L'uscita dalla giunta Abramo viene giustificata da alcuni dal presunto scarso peso elettorale del professionista in vista delle Regionali. Una tesi funzionale alle ambizioni di altri
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Polveriera centrodestra a Catanzaro (situazione analoga nel centrosinistra) dove l’ultima notizia è un… pettegolezzo. E già, perché dall’aria che si respira a tenere banco è la guerra per la successione di Sergio Abramo. Che per quanto lo riguarda lascerà una maggioranza a brandelli, pur non volendolo, quasi esclamando sornione: «Dopo di me, il diluvio!».
Questo poiché nessuno vuol dare via libera all’attuale presidente del Consiglio Marco Polimeni, tranne i “suoi” che comunque non sono pochi e privi di potere. Al di là di tutto, Polimeni seguita intanto a sognare la poltrona a fianco (o sopra) alla sua, a seconda della disposizione in Aula, dove accomodarsi in barba a tutti i possibili scenari alternativi. E chissà non la spunti. Ma senza trovare tappeti rossi ad accoglierlo, considerato come ci sia un importante pezzo della coalizione a cui l’ambizioso esponente aielliano non piace. Neppure un po’. Da qui la soluzione Alessio Sculco, molto meno divisiva, pur se con un candidato non “mediatico” e avvezzo alla frequentazione della stanza dei bottoni a differenza del competitor.
Comunque sia, il profilo sculchiano è quello di un professionista serio, disponibile al dialogo, e quindi parecchio benvoluto. Ma soprattutto nient’affatto criticato come assessore alle Attività produttive (carica da cui si è dimesso a inizio settimana). E il suo nome, che abbiamo visto essere credibile e degno di considerazione nella trattativa per decidere a chi affidare il testimone per il post-Abramo, è tuttavia diventato oggetto di un pettegolezzo di cui nessuno si attribuisce per ora la paternità. La diceria, forse non del tutto infondata, è questa: «Bisognerebbe spiegare il motivo per cui qualcuno pensa a promuovere Sculco, dopo averlo bocciato ed estromesso dalla Giunta?». Domanda legittima, anche se evidentemente strumentale e utile a quanti la pongono.
Sì, proprio così, dal momento che - parliamoci chiaro - la motivazione addotta dal diretto interessato per giustificare la fuoriuscita dall’esecutivo abramiano «impegni professionali» non ha convinto. Nessuno. Nemmeno un istante. La verità, infatti, è che forse, anzi senza il forse, come accade nei periodi preelettorali si iniziano a fare calcoli in termini di voti da portare ai vari “mulini”, e Sculco non ne avrebbe abbastanza, in vista delle Regionali, da rendere conveniente in termini elettorali la sua permanenza nell'Esecutivo. Almeno questo è ciò che viene ventilato da chi ha messo in giro la voce.
Una partita, quella per un posto al sole a Palazzo Campanella e alla Cittadella, che ha peraltro letteralmente vampirizzato l’attività e il livello d’attenzione sul Comune da circa tre anni.