«Tra pochi giorni, come dispone la Costituzione, si concluderà il mio ruolo di Presidente..». Meno di un mese fa Sergio Mattarella aveva confezionato un messaggio di fine anno che nelle sue intenzioni doveva rappresentare il congedo dal ruolo di Capo dello Stato. «Sono stati sette anni impegnativi, complessi, densi di emozioni: mi tornano in mente i momenti più felici ma anche i giorni drammatici, quelli in cui sembravano prevalere le difficoltà e le sofferenze». Ma, a quanto pare, il Presidente ne dovrà collezionare altri di anni in cima al Colle, visto che questa sera è stato rieletto, togliendo così le castagne dal fuoco ai partiti.

La sua riottosità a ricandidarsi era nota a tutti. Lo stesso Mattarella lo ha ripetuto a più riprese. Trovando anche sponda in una larga fetta del Parlamento – salviniani e meloniani in primis, seguiti a giro da una parte del centrosinistra – convinta che la sua rielezione, si disse, avrebbe trasformato l’eccezione finora rappresentata dal secondo mandato consecutivo di Giorgio Napolitano, come una regola pericolosa da arginare in futuro.

Senza dimenticare "l'incidente diplomatico" con i Cinque stelle, quando, da convinto europeista, per contrastare la deriva italiana del populismo, spingendosi fino a rischiare la nascita del primo esecutivo giallo-verde di Giuseppe Conte, si oppose alla nomina al ministero dell'Economia di Paolo Savona, considerato una figura che, a suo avviso, avrebbe turbato i mercati e messo in discussione l'esistenza stessa dell'Unione. L’economista (sgradito) sponsorizzato dalla Lega, era invece gradito al Movimento Cinque stelle, che non aveva mai nascosto le sue opinioni critiche sull'integrazione comunitaria. In quel caso Mattarella fece uso dei suoi poteri costituzionali sulla formazione del governo e disse un “no” clamoroso che spinse i Cinque stelle addirittura ad ipotizzare un impeachment nei suoi confronti. Una partita che si risolse con la vittoria del Capo dello Stato, con Savona che finì agli Affari Europei e all'Economia si sedette Giovanni Tria.

Eppure, Sergio Mattarella, prima e dopo le votazioni di questa settimana, ha continuato a rappresentare l’ancora di salvezza. L’uomo - oltre che “la personalità politica di alto profilo” - che meglio incarna il senso dell’unità nazionale. E probabilmente questo, sono andati a dirgli i capigruppo parlamentari saliti al Colle prima dell’ultima decisiva votazione. Una richiesta accorata, la loro, che vuole rappresentare ancora una volta la “ritrovata unità nazionale” tra i partiti. Perché anche di questo aveva bisogno il Capo dello Stato per convincersi ad accettare nuovamente l’incarico: di un’ampia convergenza e un consenso unanime delle forze politiche che oggi, al di là di tutto, ne escono a pezzi e ridimensionate. E non può essere un caso che anche i presidenti delle Regioni – da nord a sud e da destra a sinistra - siano andati, di loro sponte, dal Presidente per chiedergli di continuare ad essere garante dell’unità costituzionale.

E d’altra parte Mattarella ha assolto egregiamente al compito che la Costituzione affida al Capo dello Stato di rappresentare l’unità nazionale. Lo ha fatto nel corso di questi ultimi sette anni segnati da tante sofferenze per il Bel Paese: dalla minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamista - che ha dolorosamente mietuto molte vittime tra i nostri connazionali all’estero - ai gravi disastri per responsabilità umane, i terremoti, le alluvioni. E anche i caduti, militari e civili, per il dovere, i tanti morti sul lavoro e ee donne vittime di violenza.

Ma Mattarella ha incarnato quel ruolo, ancor di più, favorendo la formazione di governi di unità nazionale prima mettendo insieme i vincitori delle elezioni (il M5s) e gli sconfitti (la Lega) nel primo governo gialloverde, e poi favorendo l’avvicinamento “giallorosso” tra i pentastellati e il Partito democratico, e il centrodestra (esclusa Fratelli d’Italia) attorno alla figura di Mario Draghi.

Ma al di là del profilo più strettamente politico e istituzionale, quello che convince del “Presidente mite” è l’altissimo gradimento registrato tra gli italiani. Che lo apprezzarono ancor di più dopo la tragedia del Covid. La pandemia costrinse il capo dello Stato ad assumere un delicatissimo ruolo di guida politica di un Paese annichilito dal virus e stordito dalle sirene delle ambulanze.

Mattarella non ebbe dubbi su quale fosse la via da intraprendere e, ben prima della politica, scelse la strada del rigore, della scienza e dell'assunzione di responsabilità. Suggerì ed assecondò la linea della responsabilità collettiva, spiegando agli italiani il perchè di quelle scelte durissime che chiusero il Paese. Non per caso fu tra i primi a vaccinarsi.

