Giovane, ex consigliere comunale e perennemente animato da una grande passione politica. “Vizio di famiglia”, considerato come a trasmettergliela sia stato il padre Valerio. Che ancora oggi, pur a tanti anni dalla prematura scomparsa, sono in parecchi a ricordare con stima e affetto. Il riferimento è a Roberto Rizza, che se in passato avesse voluto avrebbe potuto trarre indubbio vantaggio da una serie di positive congiunture nel contesto politico locale. Ma niente. Perché pare affetto dalla rara sindrome della coerenza e, a differenza di molti suoi “colleghi”, anche da quella del lavoratore vero, ovvero allergico a posti in strutture et similia. Un atteggiamento che gli è valso la positiva considerazione di quanti hanno deciso di intraprendere un percorso con lui e di chi, pur non aderendo al progetto, sono comunque portati a guardarlo con attenzione e simpatia. In particolare, nel vederlo animato dalla voglia di (ri)chiamare a raccolta la società civile in un polo civico in vista delle amministrative del 2022. E a sentirlo, la nostra ipotesi - formulata più volte negli articoli dedicati al voto del 2022 in cima ai Tre Colli - di un centrosinistra in pole anche in ragione di un centrodestra compiacente non soltanto si rafforza quanto si amplia.

«Non è affatto necessario che vi sia un accordo formale fra i due schieramenti, di cui peraltro è arrivata voce anche a me, per la verità, ma – ci spiega lo stesso Rizza – del quale non ho contezza in modo diretto. Però, mi permetta di puntualizzare che non è il punto chiave della discussione. Che in realtà, almeno a mio avviso, è un altro. Mi riferisco al fatto che, anche in ottica della formazione dei collegi per la Camera e il Senato, una Catanzaro debole, soprattutto all’interno del fronte capace di vincere quasi tutte le elezioni negli ultimi dieci anni, può essere “commissariata” dai dirigenti regionali dei partiti appartenenti a realtà territoriali diverse. Penso a Reggio e Cosenza, ma non solo, dove da ora in avanti non dovranno più confrontarsi con interlocutori “pienamente legittimati”. Si tratta di quei rappresentanti del capoluogo di regione – aggiunge – a cui adesso si possono pertanto imporre con estrema facilità scelte prese altrove e chiaramente convenienti per chi le assume. In senso generale, non un buon affare per noi, dunque».

Ma se il suo ragionamento è esatto, tutto questo dove ci porta?

«Riguardo alle Comunali, forse al superamento di una discesa in campo dei partiti tradizionali. Che, invece, tramite alcune figure locali di peso come, ad esempio, il neopresidente del consiglio regionale Filippo Mancuso e il membro dell'assemblea di Palazzo Campanella Antonio Montuoro possono formare delle liste».

È per caso il motivo per cui lei, pur essendo legato alla destra, sta ragionando sulla costituzione di un terzo polo, anche con gente che sta da un'altra parte?

«Che sia terzo, quarto, quinto (risponde ironizzando un po’, ndr), non importa. Rileva, e tanto, che invece ruoti intorno alla società civile e a persone perbene e autenticamente libere. A tal proposito faccio di nuovo due nomi: Nunzio Belcaro (attualmente consigliere comunale di Cambiavento, ndr) e Antonio Giglio (già capogruppo del Psi a Palazzo De Nobili e in passato anche attivista dello stesso Cambiavento, ndr), che pur essendo di sinistra e dunque non certo affini alla mia storia io vorrei subito insieme a me».

D’accordo, in linea teorica è stato chiarissimo, come al solito. Ma sarebbe ancor più interessante sapere se - secondo lei - lo spazio in concreto per un progetto centrista o, per essere più precisi avendola ascoltata finora, alternativo a quello delle coalizioni strafavorite della vigilia c’è, ha delle chance di successo oppure viene teorizzato solo per poi poter rivendicare una sorta di diritto di cittadinanza?

«Certo che esiste e ha pure le carte in regola per essere elettoralmente competitivo. Non fosse altro perché da qui a un paio di mesi, ovvero quando in tanti non troveranno l'attesa collocazione nei due poli principali, o ne saranno addirittura emarginati, inizieranno a costruirsi un percorso differente. Peccato però che dal mio punto di vista, e di quanti stanno insieme a me, non deve essere il grande contenitore dei delusi e dei “fuoriusciti”, desiderosi di riciclarsi, la meta ambita. Se la prospettiva è questa, per noi è assai meglio perdere. E la ragione è perfino banale: così non si cambia. Niente. Si fa semmai un maquillage che va benissimo nell’ottica di chi fa politica per sistemarsi sul piano personale e dare qualcosa a chi gli è vicino. Ma la città non migliora di una virgola e noi, che grazie al cielo non siamo a caccia di posti e prebende per tirare avanti, falliremmo la nostra mission. Sarebbe insomma al massimo un’eventuale affermazione personale, o di gruppo, tuttavia del tutto inutile ai fini della difficile battaglia di autentico rinnovamento e rafforzamento di Catanzaro che vogliamo combattere scevri da interessi di parte».

Suvvia, allora, ci sveli l’ultima verità: il suo candidato a sindaco ideale.

«Sa bene anche lei che ne ho in mente uno, dal mio punto di vista perfetto per un ruolo tanto complicato. Ma parlarne adesso sarebbe assolutamente prematuro e, quel che è peggio, controproducente per lui. Che sarebbe immediatamente fatto oggetto di tentativi di delegittimazione. Un clamoroso autogol, in sostanza, e non un atto di sincerità, quindi, come mi chiede lei».