Filorusso, ultraconservatore, cattolico tradizionalista e avverso al multiculturalismo. La carta d’identità del nuovo presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana, è ricca di “segni particolari”. Fedelissimo di Matteo Salvini, che nel 2018 firmò anche la prefazione al suo libro (“La culla vuota della civiltà. All'origine della crisi”, scritto a quattro mani con Ettore Gotti Tedeschi), Fontana ha molte certezze e pochi dubbi.

La sinossi del suo libro è molto esplicativa in questo senso: «Il destino degli italiani rischia di essere l'estinzione. Complici le politiche poco lungimiranti degli ultimi anni, e la precisa scelta di colmare il gap demografico con i flussi migratori». Non a caso tra il 2018 e il 2019 è stato ministro per la Famiglia e le Disabilità del primo governo Conte. Poi, per poco meno di due mesi, ministro degli affari Europei.

Nato a Verona nel 1980, è responsabile esteri della Lega dal 2016 ed è stato eurodeputato dal 2009 al 2018. Grande tifoso gialloblù, laureato in Scienze politiche, Filosofia e Storia, è considerato l'esponente di punta dell'ala dura del Carroccio. Ha messo in primo piano nella sua attività politica la sua fede cattolica, in prima fila contro l'aborto, le unioni civili, condannando la cosiddetta teoria gender, e schierandosi contro il matrimonio gay.

La difesa delle radici cristiane dell'Europa è un altro suo chiodo fisso. Quasi ogni giorno posta su Twitter il santo del giorno con tanto di foto, miracoli, opere e omissioni. Il 7 ottobre, sempre sui social, ha celebrato l'anniversario della battaglia di Lepanto, che nel 1571 vide le potenze cristiane dell’epoca, federate sotto le insegne pontificie, opporsi con successo all’invasione ottomana dell’Europa scongiurando così l’islamizzazione del Continente.

Ma oggi, a causa del complesso contesto geopolitico, l’aspetto più divisivo del suo pensiero è soprattutto nella vicinanza politica che ha sempre espresso nei confronti di Vladimir Putin. «Ho visto nel risveglio putiniano - ha detto in passato - una luce anche per noi occidentali, che viviamo la grande crisi dei valori, immersi come siamo in una società dominata culturalmente dal relativismo etico».

Nel 2014 partecipò come osservatore internazionale al referendum in Crimea che sancì l'ingresso nella Federazione russa della penisola contesa con l'Ucraina. In quell’occasione esaltò l’annessione («Il popolo della Crimea sente di essere tornato alla casa madre») e criticò la condanna espressa dall’Unione europea. D’altronde, convinto europeista non lo è mai stato, essendosi schierato anche a favore della Brexit.