La rottura del sindaco Maria Limardo con l'assessore chiama in causa anche le responsabilità politiche del senatore Giuseppe Mangialavori e del consigliere regionale Vito Pitaro. Mentre le inchieste giudiziarie avanzano
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Rischia di scivolare e farsi davvero male l’amministrazione comunale di Vibo Valentia su quello che – almeno nelle intenzioni iniziali – doveva essere un caposaldo alla base di tutta l’azione politico-amministrativa: il rispetto della legalità e la lotta alla mafia non solo di facciata ma con atti concreti e visibili. Da ieri sera, l’assessore che deteneva anche la delega agli Affari legali, è stato infatti “defenestrato” dal sindaco Maria Limardo a stretto giro dalla nostra risposta alla sua nota stampa (del primo cittadino) in cui si è cercato di giustificare l’assenza del Comune e di un suo legale alla prima udienza del processo Rinascita-Scott nel troncone del giudizio immediato che vede fra gli imputati l’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, l’ex sindaco di Nicotera e consigliere provinciale Salvatore Rizzo, l’imprenditore vibonese Mario Lo Riggio e l’avvocato lametino Giulio Calabretta. Accuse per gli imputati aggravate dalle finalità mafiose e per alcuni – come Pittelli e Rizzo – l’ipotizzata vicinanza al potente clan Mancuso di Limbadi, mentre per altri come Lo Riggio la presunta vicinanza al clan Lo Bianco di Vibo Valentia ed alle consorterie mafiose di San Gregorio d’Ippona.
Presenti in aula gli avvocati dei Comuni di Limbadi e San Gregorio d’Ippona così come quelli per la Provincia di Vibo, la Regione Calabria, i Comuni di Stefanaconi e Pizzo. Assente ingiustificato il Comune di Vibo Valentia che, dopo il “caso” sollevato dalla nostra testata, ha provato a metterci una “pezza” che si è rivelata peggiore del buco. Nel pomeriggio di ieri l’ufficio staff del sindaco ha infatti inviato una nota stampa agli organi di informazione – a noi per primi – per ribadire la volontà politica dell’amministrazione comunale e del sindaco Maria Limardo di costituirsi parte civile in tutti i tronconi di Rinascita-Scott (l’ha già fatto per il troncone principale nel corso dell’udienza preliminare in corso di svolgimento nell’aula bunker del carcere romano di Rebibbia), giustificando l’assenza di lunedì nella prima udienza del troncone del giudizio immediato con un “difetto di notifica della data di celebrazione del giudizio immediato innanzi al Tribunale di Vibo”. Un’affermazione grossolana, quest’ultima, che abbiamo prontamente evidenziato nella nostra risposta rimarcando che il presidente del Collegio – il giudice Tiziana Macrì – non ha rilevato alcun difetto di notifica nei confronti del Comune di Vibo Valentia.
Ma vi è di più. Il decreto di giudizio immediato è stato regolarmente e per tempo notificato al Comune di Vibo Valentia – senza alcun errore – via Pec sia dall’ufficio gip/gup del Tribunale di Catanzaro e sia dagli avvocati degli imputati che hanno chiesto ed ottenuto il giudizio immediato. Regolari notifiche via Pec inviate sin dal mese di settembre a tutti i Comuni indicati quali parte offese, tanto che alcuni (come Limbadi, Pizzo, San Gregorio d’Ippona e Stefanaconi, oltre alla Provincia di Vibo ed alla Regione Calabria) erano ben presenti in aula con i rispettivi avvocati. Assente, ripetiamo, il Comune di Vibo e la data di inizio del giudizio immediato a Vibo (9 novembre) era stata ampiamente diffusa da tutta la stampa.
La revoca all’assessore Pacienza
Secondo la nostra ricostruzione, la figuraccia (perché di questo si tratta) non sarebbe andata giù al primo cittadino Maria Limardo a cui, evidentemente, qualcuno ha rifilato la giustificazione del “difetto di notifica della data di celebrazione del giudizio immediato a Vibo” che ha poi mandato agli organi di stampa con la nota inviata dalla sua segreteria e dal suo ufficio staff a suo nome. Doppio e clamoroso autogoal: uno perché – come già spiegato sopra – non vi era alcun ““difetto di notifica della data di celebrazione del giudizio immediato”, e secondo perché il sindaco Maria Limardo di professione fa proprio l’avvocato e certe cose – in punta di diritto – non si possono proprio sentire.
