La dirigente lascia il partito e la commissione di garanzia provinciale di cui era membro: «Non abbandono la politica. Pago l'indipendenza dalle correnti e il saper dire no»
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L'ex vicesindaca di Cosenza Maria Pia Funaro lascia il Partito Democratico. Lo fa sbattendo la porta «verso un vero e proprio sistema di scatole chiuse in cui non mi riconosco più». Abbandona anche la commissione di garanzia provinciale del partito cosentino di cui era membro e che sta discutendo in queste settimane la richiesta di espulsione di tre consiglieri comunali di Palazzo dei Bruzi.
«La mia posizione su Graziadio, Trecroci e Tinto è chiara, cristallina – spiega al nostro network - hanno ragione in tutto e per tutto a denunciare le metodologie con cui a Cosenza si prendono le decisioni. Davanti ai caminetti di chi ben conoscete. Metodologie del medioevo della politica». Stesse terminologie utilizzate qualche giorno fa anche da Anna Laura Orrico, coordinatrice del Movimento 5 Stelle che non è stata per nulla tenera verso chi dovrebbe essere un alleato.
Funaro, questa analogia di termini con Orrico significa qualcosa?
«No, nulla. Non si creino facili associazioni di idee con il M5S: non ci sono interlocuzioni in essere, Pertanto è solo una casualità di utilizzo dei termini».
Perché lascia il Partito Democratico?
«Non c’è alcuna agibilità democratica per la sottoscritta e per il resto del 99% dei militanti. Ce l’hanno, per una spartizione di potere, poche persone. I nomi li ho fatti durante la conferenza stampa di ottobre a valle della mia defenestrazione e ripetuti più volte. Lo dimostrano le recenti scelte effettuate in Federazione e al Comune di Cosenza».
Così sembra che abbia il dente avvelenato dopo l’esclusione dalla giunta di cui era vicesindaca...
«Se così fosse, ne avrei ben donde e comunque sono passati più di 7 mesi da allora. Si faccia un giro per la città, si renderà conto che la narrazione che esce da Palazzo dei Bruzi, a mezzo di comunicati istituzionali, è totalmente distante dalla realtà. Sorrido anche solo a pensare che si vorrebbe proporre la stessa governance per le prossime elezioni regionali».
Ha comunicato la sua decisione al segretario provinciale Pecoraro?
«Non credo ce ne sia bisogno, gli ho mandato un messaggio un mese fa chiedendogli di parlare. Sono ancora in attesa di una sua telefonata. A questo punto penso che lui come altri aspettassero da tempo questo articolo o questa mia intervista. Gliela servo come dessert della domenica. Anticipiamo i temi del 25 aprile».
Cioè? Dice che è per lei una sorta di Liberazione?
«Sì, certo».
Ma allora perché ha rinnovato la tessera del PD nonostante il trattamento riservatole ad ottobre quando perse il posto in giunta e alla luce di questa forte divergenza sulla gestione?
«Mi sono tesserata nel Pd nel 2018, dopo la campagna elettorale al Parlamento. Da allora non mi sono risparmiata nei confronti del partito, in termini di impegno e di contributi. Nel 2021 sono risultata, con quasi 600 voti, la prima eletta donna dei democrat: tutti voti, tengo a precisarlo, liberi. Ad ottobre scorso, dopo la rottura col sindaco, credevo di poter lottare anche dal di dentro nonostante i vertici, d’accordo tra loro, avessero fatto sponda a Caruso e Incarnato. Mi sbagliavo. Elly Schlein parla di cacicchi, ma non sa che qui si gestisce il Pd in modo medioevale. Comunque la mia ultima tessera è datata 2023».
Lei sostenne Bonaccini…
«Sì, ma ciò non toglie che le parole sui cacicchi e le volontà della segretaria nazionale mi rinfrancarono. Ahimè le ha portate via il vento».
Si rincorrono diverse voci su di lei. Una di queste racconta di un’interlocuzione con Azione. Conferma?
«Parlo con tutti, con forze di centro e di sinistra. Resto una donna progressista, ambientalista, cattolica e fermamente antifascista. Non cambio idee in base all’interlocutore. Semmai, leggo e mi faccio un’idea precisa. Può essere sbagliata, ma almeno è indipendente e non subordinata agli interessi dei cacicchi».
Cosa paga?
«Credo la mia indipendenza dalle correnti che hanno fatto crollare in termini di percentuale il Pd in provincia di Cosenza. Come dimostra il caso Montalto, preferiamo girarci dall’altra parte davanti a candidati di area scegliendo il carro dei probabili vincitori».
Saluta il mondo politico?
«Per nulla. Andrò dove troverò maggiore convergenza sui temi e sulle posizioni che caldeggio. Tutto è fare politica, nell’accezione più nobile, come servizio. In questo, per citare qualcuno, la Cgil riesce benissimo. Il coraggio dimostrato in tema di sanità, nuovo ospedale di Cosenza e di indipendenza dagli amministratori è lodevole. Un esempio».