L'ex ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture è l'outsider nella corsa a tre con Stefano Bonaccini e Elly Schlein per la guida dei dem: «Stavolta ci sono tutte le condizioni per eleggere un segretario donna»
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È la terza incomoda o, se vogliamo, l’outsider. Fra Stefano Bonaccini e Elly Schlein è spuntata anche la candidatura alla segreteria del partito dell’ex ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, l’emiliana Paola De Micheli.
De Micheli, come nasce la sua candidatura?
«La mia candidatura nasce dal rapporto con le persone e viene da lontano. È legata alla mia storia di militanza nel Pd, nella buona e nella cattiva sorte. Sono la vera novità di questa campagna congressuale perché propongo un cambiamento concreto, parola che non a caso è diventata anche il titolo del mio libro, nelle idee e nel modello organizzativo del nostro partito per introdurre una partecipazione che decide».
La sua sfida è coraggiosa, anche perché il Pd non sembra essere un partito per donne. Al di là delle dichiarazioni d’intenti non se ne trovano moltissime nelle stanze dove si prendono le decisioni…
«Credo che ci siano tutte le condizioni per riuscire a vincere le primarie e portare finalmente una donna, militante, al vertice del Pd. Il punto di vista femminile è già un valore aggiunto per il Partito Democratico in questa campagna congressuale e potrà diventarlo anche nella fase successiva, per fare opposizione alla destra. Da donna mi faccio carico di avanzare soluzioni concrete e una visione di Paese nuova, diversa da quella uscita negli ultimi anni».
Le candidature in campo sembrano esprimere un partito a trazione nordista. Cosa prevede nel suo programma per il Sud?
«Porto la mia passata esperienza di ministro che ha fatto il più grande investimento per il Sud degli ultimi 30 anni: nelle infrastrutture ferroviarie come la Napoli-Bari e nell’alta velocità in Calabria, e ancora nella viabilità provinciale e nei porti. Questi sono fatti, non chiacchiere. La prefazione del mio libro “Concretamente, prima le persone” l’ha scritta un uomo del Sud come Maurizio De Giovanni. Il Pd resta un partito nazionale con uno sguardo unitario sul Paese, e la sua priorità deve essere la lotta alle disuguaglianze».
Lei si era molto spesa per le infrastrutture in Calabria. Cosa sta succedendo sull'alta velocità e cosa pensa di questa manovra di bilancio che stanzia tre miliardi per la SS 106 ma in quindici anni?
«C’era una grande spinta ed interazione con Enza Bruno Bossio. Il finanziamento di tre miliardi nella legge di Bilancio per Statale 106 era già stato previsto dal precedente Governo in 10 anni, mentre i 15 anni stabiliti ora è un tempo troppo lungo. Ho voluto fortemente l'alta velocità in Calabria perché è un'opera fondamentale per la sua modernizzazione: il primo lotto di lavori sta concludendo l'iter autorizzativo. Subito dopo ci sarà la gara. Per gli altri lotti si aprirà il dibattito pubblico fondamentale per la condivisione dell'impatto di una grande opera sulla vita delle persone».
Secondo lei il Pd come farà a recuperare i voti che vi stanno erodendo i 5 stelle a sinistra e il terzo polo al centro?
«Io credo che prima di tutto venga il lavoro. È fondamentale riappropriarci di questo tema, a partire dalla scrittura di un nuovo 'Statuto dei lavori' che riconosca i cambiamenti degli ultimi anni per aumentare i diritti sociali. Un esempio concreto: il diritto ad avere pagata la malattia non può essere oggetto di contrattazione, deve diventare un diritto universale riconosciuto a tutti. E poi occorre affrontare in maniera concreta anche altri temi come l’ambiente, il fisco, e le infrastrutture, strumento fondamentale per contrastare le disuguaglianze».
Visto che parliamo di lavoro, cosa pensa del reddito di cittadinanza e qual è la sua posizione sul dibattito per l’autonomia differenziata?
«Il reddito di cittadinanza va mantenuto con alcune modifiche mirate, per modularlo sulle ragioni della povertà, economica, educativa, di salute, relazionale. E la gestione va trasferita ai comuni per garantire una risposta anche qualitativa e personalizzata. Sono contraria all’autonomia differenziata. Senza ridurre le diseguaglianze fra i territori aggraverebbe soltanto lo squilibrio tra Nord e Sud e non risolverebbe il problema della burocrazia e di una migliore gestione dei poteri nel rapporto tra Stato centrale ed enti locali».
Esiste secondo lei un pericolo di scissione o scioglimento del partito? Le piace come sta procedendo la fase congressuale?
«Il filo rosso che unisce le storie, anche diverse, nella comunità del Pd continuerà ad esserci. Il nostro elettorato ha bisogno di concretezza. Sto girando l’Italia per incontrare le persone, iscritti ed elettori del Pd ai quali non parlo di politica solo sui social, ma guardando loro negli occhi. Per scongiurare scissioni, o il rischio ancor più concreto dell'esodo verso il disimpegno, sto portando avanti i valori della militanza e della partecipazione. Faccio appello agli altri candidati perché questa campagna sia incentrata sui contenuti e sulle proposte, non sui personalismi».