A farne le spese, l’assessore Gaetano Pacienza che – oltre alle deleghe al Commercio, alle attività produttive, alla pubblicità, al contenzioso – deteneva, guarda caso, anche la delega agli affari legali. “Venuto meno il rapporto fiduciario” ha messo nero su bianco il sindaco nel decreto di revoca da assessore nei confronti di Gaetano Pacienza. La revoca, secondo quanto scritto sempre da Maria Limardo, è finalizzata “a garantire la serena prosecuzione del mandato amministrativo”.
La spaccatura dell’asse politico Pitaro-Mangilavori-Limardo
In attesa di sapere se il sindaco chiederà spiegazioni sull’assenza del Comune di Vibo dalla prima udienza dell’immediato di Rinascita-Scott anche al legale dell’ente, ed in attesa di ulteriori eventuali provvedimenti del primo cittadino pure in tale direzione, restano i problemi politici sul tappeto. Problemi politici enormi che rischiano di avere anche risvolti giudiziari. Innanzitutto, Gaetano Pacienza era assessore espressione dell’attuale consigliere regionale Vito Pitaro, eletto a gennaio con il centrodestra (lista “Santelli presidente”) dopo anni di militanza nella sinistra (Rifondazione comunista, Comunisti italiani, socialisti e Pd), così come Pacienza che proveniva dalle fila del Pd. Il suo “defenestramento” pare abbia colto letteralmente di sorpresa Vito Pitaro ed i suoi fedelissimi del gruppo consiliare “Città Futura” che, insieme a Forza Italia (e quindi agli uomini del senatore Giuseppe Mangialavori), rappresenta la forza politica principale a sostegno dell’amministrazione comunale. Non bisogna dimenticare, fra l’altro, che il consigliere comunale Giuseppe Cutrullà (“Città Futura” ma trasvolato dal Pd) è inserito proprio nella Struttura speciale del consigliere regionale Vito Pitaro, mentre in giunta siede anche l’assessore ai Lavori pubblici Giovanni Russo, pure lui vicino a Vito Pitaro ed anche lui per una vita nel Pd per poi fare capolino nell’ottobre 2018 ai festeggiamenti a Tropea la notte dell’elezione a sindaco di Giovanni Macrì, espressione di Forza Italia, e poi divenire a giugno 2019 assessore comunale a Vibo nominato da Maria Limardo.
È chiaro, quindi, che – contrariamente a quanto messo nero su bianco dal sindaco Maria Limardo – il “defenestramento” di Gaetano Pacienza a tutto può portare tranne che ad una “serena prosecuzione del mandato amministrativo” della giunta Limardo. Perché c’è ora da aspettarsi le reazioni di Vito Pitaro e compagni (che dovranno anche assumersi le responsabilità politiche di alcune scelte non più gradite dal primo cittadino), ma soprattutto capire le intenzioni del senatore di Forza Italia Giuseppe Mangialavori, primo sponsor politico di Maria Limardo da lui fortemente voluta e sostenuta dopo aver mandato a casa l’amministrazione guidata da Elio Costa.
Pacienza già nel mirino?
A rileggere alcuni avvenimenti, però, la rottura del rapporto “fiduciario” fra il sindaco Limardo e l’assessore Gaetano Pacienza potrebbe essere iniziata già da tempo ed in tal senso altri settori di sua competenza – commercio e pubblicità in primis – potrebbero essere finiti sotto la “lente di ingrandimento” del primo cittadino. Di certo si tratta di settori che – al pari di molti altri – sono finiti all’attenzione della Guardia di Finanza.
