È un candidato vero, «di bandiera», ma potrebbe anche essere un pedone tra le dita di Giorgia Meloni, un pezzo della strategia avviata da Fratelli d'Italia nella scacchiera del centrodestra nazionale.

La candidatura a sindaco di Catanzaro di Filippo Pietropaolo potrà certo avanzare ancora fino a minacciare seriamente il cammino elettorale di Valerio Donato, l'aspirante primo cittadino alla guida di una strana coalizione civica che vede al suo interno due alfieri del centrodestra come Lega e Forza Italia. Eppure, non è da escludere che l'assessore della Giunta Occhiuto, al momento giusto, si faccia “mangiare” per il bene della strategia fratellista.

La partita

Oggi nessuno può dire come si evolverà la partita. Di sicuro Catanzaro non è un'isola, ma una parte della tavola di gioco su cui Meloni sta facendo le sue mosse: secondo alcuni per spingere Salvini e Berlusconi a scendere a patti, secondo altri per ribadire posizioni politiche precise e inconciliabili con la storia tutta a sinistra di Donato.

Il post quirinale

Le scorie post-Quirinale, di fatto, non sono state smaltite, tant'è che – dalla rielezione di Mattarella in avanti – i tre leader non si sono ancora incontrati per rinsaldare una storica alleanza mai come oggi traballante, incerta, per niente scontata.

Le amministrative del 12 giugno si avvicinano e il livello della tensione è sopra i livelli di guardia soprattutto in Sicilia, dove Lega e Fi hanno siglato accordi elettorali che escludono Fdi: sia a Palermo sia alla Regione Siciliana, che torna al voto in autunno.

La questione decisiva è proprio questa. Meloni vuole la riconferma del governatore uscente Nello Musumeci, osteggiato con forza dagli azzurri (Gianfranco Micciché su tutti) e dal Carroccio. Da qui la decisione della leader di Fdi di schierare la deputata Carolina Varchi contro il candidato sindaco di Palermo su cui puntano Salvini e Berlusconi, Francesco Cascio. Quella di Meloni sarebbe insomma una mossa del cavallo per favorire candidati unitari, nel capoluogo come a Palazzo d'Orleans. Altrimenti la rottura del centrodestra è uno scenario non del tutto improbabile, in Sicilia ma anche a Catanzaro e nel resto dei Comuni chiamati al voto.

Candidatura di bandiera

Questo non significa che la candidatura di Pietropaolo sia una finta per disorientare gli alleati/avversari, tutt'altro. Fonti qualificate di Fdi sottolineano invece che quella dell'assessore vada considerata come una candidatura «di bandiera», se non proprio «identitaria», nata su input dei vertici romani dopo il distacco da Donato. Pare infatti che lo stato maggiore di Meloni avesse inizialmente acconsentito ad appoggiare il docente universitario, prima di cambiare idea in seguito alle sue continue prese di distanza dal centrodestra.

«A un certo punto – raccontano fratellisti di primo piano – a Roma hanno deciso di cambiare strada, dal momento che Donato vuole i nostri voti senza però dare in cambio alcun riconoscimento politico». In questo senso, la frase «non salirei sul palco con Salvini», pronunciata dal candidato sindaco, oltre a scatenare la reazione indignata di via Bellerio, ha confermato tutti i timori di Fdi. Così oggi, assicurano i bene informati, il no a Donato «non è in discussione, indietro non si torna».

Fdi va dunque avanti con Pietropaolo, scelto dall'entourage di Meloni dopo il rifiuto del consigliere regionale Antonio Montuoro, a cui in un primo momento era stata proposta la candidatura.

La più che possibile discesa in campo dell'assessore regionale, tuttavia, crea non pochi problemi al centrodestra calabrese. «Rischiamo una crisi alla Regione, perché avremmo un componente della Giunta in campo contro il partito del presidente Occhiuto (Fi, ndr), nonché contro la coalizione che regge questa legislatura», spiega un big di Fdi.

Più d'uno, nel partito calabrese, attribuisce la responsabilità di questa impasse alla commissaria regionale, Wanda Ferro, che per mesi aveva rivendicato a Fdi la scelta del candidato sindaco senza poi avanzare nomi realmente spendibili al tavolo del centrodestra. «Se avessimo fatto una proposta condivisibile – commentano –, ora non ci troveremmo in questa situazione».

L'altro scenario

Esiste uno scenario alternativo. I leader del centrodestra si incontrano, suggellano la pace e propongono nomi unitari per le Comunali e, magari, anche per le Regionali e le Politiche del 2023. A quel punto, perfino la candidatura di Donato potrebbe essere rimessa in discussione, perché «il no di Giorgia nei suoi confronti – ripetono i meloniani – è definitivo».

Ma se è vero che in Italia non c'è nulla di più definitivo del provvisorio, non è detto che la tattica locale non cambi per salvaguardare l'unità del centrodestra. Per ora l'unica certezza è che tutti i pezzi sono sulla scacchiera, in attesa delle prossime mosse.