L'ex ministro dell'Interno ha annunciato ufficialmente la sua discesa in campo alle primarie. Appena qualche ora dopo la presa di posizione del governatore della Calabria che chiede discontinuità e un nuovo inizio attraverso il prossimo appuntamento congressuale
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Come ormai scontato, Marco Minniti ha rotto gli indugi e deciso per la candidatura. L’annuncio, ormai nell’aria da qualche giorno, è avvenuto a mezzo stampa con un’intervista rilasciata a La Repubblica. Il suo temporeggiare è servito soprattutto a provare a dare il sapore di autonomia a una candidatura che rischiava di essere troppo filo-renziana. L’ex ministro dell’Interno non vuole essere identificato come l’uomo di Matteo Renzi ma riconosciuto soltanto come “Marco Minniti”, così come ha avuto modo di ribadire ai microfoni di “Mezz’ora in più” di Lucia Annunziata. Minniti ha specificato di avere risposto alla richiesta di impegno da parte di circa 100 parlamentari e soprattutto 500 sindaci e di non avere intenzione di costituire nessun ticket con Teresa Bellanova. Per sottolineare come la sua candidatura non debba considerarsi d’area.
Fatto sta, però, che alla base della costituzione dell’elenco dei sostenitori della corsa di Marco Minniti c’è il solito Luca Lotti che rappresenta l’essenza del renzismo. E che in Calabria è già in campagna elettorale Demetrio Battaglia, altro esempio tipico di renziano doc.
Abbastanza per far rompere gli indugi anche al governatore della Calabria Mario Oliverio che già durante gli scorsi giorni aveva mandato chiare indicazioni.
Il presidente della giunta con una lunga nota stampa ha di fatto preso le distanze da Minniti e confermato le indiscrezioni che lo volevano in avvicinamento verso Nicola Zingaretti e la sinistra del partito. Oliverio ha ricordato la gestione della sanità in Calabria da parte dei governi di matrice renziana e indicato nel congresso un mezzo per arrivare alla “discontinuità”. Che, evidentemente, non potrebbe essere rappresentata da un uomo di Renzi.
««Il congresso nazionale del Pd non può essere vissuto come un passaggio ordinario. Dovrebbe essere una opportunità per mettere in campo una visione ed un progetto culturale e politico proiettato alla ricostruzione della vasta area delle forze progressiste e di sinistra – scrive Oliverio - Un progetto alternativo credibile, capace di contrastare e rovesciare l'onda populista e sovranista che rischia di minare grandi conquiste democratiche, di restringere gli spazi di libertà e dei diritti della persona. Un progetto alternativo e credibile all'azione dell'attuale Governo. È auspicabile, pertanto, che il confronto congressuale vada oltre i nominalismi».
Poi l’affondo politico. «La duplice pesante sconfitta, subita prima al referendum sulle riforme costituzionali e poi alle elezioni politiche dello scorso 4 marzo, avrebbe imposto una vera e propria rifondazione politica ed organizzativa del Pd. Così non è stato. Finora sembra sia prevalsa la volontà in ampi settori del gruppo dirigente di rifugiarsi nei posizionamenti correntizi interni con il rischio di rimuovere le ragioni che hanno determinato quella sconfitta di dimensioni storiche. Mi auguro, allora, che il congresso abbia almeno la forza di determinare una forte discontinuità e sancire un nuovo inizio».
«Il Pd che esce dal prossimo congresso – prosegue Oliverio - aprirà una nuova stagione positiva se nei territori e non nelle correnti avrà la sua forza motrice. Per quanto mi riguarda, pertanto, il mio punto di vista nel dibattito congressuale sarà rivolto ad affermare prima di tutto la Calabria e la sua grande voglia di riscatto. Non sono interessato ad inutili collocazioni nominalistiche ed a discussioni disancorate dalla realtà e dai bisogni che esprime. Ritengo che il Pd calabrese dovrebbe con coraggio necessariamente collocarsi in questo alveo. Nel corso della esperienza regionalistica che sto conducendo, ho avuto modo di verificare quanto sia attuale e necessaria la funzione di una formazione politica di governo che assuma come dominanti e prioritari gli interessi dei territori. Del resto, in questi anni, è stata questa la concezione che mi ha motivato quando sono stato costretto, ad esempio, a polemizzare e a non omettere la critica nei confronti dei vertici del Pd nazionale per il mancato intervento dei Governi sulla vicenda della sanità calabrese. Una vicenda amara iniziata nel 2010 con il Governo Berlusconi di cui la Calabria ed i calabresi stanno pagando e continuano, ancora oggi con il Governo in carica, a pagare un prezzo altissimo. Non è ammissibile, né politicamente né moralmente, che i calabresi possano, da otto anni, pagare le tasse più alte d'Italia e non poter usufruire dei livelli minimi di assistenza .Una grande forza democratica e di sinistra deve ritrovare la sua bussola nei valori della inclusione sociale, della solidarietà e della accoglienza come fattori irrinunziabili di una idea di società, dello sviluppo e di regolazione delle relazioni economiche e sociali».
Riccardo Tripepi