Il Consiglio comunale di Catanzaro tornerà a riunirsi mercoledì prossimo, ovvero fra otto giorni esatti, per come anticipato da LaC a fine luglio scorso. Temi all’ordine del giorno: elezione del presidente (a cui si aggiunge anche quella del vice) dell’assemblea e delle commissioni elettorali. Fin qui la fredda cronaca di una “non-notizia”, perché di fatto nota da tempo come premesso. L’inedito, ma sempre in senso figurato sia chiaro, sta semmai nella sofferta però probabile investitura, salvo la remota possibilità dello spuntare di franchi tiratori nel centrosinistra e... dintorni, di Gianmichele Bosco (pasdaran di Nicola Fiorita).

Un punto d’onore, o meglio ancora un passaggio chiave, per un primo cittadino nuovo di zecca, che senza tale risultato darebbe una dimostrazione di debolezza ben al di là del pesante gap da scontare determinato dall’anatra zoppa (in sostanza un Consiglio, sulla carta, in larga maggioranza di segno opposto al suo). Che peraltro si “autoalimenta”, ovvero salva dalle dimissioni anticipate lo stesso neosindaco, per non mandarsi a casa da solo.

Una forma di autoconservazione che permette al lìder maximo cambiaventista (definito così per la gioia di un Bosco, di consolidate simpatie comuniste, come premesso alter ego fioritiano) di andare avanti con i voti determinanti di un partito invece marcatamente di centrodestra come Noi con l’Italia. Il quale, malgrado le diverse “articolazioni” a Palazzo De Nobili e formule tratte dal politichese come… l’appoggio esterno, gli garantisce ben cinque consiglieri con il fondamentale ruolo di fungere da “stampella” in Aula. A cui pare se ne aggiungeranno altri tre o quattro, almeno, pur se eletti nelle file di Rinascita e fra le liste di centrodestra.

Gente che per adesso sarà autorizzata a farlo o quantomeno non palesemente osteggiata dai maggiorenti di riferimento. I quali però, soprattutto dopo le ormai imminenti elezioni nazionali (di cui peraltro si parlerà in un articolo successivo, considerato le tante novità interessanti in corso di maturazione riguardo alle candidature in ambito catanzarese), potrebbero essere meno inclini ad accettare e quindi permissivi rispetto a eventuali inciuci e accorduni bipartisan in Comune. Una realtà, quella del Municipio del capoluogo, che sembra insomma richiamare il passato. Nello specifico un andazzo, assai datato ma evidentemente sempre attuale in politica, all’insegna del “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”.

Una delle tante celebri frasi di Giulio Andreotti, pronunciata il 17 febbraio 1991 a Foligno, a margine del convegno dei giovani amministratori Dc, in risposta all’inviato dell’Ansa Amedeo La Mattina. Il quale incalzava il premier del tempo, chiedendogli di commentare la posizione del presidente del suo stesso partito, Ciriaco De Mita, scettico sulle prospettive future di quello che sarebbe stato l’ultimo Governo a guida andreottiana in ragione di una serie di questioni sul tavolo molto spinose e dalla difficile soluzione. Un chiaro invito alle dimissioni insomma, come ovvio respinto al mittente in maniera caustica dal primo ministro per l’ennesima volta in carica.

Una specie di mantra per un democristiano del Terzo Millennio quale Nicola Fiorita, che ha guardato sì a sinistra trovando terreno fertile in una certa area ma mai spostando troppo la barra dal “centro originario” con tutto quanto ne consegue anche in termini di scaltrezza e strategie nelle mosse da compiere. Un pragmatismo che lo sta portando a tentare di comandare una nave nelle acque agitate del consiglio comunale con una macroscopica falla nella chiglia (la citata netta mancanza di maggioranza in Aula). Gigantesco buco che lo costringe a navigare a vista. Scortato e sorretto, tuttavia, da una serie di natanti che pur avendo in apparenza la mission di speronarlo, in realtà lo soccorrono per non affondare insieme a lui.