La situazione in cui versa Catanzaro in prossimità delle elezioni, si fa per dire mancando ancora circa 6 mesi al fatidico appuntamento con le Comunali, per chi è in grado di leggerla o la conosce, è fin troppo sgamata (pessimo verbo gergale, o aggettivo a seconda dell’uso che se ne fa, ma nell’occasione davvero calzante).
L’intento manifesto di chi rappresenta gli schieramenti tradizionali, pur se inconfessato e inconfessabile, è infatti quello di stringere una sorta di “patto segreto” fra appunto il centrosinistra (al netto degli oppositori interni) e il centrodestra (senza i tanti malpancisti della coalizione, pronti a far… fagotto imboccando strade diverse) o quantomeno di adoperarsi in forma congiunta, fino al limite dell’accettabile, affinché si raggiunga l’obiettivo condiviso.

Quale? Far sì che si concretizzi la sfida fra due candidati a sindaco - aspiranti di lungo corso alla successione del fin qui immarcescibile Sergio Abramo, suo malgrado fuori concorso solo in virtù della legge sul limite dei mandati consecutivi da lui raggiunto - quali Nicola Fiorita da una parte e Marco Polimeni dall’altra. Che - non è un mistero - incarnano il volto della politica in voga, dialogante e spesso improntata a una contrapposizione soft. In punta di fioretto.

Prassi che, di conseguenza, non contempla colpi sotto la cintura fra contendenti, al contrario ammettendo la possibilità d’intendersi al volo quando serve. Senza contare come, in particolare Fiorita (è ovviamente una considerazione, ma da noi espressa già negli anni scorsi), abbia sovente dato l’impressione di non gradire (eufemismo!), e anche di temere, altri rappresentanti, e le loro emanazioni, nello schieramento rivale.

Un tratto distintivo, sempre secondo questa interpretazione, che curiosamente lo accomuna a Polimeni. Parecchio più propenso a strizzare l’occhio a determinati avversari che non a taluni alleati di vecchia data, ormai peraltro ex diciamo, molto ingombranti e poco affini al modus operandi dello stesso presidente della civica assise. Il mosaico fin qui descritto vanta dunque ottime premesse, e buone chance, di trovare una definitiva composizione con oltretutto il conforto dei rispettivi sostenitori e - più in generale - della nota mentalità catanzarese che, non soltanto in politica, propugna gli accordi trasversali in ossequio al tanto apprezzato quieto vivere dopo il caratteristico… doppio bacio.

Tutto a posto, allora? Non proprio. Perché come premesso tanto a sinistra quanto a destra, passando pure per il centro, c’è chi almeno al momento non è disposto ad assistere, senza poter toccar palla, a questo minuetto di una partita all’insegna del fair play o, se preferite, del «vinca il migliore». E si tratta di quanti, magari strumentalmente rispetto ai propri interessi per carità, li giudicano entrambi inadeguati a guidare il capoluogo o, più semplicemente, non li hanno in simpatia.

Il riferimento è a pezzi di peso considerevole dei citati principali fronti politici, cittadini e non solo, che nel capoluogo stanno lavorando alla strutturazione di differenti progetti di governo. Prima fra tutti, la “mozione” Valerio Donato. Il quale ha per ora strategicamente spiegato la decisione di scendere in campo nella competizione per il vertice di Palazzo De Nobili (volontà sotto diversi aspetti sorprendente, e parecchio, considerato il profilo di un uomo molto integrato nel partito di appartenenza, il Pd, e quindi finora mai in contrasto con la sua disciplina) come una scelta di natura quasi esclusivamente personale.

Versione dei fatti che non è però affatto persuasiva, poiché si sta parlando di un professionista così stimato in ogni ambiente della città da essere stato più volte compulsato da figure assai autorevoli e influenti, nel passato recente e remoto, affinché compisse proprio un passo del genere. Reiterati inviti che, tuttavia, il diretto interessato aveva finora sempre declinato. Seppur con il consueto garbo che lo contraddistingue. Al di là dell’ordinario dell’Umg, che anche confrontandosi con tutti ha risposto un secco «arrivederci e grazie» a una serie di critici sia del collega Fiorita sia di Polimeni da cui era stato avvicinato, si profila però all’orizzonte una quarta, e forse persino un’inedita quinta, via (appunto battuta da coloro a cui Donato ha chiuso la porta, pur con stile) con tanto di sondaggio esplorativo sulla disponibilità di una donna di alto profilo, forte anche della pregressa esperienza di pubblico amministratore.

Accanto a lei, ecco profilarsi all’orizzonte un’altra alternativa civica a Polimeni nel centrodestra con l’ala scissionista che avrebbe individuato il “suo Donato” (paragone per nulla sminuente, anzi): l’insigne pediatra Giuseppe Raiola, che al pari dell’indipendente di sinistra in lizza manderebbe a monte accorduni e intese sottobanco. E che a riguardo si è definito «lusingato per l’attenzione ricevuta», mettendo al primo posto «la continuazione del servizio offerto alla comunità in un periodo di crisi che accelera disagio e disparità sociali».