I soliti rumors accreditano la tesi di un centrodestra che non sarebbe intenzionato a fare la guerra ai suoi avversari spianando la strada a una vittoria "concordata" del centrosinistra. Unica variabile, il Centro che però corre il rischio di nascere azzoppato
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Catanzaro, nessuno ancora lo dice apertamente ma in città si sente spirare il vento dell'accorduni fra acerrimi rivali (solo sulla carta, però) in vista delle Comunali 2022. Soprattutto dopo l’intesa sul voto (incrociato nel caso di specie fra i due principali schieramenti) per l’elezione del neopresidente leghista del Consiglio regionale Filippo Mancuso a cui ha subito fatto riscontro quello - sempre favorevole in modo bipartisan - per il nuovo segretario questore, il Dem debuttante a Palazzo Campanella, Ernesto Alecci.
Normale prassi di inizio legislatura per un corretto ed equilibrato funzionamento dell'assemblea, il commento pur ufficioso fatto di fronte a qualche perplessità emersa sui social anche da parte di taluni addetti ai lavori. Uno stupore liquidato alla stregua di una fantasiosa lettura da parte dei soliti… retroscenisti. Ma il tema dell'accordo trasversale, a livello locale, fra le maggiori coalizioni del Paese, che del resto a Roma stanno insieme e non è detto soltanto in maniera contingente, continua ad aleggiare. Eccome, considerato che “alcuni conti” non tornano ormai da un po’.
E già, perché se si vuol partire dal recente passato per ricavare indizi in tal senso, basta far caso a un centrodestra “pigliatutto” alle Regionali che invece sin dal ballottaggio per il vertice dell’amministrazione comunale di Cosenza è sembrato avere la pancia piena. Un po’ troppo per affrontare al meglio la complessa, ma di certo pienamente alla sua portata, partita delle Amministrative.
Una competizione serrata in cui, tanto in riva al Crati a metà ottobre scorso quanto in cima ai Tre Colli fra circa sei mesi, Forza Italia con accanto meloniani, salviniani e alleati vari, non ha dato - e non sembra dare tuttora - la sensazione di voler mettere in campo tutte le risorse migliori per vincere. E la riprova a questo assunto sta nel fatto che, dopo la per certi versi clamorosa sconfitta in terra brutia con gli stessi fratelli Occhiuto (rappresentati dal loro fedelissimo, Francesco Caruso) prima in grado di coagulare un consenso plebiscitario per la guida della Regione salvo poi essere “beffati” al secondo turno nel Comune in cui erano al timone da tempo immemore. Dato quantomeno strano, che è forse fin troppo semplicistico liquidare con il fatto di essere di fronte a due elezioni molto diverse. Che, per inciso, è anche vero come direbbe monsieur de La Palice. Ma nel caso specifico fino a un certo punto, considerate determinate condizioni. Su tutte: la contemporaneità delle consultazioni rispetto a cui era difficile ipotizzare esiti tanto differenti.
Al di là di ogni considerazione sul passato, però, è doveroso concentrarsi sull’immediato futuro, che ci riporta dunque a Catanzaro. Città in cui c’è un unico fattore che potrebbe scompaginare i piani: l’ancora fantomatico Grande Centro. O Piccolo, come sostiene chi vuol minimizzarne le proporzioni e delimitarne l’impatto su uno scenario politico che, come premesso, per grandi linee si va componendo. Ma, sul punto, tutto è ancora in divenire, perché c’è più di un big ormai fuori gioco nel nuovo assetto di potere. Senza contare chi è a caccia di rivalsa, magari essendo stato escluso dal giro importante con una manovra di palazzo. Gente che però ha un problema. E pure grosso: difficilmente potrà stare insieme, condividendo un progetto di governo della città, diciamo così alternativo. Ecco allora che, con un’ulteriore possibile frammentazione, si andrebbe in modo inevitabile incontro a un risultato finale che forse però nelle alte sfere è già stato deciso.