata fuori prima che le togliessero da sotto i piedi una candidatura che appariva ormai improbabile, anche se in diverse occasioni aveva già avanzato dubbi sulla sua volontà di ricandidarsi dopo 17 anni di impegno parlamentare. Il suo forfait è forse l’unica vera consolazione di un’altra esclusa eccellete, la consigliera regionale Flora Sculco, la cui candidatura con il Pd era data come molto probabile sino a quando l’operazione Stige non ha ridotto il Crotonese a un campo minato sul quale camminare in punta di piedi, nonostante, è bene sottolinearlo, Sculco non è stata neppure sfiorata dall’inchiesta.

 

Terra bruciata intorno alla propria candidatura, invece, ha fatto Nico Stumpo, l’uomo forte di Liberi e Uguali, spingendo i vari Lo Schiavo, Speranza, Talarico e Fiorita ad autoescludersi per non essere costretti a portargli l’acqua con le orecchie, come direbbe Bersani.