L’autunno è arrivato e, secondo quanto ratificato dall’Assemblea nazionale del Pd, è arrivato il periodo di svolgere i congressi provinciali e regionali. Un’idea che non pare rimasta lettera morta, come in tanti si aspettavano anche in Calabria, considerata l’ultima comunicazione che il responsabile nazionale dell’organizzazione Gian Pietro Dal Moro ha inviato alle varie federazioni italiane. “In relazione allo svolgimento dei Congressi regionali e provinciali, Vi preghiamo di comunicarci la data di convocazione delle Direzioni regionali per l'approvazione del regolamento congressuale, come prescritto dal regolamento quadro approvato dall'ultima Direzione nazionale. Una volta approvato, copia del regolamento andrà inviata anche all'Organizzazione nazionale”.

Il gioco, dunque, sembra entrare nel vivo. Forse anche in questa direzione si possono leggere le dichiarazioni che il deputato Antonio Viscomi ha rilasciato in occasione di un’assemblea di circolo a Catanzaro: «No al congresso se diventa una conta – ha detto l’ex vicepresidente della giunta regionale – da Roma è arrivato un messaggio di unità che deve essere raccolto anche in Calabria».

E del resto questo è leitmotiv dei confronti e dei conciliaboli dei leader del Pd calabrese dopo la manifestazione contro il governo nazionale di domenica scorsa. Scampato il pericolo di un flop che avrebbe definitivamente azzerato le speranze di riscatto del partito, i dirigenti sono adesso chiamati a misurarsi con la richiesta di “unità” arrivata in modo inequivocabile dalla piazza. I militanti sono stufi di divisioni e di scontri tra bande per l’acquisizione di spazi di potere o solo per poter decidere i nomi delle candidature alle politiche.

E se le divisioni hanno spaccato il partito a livello nazionale, ancora di più lo hanno fatto in Calabria. Arrivando perfino a mettere in discussione la tenuta della maggioranza in Consiglio regionale. Le autosospensioni di Enzo Ciconte, Carlo Guccione e Mimmo Bevacqua e la creazione del gruppo consiliare autonomo dei Moderati per la Calabria da parte di Giuseppe Neri, Franco Sergio e Antonio Scalzo sono ferite ancora aperte che nessuno ha dimenticato, nonostante i tentativi di Mario Oliverio di nascondere la polvere sotto il tappeto.

Aprire un congresso regionale in questa fase potrebbe dunque essere un serio rischio per la tenuta del partito che è diviso e in fibrillazione su quasi tutti i territori. Anche le primarie, inoltre, cominciano ad essere viste come uno strumento non adatto a far crescere il partito, considerato che dopo ogni votazione si è arrivati quantomeno vicini alla scissione da parte della componente uscita sconfitta.

Ed allora l’establishment del Pd è tornato ad ipotizzare una candidatura unitaria per la guida del partito regionale. Riprendendo il cammino ipotizzato qualche mese fa. Il nome in grado di mettere insieme tutto, o almeno la gran parte delle aree, è sempre quello dell’ex deputato reggino Demetrio Battaglia. Proprio quel nome che, però, qualche tempo fa, appena messo in campo aveva provocato il proliferare di candidature (Censore, Naccari, Ambrogio tra le altre) bloccando sul nascere il tentativo.

Adesso, però, i tempi incalzano e se si vuole evitare il commissariamento bisogna decide se arrivare al congresso con le primarie o decidere per un’assise unitaria. Demetrio Battaglia aveva fatto un passo indietro e non tornerà nella mischia se non sicuro di avere il sostegno della totalità (o quasi del partito). La discussione è aperta mentre Giovanni Puccio ha convocato la Commissione per il congresso per il prossimo 4 ottobre.

 

Riccardo Tripepi