La seduta imbottita di punti all'ordine del giorno. Protestano i gruppi di centrosinistra che hanno abbandonato l'aula dopo l'approvazione sulla doppia preferenza di genere
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Dopo la burrascosa riunione di maggioranza sulla data delle prossime elezioni regionali, la seduta di Consiglio regionale è iniziata con la lettura da parte del presidente Domenico Tallini della lettera inviata dal capogruppo del Pd Domenico Bevacqua impossibilitato a prendere parte ai lavori per i postumi dell’infezione da Covid.
«Il virus non è uno scherzo – ha scritto Bevacqua – e abbiamo il dovere di proteggere i soggetti più fragili».
Subito dopo è cominciata l’ennesima farsa di questa legislatura. Un ordine del giorno gonfiato a dismisura prima dell’inizio dei lavori che per la minoranza non è altro che «un assalto elettorale alla diligenza».
Il consigliere del gruppo misto Francesco Pitaro ha ricordato che dopo «l’evento interruttivo del presidente, il Consiglio è in fase di prorogatio e può adottare solo atti indifferibile e urgenti come specificato dalla Corte Costituzionale. C’è una ragione per questo – ha detto Pitaro – si deve evitare che ci siano atti volti a ottenere vantaggi elettorali. A parte la legge sulla doppia preferenza di genere tutto il resto delle leggi messe all’ordine del giorno sarebbero illegittime perché non urgenti. Atti che riguardano Consorzi e proloco servono solo a fare campagna elettorale».
Concetto ribadito per il Pd da Luigi Tassone: «Dopo l’approvazione della legge sulla doppia preferenza di genere il Consiglio deve sciogliersi e non può adottare atti diversi da quelli urgenti. Come Pd non presteremo il fianco ad altre iniziative a scopo elettorale o clientelare. Dopo l’approvazione della modifica alla legge elettorale abbandoneremo l’Aula».
A difendere la posizione della maggioranza sia il presidente Tallini che ha spiegato come all’ordine del giorno ci siano soltanto provvedimenti già in itinere negli scorsi mesi, mentre Giuseppe Neri di Fdi ha sostenuto che il depotenziamento del Consiglio arriva soltanto dopo la presa d’atto della morte del governatore».
Graziano Di Natale di Iric ha stigmatizzato il forte ritardo con il quale sono iniziati i lavori del Consiglio «considerando la situazione grave in cui ci troviamo con il Covid che sta mettendo in ginocchio il Paese con un ragazzo di 21 anni che è morto questa mattina a Milano e da noi ci sono malati che non trovano posto negli ospedali. In quest’ordine del giorno c’è di tutto tranne che l’emergenza sanitaria».
E se per Filippo Mancuso (Lega) gli atti all’ordine del giorno sono risalenti nel tempo e vanno approvati, l’ex presidente Nicola Irto specifica: «Il criterio cronologico non ha senso, allora avreste dovuto portare in aula il primo atto della legislatura a firma mia sulla trasparenza delle donazioni in sanità. La verità è che il primo atto del Consiglio di oggi doveva essere la presa d’atto della morte della governatrice e poi l’approvazione della modifica della doppia preferenza di genere. Il Pd dopo il voto su questa legge abbandonerà l’Aula».
Duro anche Carlo Guccione: «Non stiamo dando una bella immagine del Consiglio ai calabresi. Non dobbiamo dare l’impressione che c’è l’assalto alla diligenza. Questo ordine del giorno non è altro che questo anche perché lo ha concordato soltanto con la maggioranza, senza riunione della Conferenza dei capigruppo o dell’Ufficio di presidenza. Appositamente avete messo all’ultimo punto all’ordine del giorno la presa d’atto della morte della governatrice che, in realtà, avreste dovuto discutere al primo Consiglio e cioè a quello che si è svolto sabato scorso».
Anche Giuseppe Aieta si è unito al fuoco di fila «presidente ritorni con i piedi a terra. Il Consiglio rimane in carica ma soltanto per atti indifferibili e relativi all’emergenza Covid e invece ci troviamo all’ordine del giorno 21 pagine e nessun atto sull’emergenza sanitaria. Voteremo la legge sulla doppia preferenza e andremo via poi ci riconvocherà sull’emergenza sanitaria».
Alla fine del lungo dibattito il presidente Tallini ha poi messo in discussione la legge introduttiva della doppia preferenza di genere sulla quale c’è stato consenso unanime. Del resto si trattava di una atto dovuto considerando le indicazioni della Corte Costituzionale e sul quale sarebbe intervenuto direttamente il governo in caso di inerzia del Consiglio. Difficilmente comprensibile, dunque, l’enfasi con la quale i vari consiglieri hanno salutato quest’approvazione considerando che il Consiglio ha sempre fallito negli scorsi anni e adesso si adegua soltanto a una norma imperativa. Dopo l’approvazione la minoranza ha abbandonato l’Aula.