Nicola Fiorita, Donatella Monteverdi e Jasmine Cristallo durissimi su Facebook nei confronti del pronunciamento del Tribunale di Locri
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Un discorso che potrebbe valere per ogni città della Calabria, ma anche d’Italia, assume un significato particolare per Catanzaro. Il riferimento è alla vicenda della condanna (comunque la si pensi draconiana, ammontando a 13 anni e 2 mesi di reclusione per reati connessi all’immigrazione clandestina) decisa stamani in primo grado dal tribunale di Locri nei confronti dell’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano oltreché (seppur in maniera assai meno pesante) della compagna. Un fatto che nel capoluogo ha suscitato reazioni forse un po’ troppo tiepide rispetto a quanto fosse immaginabile ma con alcune eccezioni di cui riferiremo a breve. E il perché è presto detto, anche se magari lo shock per l’inattesa notizia e le poche ore trascorse dal verificarsi dell’evento potrebbero aver giocato un ruolo decisivo, trattandosi della città in cui una parte della sinistra più marcata (se è appropriato il termine) non aveva fatto mistero di solidarizzare con Lucano e la sua cultura dell’accoglienza, non solo non ravvisando alcun comportamento inappropriato del già sindaco ma anzi esaltandone le gesta.
Santo o criminale che sia, non spetta però certo ai giornalisti decretarlo. Soprattutto in questa delicata fase, considerando come in merito lo abbia appena fatto (con molta più autorevolezza e riconoscimento legale) la competente autorità giudiziaria. Che non è sicuro, tuttavia, non possa essere giunta a conclusioni del tutto errate, valutabili nei successivi gradi di giudizio in cui ciò dovrà appunto essere appurato.
Il focus del ragionamento, qui, è infatti un altro ed è relativo all’atteggiamento di quanti (mentre nel Paese impazzava l’infuocato dibattito sulla valenza del Modello Riace) hanno in passato organizzato ripetute iniziative in favore del loro amico Mimmo (verso cui adesso non può oltretutto non provarsi umana compassione da parte di chiunque nel vederlo comprensibilmente affranto davanti a microfoni e taccuini dei cronisti pochi minuti dopo il severissimo pronunciamento su di lui della Corte) a cui pochi anni fa è stata espressa la pubblica solidarietà di un popolo ancora fieramente comunista (ma non solo da quello) schierato al suo fianco. Gente che finora, lo si ribadisce, negli elementi più rappresentativi non ha ancora reagito a una sentenza molto dura. Che, pur in attesa delle motivazioni, in fase di commento non può non partire da un presupposto chiaro: Lucano, ad avviso dei giudici di primo grado, sarebbe “un truffatore e favoreggiatore dell’immigrazione clandestina”.
Una visione della vicenda, a cui per il momento è stata data una sorta di interpretazione autentica (promanando come premesso dalla fonte più qualificata a darla) che cancella una filosofia di integrazione presuntivamente basata sull’imbroglio. Piano, però. La cautela deve essere d’obbligo. Qualcuno tuttavia non è stato di certo “prudente e sibillino” di fronte alla scure della giustizia abbattutasi sul capo di Lucano. Si tratta di tre esponenti di spicco, seppur con ruoli assai diversi, della classe politica e del mondo della cultura catanzarese. Si tratta del leader di Cambiavento Nicola Fiorita che ha parlato di «esecuzione capitale con cui si è voluto uccidere un uomo, un simbolo un’esperienza»; della sua collega docente universitaria, membro di Libera e figura d’alto profilo della sinistra Donatella Monteverdi, per cui «la sentenza di Locri è una vergogna» e della “sardina” Jasmine Cristallo secondo la quale «c’è una questione morale nella magistratura ed è un’emergenza».