Come dimenticare, poi, quel siparietto nelle pause delle riprese per il messaggio di fine anno 2020: «Eh Giovanni, non vado dal barbiere neanche io», disse il presidente della Repubblica rispondendo al suo portavoce che gli fece notare di avere un "ciuffo fuori posto". Un fuorionda, in cui il presidente si sistemò i capelli con la mano, che finì sul web diventando subito virale. E gli italiani hanno apprezzato il volto più umano e “normale” del Presidente Sergio Mattarella.

Chi è Sergio Mattarella   

Sergio Mattarella è nato a Palermo il 23 luglio 1941. Ha tre figli. È laureato in Giurisprudenza nel 1964 all’Università “La Sapienza” di Roma con il massimo dei voti e la lode, discutendo una tesi su “La funzione di indirizzo politico”, è stato iscritto nell’albo degli avvocati del Foro di Palermo dal 1967.

Ha insegnato diritto parlamentare presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Palermo fino al 1983, anno in cui è stato collocato in aspettativa perché entrato a far parte della Camera dei Deputati.

La sua attività scientifica e le sue pubblicazioni hanno riguardato prevalentemente argomenti di diritto costituzionale (intervento della Regione siciliana nell’economia, bicameralismo, procedimento legislativo, attività ispettiva del Parlamento, indennità di espropriazione, evoluzione dell’amministrazione regionale siciliana, controlli sugli enti locali). Altre pubblicazioni hanno riguardato temi legati alla sua attività parlamentare e di governo. Ha svolto relazioni e interventi in convegni di studi giuridici e tenuto lezioni in corsi di master e di specializzazione in varie Università.

Il suo percorso politico ha origine all’interno del filone di impegno cattolico-sociale e riformatore. Eletto deputato per la Democrazia Cristiana nel 1983 nella circoscrizione della Sicilia occidentale, ha fatto parte della Camera dei Deputati sino al 2008.

In queste sette legislature ha fatto parte della Commissione Affari costituzionali, della Commissioni Affari esteri e del Comitato per la Legislazione, di cui è stato anche Presidente.

E’ stato componente, inoltre, della Commissione bicamerale per le Riforme istituzionali dell’XI legislatura, di cui è stato Vice Presidente, della Commissione bicamerale per le Riforme istituzionali della XIII legislatura, della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e le stragi, della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia. Nella XV legislatura è stato Presidente della Commissione Giurisdizionale della Camera dei Deputati.

Nella XIII legislatura è stato Presidente del Gruppo parlamentare dei Popolari e Democratici (dall’inizio della legislatura all’ottobre 1998).

Dal luglio del 1987 al luglio del 1989 è stato Ministro dei Rapporti con il Parlamento. Risalgono a quegli anni la riforma dell’ordinamento della Presidenza del Consiglio e l’abolizione della ordinarietà del voto segreto in Parlamento. Dal luglio del 1989 al luglio del 1990 è stato Ministro della Pubblica Istruzione. Sono di quel periodo la Conferenza nazionale della scuola (gennaio ’90) e la riforma degli ordinamenti della scuola elementare che, tra le innovazioni, introdusse il modulo dei tre maestri su due classi (legge n. 148 del 1990).

Dall’ottobre 1998 è stato Vice Presidente del Consiglio dei Ministri sino al dicembre 1999 quando è stato nominato Ministro della Difesa, incarico tenuto fino alle elezioni del giugno del 2001. Approvate in quegli anni la legge che ha abolito la leva militare obbligatoria e quella che ha reso l’Arma dei Carabinieri forza armata autonoma. In quella fase l’Italia ha sviluppato una intensa presenza nelle missioni di pace dispiegate per iniziative delle Nazioni Unite ed ha contribuito significativamente alle operazioni di interposizione e mantenimento della pace in Bosnia-Herzegovina, Kosovo e nella ex Repubblica Jugoslava di Macedonia. L’avvio della Politica europea di sicurezza e difesa, in quella stagione, ha visto l’Italia tra i più convinti sostenitori, con l’avvio, tra l’altro, del primo corpo d’armata europeo.

Nelle elezioni politiche del 2008 non si è ricandidato e ha concluso la sua attività politica.

Nel maggio 2009 è stato eletto dal Parlamento componente del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, di cui è stato Vice Presidente.

Il 5 ottobre 2011 è stato eletto Giudice Costituzionale dal Parlamento ed è entrato a far parte della Corte Costituzionale con il giuramento dell’11 ottobre 2011.

Il 31 gennaio 2015 è stato eletto dodicesimo Presidente della Repubblica.

Il 29 gennaio del 2022 è stato rieletto quale tredicesimo Presidente della Repubblica.