Quanto accaduto ieri sera durante e dopo un consiglio comunale inutile è una via di mezzo tra il paradossale ed il grottesco.
L’estrema sintesi è che nemmeno sui grandi temi territoriali, sulle grandi vertenze, sulle grandi occasioni di sviluppo, come quella proposta da Baker Hughes con un investimento da 60 milioni e 200 posti di lavoro, la città – meglio dire le rappresentanze istituzionali elette – non riescono a fare fronte comune davanti all’interesse generale.
Dibattere in assise il tema Baker Hughes con cinque mesi di ritardo rispetto alla richiesta presentata dai gruppi di minoranza – senza peraltro presentarsi dopo tutto questo tempo con una bozza di deliberato – è stato un mero esercizio narcisistico alla luce del ritiro dalla proposta di insediamento industriale. Ma con un’aggravante: quel messaggio politicamente inequivocabile inviato all’esterno: Corigliano Rossano – come troppo spesso è accaduto in passato – è divisa.

La richiesta di ritiro del ricorso al Presidente della Repubblica

Il Consiglio comunale si consuma, sostanzialmente, attorno alla richiesta delle opposizioni al sindaco Stasi di ritirare il ricorso presentato al Presidente della Repubblica legato agli ormai noti cavilli burocratici legati alle procedure. Ciò che contestano il sindaco e la sua maggioranza all'Autorità portuale è l’aver concesso, sebbene nell'ambito dei poteri Zes, l’autorizzazione a Baker Hughes prima e fuori dal contesto della conferenza dei sevizi,
I due fronti rimarranno sulle loro posizioni, con le minoranze a chiedere il ritiro del ricorso e la maggioranza prospettare la convocazione della conferenza dei servizi che farebbe decadere le ragioni del ricorso stesso.

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I risvolti noir del Consiglio comunale fuori dal consiglio comunale

Nel mezzo, però, il consiglio assume tinte noir. Perché nelle battute finali, proprio con l’obiettivo di trovare una quadra e quindi giungere l’approvazione della delibera all’unanimità – che avrebbe lanciato un segnale politico con ben altro peso specifico – l’assise viene momentaneamente sospesa. Il lavorio dei capigruppo sembra svoltare verso il lieto fine quando ad un tratto qualcosa va storto: i nove consiglieri di minoranza decidono – quasi improvvisamente – di non appoggiare il deliberato proposto dai gruppi che sostengono l’azione di governo cittadino.
Un patratrac dai risvolti foschi, si mormora, scaturito da una telefonata fatta da qualcuno delle minoranze «fuori città». A confermarlo è proprio Flavio Stasi a fine seduta.

Stasi: «Questa non è una città di morti di fame»

«Abbiamo mediato per oltre due ore con le forze di opposizione per giungere ad un deliberato unanime – spiega il primo cittadino con riferimenti durissimi – ma forse abbiamo sbagliato interlocutori, perché ad un certo punto, dopo aver trovato una quadra, all’improvviso, la mediazione tra le parti è fallita, probabilmente per interventi esterni, forse una telefonata».
Il riferimento non troppo velato del sindaco è proprio rivolto ad una qualche comunicazione avviata tra la sala consiliare di Corigliano Rossano e chissà dove. Sta di fatto che gli umori – anche di buona parte della minoranza stessa – sono improvvisamente mutati.
Le dichiarazioni caustiche contro le minoranze proseguono. «La proposta di ritirare il ricorso è strumentale e pretestuosa, presentata semplicemente per alimentare la caciara in consiglio. Pensavo che su un tema importante come questo ci fosse grande senso di responsabilità da parte delle opposizioni. Eravamo giunti anche ad un punto d’incontro tra la nostra esigenza di richiedere la convocazione di una conferenza di servizi e la volontà da parte della minoranza di riaprire un interlocuzione con l’azienda, però a un certo punto è sfumato tutto. Sotto il profilo istituzionale mi rattrista ma mi conforta il fatto che la delibera sia un documento serio, con una maggioranza seria che ha lanciato segnali di apertura, nella speranza che possa rappresentare una ripresa del lavoro. Si sappia però che questa non è una città morta di fame».

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«Autorità portuale gestita in modo militaresco»

Stasi ne ha anche per il presidente dell’Autorità di sistema portuale dei mari Tirreno e Ionio, Andrea Agostinelli, giunto a Corigliano Rossano nei giorni scorsi per rilasciare delle dichiarazioni alla stampa.
«Una conferenza di servizi è uno strumento amministrativo in cui gli enti come comune, provincia, soprintendenza, autorità di bacino ecc., esercitano le proprie prerogative. Purtroppo da qualche anno a questa parte, all’interno dell’Autorità portuale di Gioia Tauro vige una concezione militare che non si addice però alla democrazia, perché il porto non è del sindaco, ma non è neanche del presidente dell'Autorità di sistema, non è neanche del governatore, è di un concerto di istituzioni che devono avere la capacità di pianificare insieme. L’amministrazione comunale è disponibile a pianificare, tant'è che ha proposto di non “industrializzare” il porto ma le banchine 2-3 in cui si è progettato l’insediamento Baker Hughes».

Investimento ancora conveniente con la Zes del Mezzogiorno?

Da ieri, frattanto, si sta diffondendo sempre più l’indiscrezione secondo cui non le parti non avrebbero convocato la conferenza dei servizi, per come richiesto da Stasi, perché nel frattempo – dall’ultima conferenza dei servizi al rilascio della concessione – sono mutati i vantaggi fiscali derivanti dalla Zona economica speciale del Mezzogiorno, allargata a gennaio scorso alle regioni del sud Italia e non più in ambiti, come poteva essere quello del porto di Gioia Tauro esteso anche allo scalo portuale coriglianorossanese.
In seno alla maggioranza consiliare serpeggia sempre più la convinzione secondo cui l’investimento proposto non sarebbe stato più così fiscalmente conveniente.
E quella “telefonata” non fa altro che alimentare grandi dubbi.