Ha segnato una svolta epocale partendo dal settore di cui è stato e sarà sempre un guru: con lui finisce un’era, che non è solo quella del berlusconismo
Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
Il volto di un bambino sorridente sulle fiancate degli autobus e sugli spazi pubblicitari delle grandi città, un claim urlato, “Fozza Itaia”: dieci declinazioni, dieci volti per un totale di oltre undicimila poster murali, altrettanti cartelloni su tram e autobus, tremila pannelli nelle stazioni di servizio. Era appena iniziato il 1993, ciascuno stava cercando di riprendersi dalla botta di Tangentopoli, che aveva scosso il nostro Paese nelle fondamenta più nascoste. Armando Testa se ne uscì con quella campagna, scelta per chiudere la prima stagione della serie tv “1992”, ideata da Stefano Accorsi: il modo più efficace per aprire alla stagione successiva, con la nascita del berlusconismo. Si è detto e letto di tutto, a proposito di quella campagna. In tanti sono ancora convinti, nonostante le spiegazioni diverse dell’agenzia pubblicitaria, che fossero prove tecniche di naming e primo teaser per la scelta del nome di un nuovo organismo politico. Il resto è storia, e poco importa se fu davvero Berlusconi a commissionarla – direttamente o indirettamente – o se il colpo di genio di utilizzare “Forza Italia” gli arrivò proprio dall’efficacia di quella campagna di cui non sapeva niente.
È morto Silvio Berlusconi, mercoledì i funerali di Stato nel Duomo di Milano - LIVE
Mi è venuta in mente stamattina, mentre stavamo aspettando che le agenzie battessero la notizia della sua morte, ormai certa. Vuoti e pieni, luci ed ombre, demonizzazioni e beatificazioni: mentre si stava aprendo il grande vaso di Pandora del dopo Berlusconi – questa volta reale – a me tornava in mente quella campagna di trent’anni fa. Forse perché ne ho parlato direttamente con lui, con il timore reverenziale di una ragazzina davanti ad un guru della comunicazione. È successo ad Arcore. Stava finendo il 1993, Berlusconi riceveva a villa San Martino blocchi di venti, venticinque persone per volta: stava scegliendo i suoi candidati a Camera e Senato per le politiche del ‘94. Ci ero arrivata senza sapere esattamente il perché, e mi stavo godendo la cosa: il giro nella villa, dentro e fuori, fino alla parte della piscina, con il racconto di quello che era successo nei giorni precedenti, quando qualcuno aveva perso l’equilibro sulle passerelle in cristallo e si era fatto il bagno; il teatro del Duecento rimesso a nuovo, una volta a botte e rifiniture perfette sotto la villa, il kit del candidato, con tanto di presidente/piazzista che apriva la ventiquattrore e scherzava su penne, spillette, bandierine, cravatta e tutti gli altri gadget. Poi, prima delle prove davanti alla telecamera, il relax nei saloni, tra divani e caminetto. E la cena, tavolone al centro della stanza, sedie tutte intorno, appoggiate alla parete.
Attesa infinita | Ponte sullo Stretto, l’eterno sogno di Berlusconi ereditato da Salvini: il Cav annunciò la prima pietra nel 2002
Stavo mangiando il mio risotto – ottimo: c’erano dubbi? – quando mi si è seduto accanto. Il mio primo contatto diretto. Mi ha chiesto quali programmi avessi per il futuro, se ero soddisfatta di quello che facevo, e perché. Oltre all’attività da giornalista, ero nello staff di un ministro. Iniziai a rispondergli educatamente, anche un po’ timorosa. Mi sciolsi via via: mi aveva messa a mio agio, la conversazione andava per le lunghe, sembrava attento ed interessato a quanto gli dicevo. Così azzardai un fuori tema, e glielo chiesi: come gli era venuta in mente quella campagna? Perché era stato lui, giusto? Mi ha sorriso. Il sorriso che conosciamo tutti, che durava un sacco e che mancherà a ciascuno di noi, ne sono certa. «Non è importante ciò che è successo, ma ciò che lei pensa sia successo. E se lei pensa che sia stato io, allora sarò stato io». Eccolo, il suo segreto: l’empatia come forma di comunicazione assoluta, il consenso ottenuto ancora prima di chiederlo. La suadenza di chi accompagna sempre la visione dell’interlocutore.
Politica in lutto | Berlusconi e la Calabria, un amore targato Fi che qui ha sempre spopolato. L’ultima volta con Jole: «Non me l’ha mai data»
Abbiamo letto, scritto e visto tutto e il contrario di tutto, su Silvio Berlusconi. E continueremo a farlo. Ma nessuno potrà mai negare il suo genio assoluto, la sua capacità di comunicazione che sapeva anticipare i bisogni, le paure, i sogni delle persone. È stato un grande visionario, capace di ribaltare ogni volta le regole e scrivere nuovi modi di fare comunicazione. Comunicazione televisiva, con la rivoluzione Mediaset – ricordo il capannone al Celio dove le ragazzine di “Non è la Rai”, tra consigli delle madri e regia di Boncompagni, dividevano gli spazi con “Sgarbi quotidiani”. Ma soprattutto comunicazione politica. In quello sarà per sempre maestro.
Fi in mezzo al guado | Morte di Berlusconi, il futuro di Forza Italia è un’incognita che passa anche dalla Calabria
Come dimenticare la scelta del linguaggio calcistico? O “Azzurra”, la nave con cui avrebbe conquistato l’Italia nelle elezioni amministrative del 2000? Ero referente della comunicazione elettorale di una regione – indovinate quale? –, e vedere quell’uomo al lavoro cancellava ogni dubbio ideologico: lui era un grande. Il più grande. Lo ricordo con un pennarello in mano a cancellare tutte le proposte appoggiate sul tavolo dai creativi e poi scrivere sulle bozze: il pay-off, il claim, la posizione del simbolo. Segni semplici, posizioni semplici, pochi elementi molto chiari. Dava a tutti grandi lezioni di comunicazione, senza il bisogno di utilizzare il gergo tecnico che è sempre stato un vezzo degli addetti ai lavori, ma spiegando che non sono i termini a dare una marcia in più. Dobbiamo parlare al cuore delle persone, diceva. Capire cosa vogliono, e darglielo. Conquistarli, uno per uno. E di conquiste ne sapeva più degli altri.
Fine di un’era | Morte di Berlusconi, il leader che sdoganò la destra postfascista: 30 anni tra politica, processi infiniti e calcio
La Calabria era ancora data per persa. Posso dire di aver dirottato la sua nave a Reggio Calabria: non era prevista quella tappa. Passata la Campania sarebbe finita direttamente a Catania, con un giorno di ferma. Grazie a due grandi amici, che al tempo facevano parte del suo staff più stretto, sull’agenda di Azzurra è comparsa anche la città dello Stretto. In questi 23 anni sono stati in molti a rimproverarmi quella vittoria. Ma oggi, mentre finisce un’era e Silvio Berlusconi entra per sempre nella storia, ne rimpiango i punti di forza. Gli sarò grata per sempre perché da lui ho imparato la regola base della comunicazione: l’ascolto. Solo comprendendo davvero cosa volessero e dove volessero andare gli italiani è riuscito a diventarne leader e a condurli nella transizione dallo scorso millennio a questo. Da oggi ciascuno di noi sarà più solo, e privo di una luce. Perché se è vero che nelle scelte del fondatore e leader di Forza Italia ci sono molte ombre, è altrettanto vero che per avere ombre imponenti ci vuole una grande luce.