I risvolti giudiziari
Nell’ottobre dello scorso anno, infatti, il Nucleo Operativo e il Nucleo Mobile della Guardia di finanza di Vibo Valentia – per come si evince dal decreto di acquisizione di atti notificato proprio al sindaco, Maria Limardo, ed ai dirigenti comunali Adriana Teti e Filippo Nesci – ha inviato alla Dda di Catanzaro una nota per l’acquisizione al Comune di Vibo di una voluminosa serie di documenti amministrativi. E’ bene ricordare che tale richiesta di copia di atti a “palazzo Luigi Razza” copre un arco temporale che arriva sino al 25 settembre 2019, cioè quando l’amministrazione guidata da Maria Limardo era già in carica da oltre quattro mesi. Proprio il 25 settembre dello scorso anno – si trattava di un mercoledì – la polizia municipale di Vibo Valentia procedeva ad un sequestro nei confronti dei venditori ambulanti di frutta, sprovvisti di autorizzazioni amministrative, che stazionavano su corso Umberto I.
La Guardia di finanza – è bene ricordarlo – ha chiesto l’acquisizione di copia di tutti gli atti amministrativi redatti in occasione di tale sequestro da agenti della polizia municipale. Ma non solo. Oltre a tutta la documentazione amministrativa e contabile inerente la gestione della pubblica illuminazione, affidata dal Comune alla ditta Ligeam, ed alla documentazione concernente tutti gli impianti pubblicitari sul territorio(autorizzazioni e dinieghi all’installazione compresi), la Guardia di Finanza ha chiesto pure la documentazione relativa all’assegnazione di aree pubbliche per manifestazioni varie. E non bisogna dimenticare che la Guardia di Finanza unitamente alla Dda di Catanzaro ipotizzano, nell’ambito dell’inchiesta sul Comune di Vibo Valentia, i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e illecita concorrenza con minaccia o violenza aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose.
Stando così le cose, è chiaro che – tralasciando il dissesto finanziario e i conti che non tornano con un disavanzo che rischia di arrivare ad oltre 60 milioni di euro – in una situazione del genere “defenestrare” in tale momento storico l’assessore Gaetano Pacienza a tutto porterà tranne che ad una “serena prosecuzione del mandato amministrativo” per come auspicato dal sindaco Limardo. E se da un lato, non a caso, si fa anche il nome di Maria Limardo quale “sponsorizzata” dal senatore azzurro Giuseppe Mangialavori per la candidatura alla guida della giunta regionale al posto di Jole Santelli (a neanche due anni dalla sua elezioni a sindaco di Vibo), dall’altro lato gli attori politici di questo “spettacolo” non riescono ad intravedere gli scenari futuri. O forse non vogliono. Eravamo stati facili profeti quando lo scorso anno avevamo scritto dell’autunno “caldo” dell’antimafia nel Vibonese. Ed infatti è poi arrivata la storica inchiesta Rinascita-Scott. Abbiamo sollevato in solitudine (ed inascoltati) il caso dei candidati indagati, “impresentabili” e vicini ad ambienti mafiosi (per come emerge dalle inchieste) alle elezioni amministrative del 2019 a Vibo Valentia. Ora i “nodi” – mai risolti – iniziano a venire al pettine.
Se da un lato, infatti, troviamo il consigliere regionale Vito Pitaro che, pur non essendo allo stato indagato, emerge nell’inchiesta “Rimpiazzo” per decine di telefonate intercettate con uno dei vertici del clan dei Piscopisani (Rosario Fiorillo, alias “Pulcino) ed il suo nome viene fatto anche dal nuovo collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena nell’inchiesta Rinascita-Scott, dall’altro lato il nome del senatore Giuseppe Mangialavori (anche lui allo stato non indagato) è riportato nel capo di imputazione di tre soggetti arrestati per mafia (fra cui l’ex consigliere comunale Francescantonio Tedesco a lui vicino politicamente) nella recente operazione “Imponimento” quale politico beneficiario dei voti da parte del clan Anello di Filadelfia in occasione delle politiche del 2018.
Stando così le cose, lo scenario che si apre dinanzi all’azione amministrativa del Comune di Vibo Valentia guidato da Maria Limardo non è difficile da immaginare e non lascia intravedere nulla di buono. Ma ad alcune latitudini assumersi le proprie responsabilità politiche (Giuseppe Mangialavori e Vito Pitaro in testa) non sembra essere impresa facile. Salvare le “poltrone” (o carriere politiche che dir si voglia) può venire prima di ogni cosa. Anche a costo di farsi davvero male e di “affondare” un’intera città cava