È la fine di un’epoca per il Movimento 5 Stelle. Da "elevato" a rottamato: la parabola di Beppe Grillo si chiude a Roma, al Palazzo dei Congressi, il 23 e 24 novembre. Da simbolo della rivoluzione anti-sistema, ora il fondatore si vede messo velocemente e senza troppi complimenti alla porta, lasciando spazio a un Giuseppe Conte che passa da "avvocato del popolo" a guida indiscussa di un M5S in fase di totale rifondazione. Non si tratta solo di uno statuto nuovo, ma di una rivoluzione ideologica e organizzativa, studiata per liberare definitivamente il nuovo leader pentastellato dall’ombra del comico genovese, il quale, ironicamente, è divenuto vittima perfetta di quella stessa esigenza di rinnovamento che lui stesso aveva predicato.

Doveva essere il Movimento delle stelle, della democrazia diretta, della politica anti-sistema, ma oggi il M5S è davanti a un bivio. E la scena è emblematica: il Palazzo dei Congressi di Roma, il luogo scelto per mettere nero su bianco una rivoluzione. Il nuovo statuto cancellerà l'ultimo barlume di potere che il comico genovese ha esercitato come “Elevato”, riducendo il suo ruolo a pura formalità. L’insindacabilità del suo giudizio sparisce, e con essa il mito dell’inviolabile fondatore.

L’affondamento di Grillo non è un fulmine a ciel sereno: il processo è stato meticoloso, studiato, e soprattutto legittimato da un’assemblea “democratica” di iscritti e simpatizzanti, che in realtà ha sancito una decisione già scritta. Tra agosto e novembre, i contributi sono stati tanti - 22 mila suggerimenti, 145 quaderni - ma chi era presente ha confermato: il destino di Grillo era già segnato. La carica di garante sarà svuotata, e l’opzione più probabile prevede la delega delle sue funzioni a un comitato di garanzia o a un organo collegiale elettivo. Ma, di fatto, Grillo è fuori dai giochi. Anche se con uno come lui – che ha promesso vendetta, tremenda vendetta – non si può mai dire.

La sua insindacabilità, il suo mito, la sua retorica provocatoria – tutto questo ormai rappresenta solo un intralcio per un Movimento che, sotto Conte, si è incamminato verso una stabilità più istituzionale. Passando dallo status di movimento a quello di partito con tutti pro e i contro che questa scelta porta. Ironia della sorte, l’uomo che aveva scosso l’Italia a forza di “vaffa” ora viene messo da parte anche dai suoi discepoli. Il suo carisma e il suo ruolo di profeta anti-sistema non servono più, e la visione di Conte è chiara: il Movimento 5 Stelle ha bisogno di un futuro, non di un passato ingombrante.

La svolta che Conte vuole imporre va ben oltre la sostituzione di un leader. Con la riscrittura dello statuto e l’elaborazione di una governance più strutturata, il M5S si avvia verso una “normalizzazione” politica che forse nemmeno i suoi elettori avrebbero immaginato. I temi sul tavolo sono molti e controversi: dall’abolizione del limite dei due mandati alla revisione dei criteri di ammissibilità alla presidenza. C’è l’idea di fissare un “pedigree politico” per chi aspira a ruoli di vertice, imponendo l’assenza di appartenenze a partiti negli ultimi dieci anni, per evitare il fenomeno del “salto sul carro” e garantire coerenza e lealtà.

Non meno dirompente è il discorso delle alleanze: Conte ha già mostrato un interesse per la collocazione progressista, abbandonando l’ambiguità che aveva permesso al M5S di accedere a un pubblico variegato. Ora, invece, il Movimento mira a costruire un’identità stabile. Conte, insomma, non guarda più alle masse ma a un elettorato progressista, con buona pace di Grillo e del suo sogno di un partito post-ideologico.

L’argomento è spinoso: il limite dei due mandati, principio sacro per anni, sarà probabilmente adattato alle nuove esigenze. Tra le opzioni sul tavolo c’è la possibilità di concedere la possibilità di un terzo mandato per ruoli di sindaco e presidente di Regione. È stato anche proposto un sistema di “sospensione” del mandato, per consentire ai politici di rientrare dopo un periodo di cinque o dieci anni, garantendo una “nuova verginità” a chi ha già servito due mandati.

Si tratta di proposte che, a detta di molti, aprono le porte a un Movimento più ambizioso e strutturato, ma che rinnegano quasi del tutto i valori originali. La domanda è inevitabile: cosa resta del Movimento di Grillo in questo nuovo corso? Poco o niente, se non la nostalgia per una fase di rottura che ora lascia il posto al pragmatismo di Conte. La nuova linea politica è quella di un Movimento disposto ad accettare compromessi e pronto a occupare uno spazio politico chiaro, una trasformazione che rappresenta il colpo di grazia per il sogno movimentista del fondatore.

Il Palazzo dei Congressi ospiterà dunque il capitolo finale della saga Grillo-Conte. Da lì in poi, il Movimento 5 Stelle sarà un’altra cosa, una creatura rimodellata, con una struttura di potere chiara e una linea politica definita. L'assemblea non sarà altro che una formalità per sancire quanto già deciso: Grillo diventa una figura nostalgica, il sognatore di un progetto che ora appare definitivamente superato.

La sfida per Conte sarà doppia. Da un lato dovrà dimostrare di essere in grado di condurre, senza Grillo, un Movimento che, fino ad ora, aveva sempre avuto bisogno di un fondatore carismatico. Dall’altro, dovrà convincere una base tradizionalmente diffidente verso qualsiasi “normalizzazione” politica. Le critiche sono già iniziate e molti si chiedono se il prezzo di questo cambiamento non sia troppo alto. Tuttavia, Conte sembra deciso: il Movimento 5 Stelle sarà un partito moderno e organizzato, libero dalle ambiguità del passato, ma a che costo?

È la fine di una storia di "elevati" e di miti e l’inizio di una nuova fase, costruita sulla solidità e sull’ambizione politica di chi ora tiene il timone. Resta da vedere se il cambiamento sarà accettato da una base storicamente legata ai suoi ideali originari o se il prezzo da pagare sarà l’irrilevanza, con una divisione interna tra il vecchio e il nuovo, tra Grillo e Conte. Mai come oggi il futuro del M5S è incerto e non privo di rischi. Se Conte riuscirà a traghettarlo verso una fase di maturità politica e a radicarlo in un elettorato progressista, il Movimento potrebbe avere una nuova vita. Se invece dovesse fallire, l’esperienza del M5S rischia di concludersi come una parentesi e, ironicamente, il sogno rivoluzionario di Grillo potrebbe essere ricordato come l’utopia di un comico che, per un breve momento, ha creduto di poter cambiare l’Italia.