«Oltre a rottamare le persone e il Paese, mi pare che abbiano rottamato anche il buon senso». E’ un fiume in piena Massimo D’Alema che è arrivato a Reggio Calabria per sostenere la campagna del no al referendum riferendosi alle posizioni assunte dal governo Renzi.

 

Teatro dell’iniziativa la sala Calipari di palazzo Campanella, la stessa nella quale, appena due anni, ospitò D’Alema in occasione di uno degli ultimi comizi della campagna elettorale di Mario Oliverio, poi diventato governatore. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e la “rottamazione” renziana, cui ha fatto riferimento D’Alema, ha finito con lo spazzare via l’intera sinistra del Pd calabrese che a Reggio Calabria ha avuto una delle sue principali roccaforti e che riuscì ad imporre alla corrente renziana la candidatura del bersaniano di ferro Oliverio.

 

Stavolta al fianco di D’Alema il consigliere regionale di Sel Giovanni Nucera e Santo Gioffrè, che nel cartellone si è fatto qualificare come “scrittore”, ma che non è altri che l’ex commissario dell’Asp di Reggio poi costretto a dimettersi e che, evidentemente, adesso si trova ben lontano da Oliverio. Per il resto, un’ottima partecipazione popolare, ma nessun big dei democrat. Il leader maximo, però, a domanda diretta sull’assenza di Oliverio e di tutta la sinistra Pd, dai parlamentari come Enza Bruno Bossio fino ai consiglieri regionali, non ha mostrato preoccupazione. «Sto incontrando tante persone del Pd che voteranno no, così come molte persone che voteranno sì. Ognuno è libero di fare le sue scelte e non ci può essere disciplina di partito quando si tratta della Costituzione. Poi – ha chiuso sibillino - bisognerà vedere come deciderà la maggioranza degli italiani». Quasi un avvertimento ai “transfughi” che potrebbero avere seri guai all’interno del partito in caso di vittoria del no.

 

D’Alema si è poi concentrato sul suo intervento dal palco, durato quasi un’ora e appassionato come ai bei tempi. Sferzante ironia e robuste ragioni di merito per affondare una «riforma sbagliata e dannosa che renderebbe più confuso e difficile fare le leggi, che espropria le Regioni dei propri poteri e riduce lo spazio di partecipazione per i cittadini. Una ferita grave per il Paese anche in prospettiva politica: Verdini ha già annunciato che entrerà nel governo in caso di vittoria del sì, il che segnerebbe un ulteriore spostamento al centro dell’asse del Paese».

 

Il leader maximo passa poi in rassegna tutte le presunte nefandezze contenute nella riforma, affiancando il nome di Costantino Mortati a quello del Ministro Boschi, destando non poche risate in platea. «Mi preme sottolineare che la riforma viene approvata da un Parlamento eletto con legge incostituzionale, il buon senso avrebbe dovuto fare in modo che il governo si ponesse dei limiti.

 

Inaccettabile che un Senato che può paralizzare l’attività del Parlamento, secondo quanto prevede l’articolo 70, non venga neanche eletto ma pescato dai Consigli regionali. Il Senato che avrà lo stesso potere di oggi, e infatti non è vero che la riforma elimina il bicameralismo perfetto, si occuperà di trattati internazionali, norme europee e diritti fondamentale non sarà eletto dai cittadini. Mi pare – ha concluso D’Alema – che questo governo che ha abolito le elezioni provinciali, ma non le Province, non vuole eleggere il Senato e ha approvato una legge elettorale che nomina i parlamentari voglia ridurre al minimo la partecipazione del popolo».

 

E poi ancora sul rischio che la vittoria del no consegni il partito ai grillini. «Renzi è convinto che la parola riforma l’abbia inventata lui e che si debba fare tutto in fretta. In realtà è questo gruppo dirigente con il suo modo di fare che ha consegnato Roma ai grillini, mandando via un sindaco che non aveva nessuna colpa».

 

Per concludere, infine, D’Alema invoca coerenza. «Siamo di nuovo impegnati, con le stesse ragioni, contro una riforma sbagliata e accentratrice verso Roma come abbiamo fatto contro quella che provò a fare Berlusconi. Solo che stavolta la propone il nostro partito che ha nello Statuto la difesa dei suoi valori».

 

Riccardo Tripepi