Ci sono quelli che contano e quelli che vorrebbero contare qualcosa. Si dividono in faraoni, falene e boiardi regionali. Ecco come riconoscerli
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Tentare di descrivere la classe politica calabrese? Impossibile.
Ipotizzare alleanze, indirizzi, prospettive? Praterie di incertezze, misteri gloriosi, abissi insondabili.
Individuare un tratto distintivo che li faccia riconoscere? Quello si può fare: basta osservarli in trasferta, che sia a Roma o Bruxelles. Qui, il politico calabrese si divide in due insiemi.
Gruppo A: il nucleo ristretto di quelli che contano.
Gruppo B: l’esercito di quelli che non contano niente, quelli che contavano-ma-non-più, e quelli che stanno-per-contare-ma-ancora-non. A distinguerli, è il movimento. Più sono importanti, più sono immobili. E le ragioni, sono antiche.
La Cittadella è il Billionaire della politica calabrese
La Cittadella regionale, ca va sans dire, è il privee della politica calabrese. Fai una fila eterna, ci entri a fatica, ci stai per poco, ti riconoscono solo se sei qualcuno. Germaneto è il Billionaire dell’amministratore calabro. Lì, si decidono fortune e sfortune, vincitori e vinti, chi sale e chi scende. E lì, vige la regola non scritta di tutte le corti d’Europa. Quella secondo la quale il Re, il Papa, il Faraone non si muove.
Gruppo A, o del Faraone
In trasferta, il politico potente è immobile. Ieratico. Bizantino. Pantocrator. Si esprime a monosillabi con gli estranei, a cenni con i suoi. Siede per ore, assiso e siderale. È circondato da un nugolo di addetti stampa, portaborse, lacchè, lustrascarpe, fac totum, autisti (i più potenti di tutti), che si muovono in sciami seguendone il magnetismo, quello che la Natura ha donato al Caro Leader e alle api regine. Il Faraone, il potente calabrese, è nascosto ai più. È diviso dal resto del mondo da uno “stargate” di sette uffici, sette porte, sette segretari, ed altrettante anticamere. Regna sulle sue terre da distanze siderali. Incarna il potere con sacralità arcaica, sconosciuta agli omologhi di diversa latitudine.
Il gruppo B: la Falena
Il pesce piccolo è, al contrario, una falena impazzita. È in missione per conto di Dio, deve penetrare la cortina di ferro del politico A. Quando ci riesce, gli altri lo scrutano con dispetto e profonda invidia. Quando non ci riesce, si agita, si sbatte, si muove con le stesse teorie geometriche di mosche e falene: da A a B, da B a C, da C a D e nuovamente da D ad A, solcando corridoi con disperata vitalità. Si incunea, si intrufola, si piega. Macina chilometri di corridoi, sale milioni di scale, tira decine di giacche, cercando di conquistare visibilità e consistenza politica. Un lavoraccio, dal quale ogni volta torna distrutto, anche per colpa del sovrappeso.
Il sottoinsieme C: la platea
A questi due gruppi si aggiunge il sottoinsieme C. Vi militano i privilegiati aldilà del bene e del male: i dirigenti. Vicini ai politici per le convergenze parallele della cosa pubblica, sono la loro platea. Non sono i soggetti a scadenza elettorale: sono gli abbonati col posto in prima fila. Hanno in tasca la carta oro vitalizia che ne decreta l’accesso perenne a trasferte più o meno fantasiose. Sono i veri artefici delle iniziative di promozione dalla Tanzania ai mondiali di calcio, passando per il festival dei due Mondi di Spoleto. E li riconosci per tre caratteristiche.
1. Osservano il teatrino politico con l’ironia del capitano di lungo corso
2. Sostano ai margini del potere in gruppetti da tre
3. Tornano sempre a casa dalle missioni con le borse dello shopping.
Monica La Torre