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Ufficiale la composizione della direzione nazionale del Pd. Arrivata nel corso di una direzione decisiva per il prossimo futuro del Paese. Con l’intesa su legge elettorale e quella sul voto anticipato, il partito molla gli ormeggi e può considerarsi in campagna elettorale per riportare Matteo Renzi a palazzo Chigi.
Unica calabrese in squadra: l’assessore comunale ai Lavori Pubblici e alla Legalità di Reggio Calabria Angela Marcianò. Non il sindaco Falcomatà, del cui ingresso si era parlato moltissime volte, né gli uscenti Stefania Covello e Ernesto Carbone.
Un arretramento numerico, dunque, e anche una bocciatura per i big del partito calabrese che rimedia una brutta batosta, anche dopo il tributo plebiscitario conferito al segretario nazionale in occasione delle ultime primarie. Né può convincere la “solita” dichiarazione del segretario Magorno che regala l’ennesimo plauso alle scelte di Renzi, distorcendo palesemente il senso delle nomine. “In bocca al lupo ai componenti della segreteria nazionale del Pd, una squadra di qualità che vede anche una presenza calabrese, quella di Angela Marcianò, assessore della città di Reggio. Matteo Renzi – sostiene addirittura Magorno - ha messo ancora una volta la Calabria al centro e questa volta lo ha fatto nominando al suo fianco Angela Marcianò. Non una scelta casuale, ma la prova che c'e' voglia di valorizzare la Calabria che, quotidianamente, si impegna per affermare la cultura della legalità”.
In realtà è vero l’esatto contrario. La scelta della Marcianò è quanto di più esterno al Pd si potesse scegliere. Parla la storia dell’assessore per sé e anche la difficoltà dei rapporti avuti con il sindaco Falcomatà nel corso di questa consiliatura. La Marcianò, prima di arrivare in giunta, era stata componente della Commissione parlamentare anticriminalità e corruzione, su indicazione dell’allora Procuratore aggiunto a Reggio, Nicola Gratteri e può considerarsi una neofita della politica. Più semplice pensare che l’indicazione della Marcianò arrivi più con il benestare di Marco Minniti, sempre più leader indiscusso del partito calabrese, che ha preferito passare sopra correnti e aspiranti leader.
Ma, a prescindere dalla Marcianò e dalla mancata scelta di Falcomatà (anche per questioni di parità di genere si fa notare da palazzo San Giorgio), la bocciatura del partito è per tutte le componenti. Gli oliveriani rimangono fuori dai giochi così come avvenuto per l’Assemblea con il governatore che continua a venire marginalizzato dal partito. Ma a leccarsi le ferite ci sono anche la componente legata alla Boschi che si raccoglieva intorno a Ernesto Carbone e cioè i vari Ferdinando Aiello e Giuseppe Giudiceandrea, e quella legata agli ex centristi che in qualche modo erano vicini alle posizioni di Stefania Covello. A bocca asciutta anche i renziani che pure a Reggio, città in cui è ricaduta la scelta del premier, avrebbero avuto candidature giovani e forti come quella del sindaco Giuseppe Falcomatà o quella del presidente del Consiglio regionale Nicola Irto.
La sensazione, insomma, è che ancora una volta né Renzi e né Minniti abbiano voluto fidarsi del partito calabrese che pure era saltato sul carro del vincitore in modo forse troppo compatto per risultare credibile.
Riccardo Tripepi