Più di qualcuno nel Pd cittadino e provinciale di Catanzaro, e fra gli alleati, fa il pesce in barile, soprattutto dopo che sembra aver avuto da noi la “verità rivelata” ovvero la necessità di costruire un’asse di ferro con il Movimento Cinque Stelle. Un accordo utile non solo nella faccenda - pur nient’affatto marginale - del sindaco del capoluogo, bensì per un altro obiettivo. E ben più importante per la dirigenza locale Dem che lamenta - non a torto - la mancanza di un parlamentare e persino di un consigliere regionale dei Tre Colli, considerato come tanto il deputato Antonio Viscomi quanto il membro dell’assise di Palazzo Campanella Ernesto Alecci, sebbene molto legati alla realtà catanzarese, siano rispettivamente del vibonese e di Soverato.

I vertici territoriali del partito hanno tessuto, e dunque seguiteranno a intrecciare, l’alleanza con i pentastellati in un’ottica fondamentale: il risultato di vincere nell’uninominale alla Camera. E tanto per gradire, a dirlo a chiare lettere a chi di dovere è stato un certo Enrico Letta. Che, peraltro, proprio con questo modus operandi è riuscito a tornare a Montecitorio, spuntandola nelle suppletive di Siena, facendo anche diversi compromessi sul piano politico pur di non rinunciare al sostegno dell’M5S e persino di Italia Viva di quel Matteo Renzi da cui fu mandato a casa dalla presidenza del Consiglio dopo l’ormai arcinoto e quasi beffardo: «Enrico stai sereno!».

Ecco allora che in una regione e una città in cui il Pd è ancora debole sotto il profilo elettorale, il ragionamento principale in vista della prima scadenza elettorale, appunto quella per le Amministrative del capoluogo, non può non essere che con i grillini. Un imperativo categorico per motivi di mero calcolo percentuale in ottica futura, nemmeno una strategia di particolare finezza. Fatto che sanno i più avveduti esponenti dei vari “cespugli e cespuglietti” da cui è composta la coalizione denominata con una scaltra operazione di marketing politico: Nuovo Centrosinistra. Un fronte in cui, al momento, si sta tentando di mettere dentro tutti coloro i quali, dal prof Nicola Fiorita con il suo Cambiavento a Luigi de Magistris alla testa di Dema, che possono portare i “voti veri” (leggasi tanti). Soggetti in grado di intercettare il gradimento popolare, ma che a differenza dei 5Stelle non servono a costruire qualcosa di respiro nazionale.

Perché la realtà è questa: oltre ai capofila Dem (come ovvio), ai grillini, ai fioritiani e al gruppo Dema, gli altri servono soltanto a far numero con il ruolo di figuranti o poco più in attesa, dopo il contributo apportato, di ricevere una “fetta di torta” (leggasi incarichi legittimi, per carità). Nessuno, quindi, si illuda, salvo non sia o voglia apparire uno sprovveduto, che nello schieramento di sinistra ci possano essere equilibri diversi o ragionamenti finalizzati a escludere la vicenda delle Comunali come fosse una monade. Un errore che in passato è stato già fatto ed è costato caro.

C’è semmai unicamente un problema di equilibri, che si profila all’orizzonte, poiché in un gruppo troppo eterogeneo il rischio che salti il tappo c’è sempre. Così come quello di non riuscire ad accontentare le aspettative, legittime o meno che siano, della totalità degli aventi causa. In particolare di quanti stanno già iniziando a “collocarsi sul mercato” nella spasmodica aspettativa di capire se il centrodestra fungerà davvero da paggetto degli avversari di sempre o proverà invece a giocarsela. Cosa che allo stato non sembra in verità.