Ha creato qualche imbarazzo la convocazione del Consiglio regionale per mercoledì prossimo 7 febbraio. La data, già nota, era venuta fuori con i lavori della Conferenza dei capigruppo dello scorso 23 gennaio, che aveva convocato anche la seduta di mercoledì 31. L’ufficialità è però arrivata soltanto venerdì sera con una nota stringata diffusa dal portavoce del presidente della massima assise calabrese, Filippo Mancuso. All’ordine del giorno quattro soli punti, collegati tra loro. Perché prima del rinnovo dell’Ufficio di Presidenza, con l’elezione del Presidente, dei due Vicepresidenti e dei due Segretari-Questori, al primo punto c’è la «presa d'atto delle dimissioni dalla carica di Presidente, Vicepresidente e Segretario-Questore dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale dei consiglieri Filippo Mancuso, Pierluigi Caputo e Salvatore Cirillo».

A meno di stravolgimenti clamorosi, per effetto di accordi interni alla maggioranza, Mancuso sarà riconfermato. Lo ha detto a chiare lettere lui a margine dell’ultimo consiglio regionale del 2023, ostentando una certa sicurezza. Ma non solo lui. «Tocca alla Lega», hanno confermato infatti fonti attendibili all’interno della maggioranza. Tuttavia la scadenza non è quella naturale. Il cosiddetto “giro di boa” sarebbe a maggio, ad un passo dalle elezioni europee. Proprio questo avrebbe suggerito di anticipare i tempi. Ma la partita del rinnovo non si esaurisce con l’elezione dell’Ufficio, perché insieme a questo, come vuole la prassi, dopo circa una settimana dagli esiti del Consiglio regionale, ogni presidente di Commissione convoca l’organismo per procedere al rinnovo delle presidenze.  Sempre la prassi vuole che siano riconfermati i presidenti uscenti, anche per salvaguardare gli equilibri interni alle coalizioni, e a maggior ragione in una situazione del genere. In caso contrario, ancora la prassi vuole che anche in presenza di un cambio della presidenza di una Commissione, la carica rimanga in capo allo stesso partito. 

Situazione congelata

Insomma la mossa del centrodestra serve a congelare una situazione che potrebbe diventare esplosiva, soprattutto alla luce della competizione nella competizione che si è innescata nel centrodestra nazionale. Tutti vogliono arrivare a giugno con le mani libere, certo, ma non a tal punto da mettere a rischio la tenuta della coalizione. Questo sembra essere il ragionamento del centrodestra, anche regionale, soprattutto oggi che tra passaggi vari in Consiglio i numeri tra Forza Italia (6 escluso Occhiuto) e la Lega (5) sono tornati quelli di sempre. Proprio dall’imminente tornata elettorale, centrodestra e centrosinistra, si aspettano di misurare il gradimento nell’elettorato, anche se da angolazioni diverse.
Nel 2024 sono previsti più appuntamenti elettorali - ricorda la nota -, si andrà al voto in 5 Regioni e in 3700 Comuni tra cui 6 capoluoghi, ma soprattutto si andrà al rinnovo del Parlamento europeo. «Elezioni, quest’ultime, d’importanza straordinaria che coincidono con la scadenza fisiologica dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale. Pertanto - sottolinea il presidente Mancuso - per evitare interferenze, nonché la sovrapposizione degli impegni che tutte le forze politiche saranno chiamate ad assumersi, si è concordato di anticipare al prossimo 7 febbraio l’elezione dell’Ufficio di Presidenza».
Dalla breve nota di Mancuso emergono due aspetti peculiari di questa situazione apparentemente in linea con l’andamento della legislatura. Vale a dire con il centrodestra a dettare la linea. Mancuso oltretutto è dato tra i candidati della Lega alle europee. Una voce insistente a cui lo stesso risponde storcendo il naso. Chi conosce le cose da vicino assicura che il presidente del Consiglio regionale farà di tutto per evitare quello che considera un sacrificio, tra l’altro con un esito che gli analisti più attenti definiscono scontato e quindi negativo per il Carroccio. Le sue mire sarebbero quindi altre, soprattutto in direzione di un consolidamento della sua posizione nello scacchiere regionale di centrodestra, che alcuni leggono come un avvicinamento alle posizion i di Occhiuto e quindi di Forza Italia.

Il Pd non ci sta

In secondo luogo, a creare imbarazzo, anche l’uso del verbo «concordare» da parte di Mancuso. Confonde le acque, e provoca la reazione stizzita del gruppo consiliare del Partito democratico, costretto ad abdicare ad una esigenza elettorale e politica del centrodestra. D’altra parte l’ufficio di presidenza è composto oltre che da Mancuso, Cirillo e Caputo, anche da Iacucci (vicepresidente) e Alecci (segretario questore). «Non c’è nessun accordo – tuona il capogruppo dem Mimmo Bevacqua - da parte del Pd in relazione alla decisione del presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso di dimettersi della carica per consentire un anticipo rispetto alla scadenza prevista per il rinnovo dell’Ufficio di presidenza. Tanto che i componenti dell’Ufficio di presidenza Franco Iacucci e Ernesto Alecci non si sono dimessi». 

Il presidente Mancuso – racconta Bevacqua - durante l’ultima Conferenza dei capigruppo, ha comunicato la sua decisione e la data per la prossima seduta del Consiglio e «il Pd, insieme agli altri gruppi di minoranza, non ha potuto fare altro che prendere atto della situazione, né l’opposizione aveva del resto alcun modo per intervenire nel merito di una scelta di esclusiva pertinenza della maggioranza di centrodestra». Il messaggio dei democrats è chiaro, ed è stato ribadito anche nel corso dell’ultimo consiglio regionale: no ad una scelta che «piega le istituzioni al volere e agli interessi politici legati alle imminenti elezioni europee a chi di dovere e, tra questi, anche ad alcuni capigruppo di maggioranza».  Ma Bevacqua fa di più. Vuole smentire quel “concordato” fatto intendere da Mancuso con le opposizioni. Il capogruppo del Pd, a ulteriore prova della distanza tra maggioranza e opposizione, si dice «costretto a scrivere al presidente Mancuso una nota nella quale chiedo formalmente di attivarsi al fine di garantire la partecipazione del gruppo Pd nelle commissioni, considerato che un precedente accordo di inizio consiliatura, non prevedeva la presenza dei rappresentanti del nostro partito in alcune di esse».

Insomma un accordo almeno c’è stato, ad inizio legislatura. Che sia stato a svantaggio dei dem, è un altro discorso, ma tutto da vedere, considerando che le altre minoranze hanno sempre contestato lo strapotere dem sui banchi dell’opposizione per ciò che concerne i ruoli di rappresentanza istituzionali.