Il consigliere comunale di Rinascita insieme al collega Gianni Parisi contro la presunta intenzione del sindaco di far eleggere un suo fedelissimo: «Non è in linea con le promesse di cambiamento tanto sbandierate in campagna elettorale»
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Valerio Donato e Gianni Parisi stigmatizzano, attraverso un comunicato stampa, il comportamento di Nicola Fiorita rispetto alla delicata vicenda della designazione del presidente del Consiglio comunale da parte dei membri dell'Aula.
Sempre a detta dei due neoconsiglieri comunali, infatti, il neosindaco avrebbe fatto delle dichiarazioni relative a una sorta d'imposizione che va nella direzione dell'elezione di un suo fedelissimo, pena la minaccia di dimissioni. Una presa di posizione dura, ma tutta da riscontrare come ovvio.
Comunque sia, rispetto a questa per certi versi presunta clamorosa presa di posizione, Donato e Parisi hanno scritto: «È difficile credere alle notizie riportate dai media locali, in alcun modo smentite, secondo cui il neosindaco sarebbe pronto a fare un passo indietro nel momento in cui non fosse eletto alla presidenza del consiglio comunale uno dei suoi fedelissimi. È consolidata prassi democratica peraltro, pur al netto della ventennale esperienza di Sergio Abramo alla guida dell'Amministrazione, affidare i ruoli di garanzia alle opposizioni in virtù della funzione assegnata alla carica. Il ruolo di cui si discute non può quindi essere strumento per l'attuazione dell'indirizzo politico di una coalizione, ma dovrebbe al contrario occuparsi del corretto funzionamento dell’istituzione quale garante della vita amministrativa dell’ente».
Gli stessi esponenti di Rinascita, infine, hanno così chiosato: «La soluzione prospettata dal primo cittadino, se confermata, non appare in linea con l'azione politica di rinnovamento tanto sbandierata in campagna elettorale, ma tende a restaurare modalità che manifestano uno scarso senso delle Istituzioni. Senza contare l’arroganza che, laddove la notizia fosse veritiera, esprimerebbe lo stile impiegato. Chiediamo allora al sindaco di evitare qualunque interferenza con tali competenze istituzionali del Consiglio, dimostrando che le promesse di cambiamento non erano solo forme di propaganda elettorale».