Nel centrodestra cittadino ci si organizza per sopperire alla mancanza di competitività delle prossime Amministrative. Così sono in tanti quelli che cercano di essere eletti nell'ente intermedio
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Domani, a Catanzaro, si vota per il rinnovo del solo consiglio dell’ente intermedio (la presidenza resterà a Sergio Abramo fino alla decadenza per la perdita della carica di sindaco, fra circa sei mesi) e, anche se non sembra, nel centrodestra si sgomita per una postazione.
Ma perché la competizione - soprattutto in questa coalizione - ha assunto tale rilievo, non assegnando incarichi retribuiti e meno ancora posti di potere effettivo dal momento che rappresenta un’elezione di secondo grado (con elettori ed eletti amministratori in carica dei vari Comuni della provincia)? Semplice: per alcuni vincere in prima persona o tirare la volata a uno o più “protetti” significa acquisire delle fiches da giocarsi poi al tavolo degli accordi per la vera partita della prossima primavera, le Amministrative, in cui il centrodestra è messo male (eufemismo!) dovendo per la prima volta dopo oltre un decennio ragionare su come limitare i danni e garantire un “posto al sole” a pochissimi fortunati da sistemare bene a ogni costo.
È la ragione per cui - lo ribadiamo - una tornata che assegna seggi in un ente in cui a decidere tutto o quasi è il presidente ha assunto grande importanza in considerazione della delicata fase che si sta vivendo in ambito locale. In particolare nel capoluogo, dove l’evidente perdita di potere di vari maggiorenti ha lasciato “orfani” tanti aventi causa. Gente ritrovatasi improvvisamente senza più un incarico, con relativo cospicuo emolumento, che adesso ha dunque l’impellenza di ricollocarsi per non perdere la propria unica fonte di reddito.
In caso di molto probabile sconfitta, allo stato almeno, non ci sarà infatti spazio per le consuete distribuzioni di ruoli di governo e sottogoverno o per le altrettanto rituali gratificazioni ai manager amici a cui affidare mansioni apicali nelle partecipate e così via. Brutto affare, dunque, a cui sembra si stia cercando di ovviare con vari accordi, anche e in particolare fra diversi schieramenti, per portare avanti progetti che - diciamo così - esulano dal campo politico. Soprattutto in settori come Urbanistica e Sanità.
In merito basti considerare, solo per citare i maggiori esempi, i temi chiave del Piano strutturale comunale (Psc) o dell’integrazione fra aziende ospedaliere (la Pugliese-Ciaccio e la Mater Domini) per cui pare che qualche figura istituzionale adesso in auge stia flirtando con uno o più trombati eccellenti (definizione che si dà a chi non viene rieletto in un consesso, pur partendo in pole) al fine di favorire determinati passaggi della complessa operazione. Un modo per rendere meno amaro, anzi persino fisiologico e quindi indolore, il passaggio a vuoto nelle urne a metà 2022. Un’occasione in cui stavolta in cima ai Tre Colli è, contrariamente al solito, strafavorito il centrosinistra con il suo sindaco in pectore Nicola Fiorita.
In tutto questo marasma, fatto di mosse e contromosse palesi e sottotraccia, c’è però chi ancora rispolvera, proprio alla vigilia delle Provinciali, il vecchio caro argomento della catanzaresità perduta. Perché, anche nella circostanza in realtà, il capoluogo appare in grosso affanno. E in proposito qualcuno, anche dall’interno, fa notare l’asserita scelta dei vertici locali di Fdi di appoggiare Francesco Fragomele di Stalettì così come è lo stesso candidato Sergio Costanzo, tornato alla casa madre dopo qualche anno di vicinanza al Pd e dintorni, a sollevare la questione di una città che rischia per l’ennesima tornata di un certo rilievo di risultare non adeguatamente rappresentata. Ecco il motivo per cui, c’è chi si accredita quale prescelto per concorrere alla carica di primo cittadino del capoluogo al fine di lucrare un “voticello” dai colleghi e chi invece prefigura la presidenza del sindaco lametino Paolo Mascaro dopo l’inevitabile uscita di scena di Abramo.