La deputata del Movimento 5 Stelle Elisabetta Barbuto ha presentato un’interrogazione parlamentare sulla «vicenda della caserma di Cutro che avrebbe dovuto ospitare un reggimento di fanteria dell’Esercito in virtù di un Accordo Quadro del 2000 che integrava un protocollo d’intesa del 1998». La struttura però non è mai entrata in funzione e, nel corso di una riunione del Collegio di Vigilanza svoltasi lo scorso febbraio, è emerso che il ministero della Difesa non ha più necessità di utilizzarla. Il commissario prefettizio del Comune di Cutro, Domenico Mannino, ha però chiesto che lo Stato «si impegni al fine del rinvenimento, per l’area a suo tempo messa a disposizione dal Comune di Cutro, di possibili, equivalenti soluzioni alternative a quella originariamente prevista e che siano suscettibili di analoghe potenzialità di sviluppo per il territorio».

L'interrogazione parlamentare

Attraverso l’interrogazione, dunque, Barbuto ha chiesto al ministero della Difesa ed al ministero dell’Interno quali iniziative «si intendano adottare al fine di dare agli stessi immobili una concreta e proficua finalità di utilizzo, consentendo altresì di ottimizzare le risorse finanziarie già impegnate senza frustrarne definitivamente la destinazione individuata inizialmente e, contestualmente, dare un segnale forte della presenza dello Stato sul territorio riaffermando i principi di legalità e di sicurezza».

La deputata sottolinea come «la vicenda abbia dell’incredibile ove solo si ponga mente al fatto che per realizzare parte del corpo di fabbrica destinato a caserma e precisamente gli alloggi, tuttora sorvegliati dall’esercito sebbene mai utilizzati e abbandonati da oltre un decennio al degrado del tempo, siano state spese somme rilevanti da parte dello Stato, ma anche dal Comune di Cutro che, nel frattempo, ha provveduto ad espropriare un’area di 80 ettari per la realizzazione dell’opera e ha eseguito una variante al PRG, spendendo oltre 4 milioni di euro per le opere di urbanizzazione».

«Pur prendendo atto, sia pure con sconcerto, delle dichiarazioni del Generale Gambardella in merito al fatto che la Difesa non abbia più interesse all’opera suddetta e – prosegue la parlamentare - non sia più competente ad individuare le modalità di utilizzo degli immobili, condivido quanto evidenziato dal Commissario straordinario del Comune di Cutro, Domenico Mannino, che ha correttamente sottolineato che il Collegio di Vigilanza, appositamente costituito per l’adempimento degli accordi, non ha il potere di chiudere l’Accordo di Programma, come richiesto, né, tantomeno, che sia possibile un recesso unilaterale da parte del Ministero della Difesa».

L'ipotesi di trasferire a Cutro la Scuola di polizia di Vibo

Da indiscrezioni di stampa, nei giorni scorsi, era inoltre emerso che Mannino – sebbene non risulti dalla documentazione ufficiale - avrebbe avanzato la proposta di trasferire a Cutro la Scuola per Allievi Agenti della Polizia di Stato di Vibo Valentia. Il commissario prefettizio ha smentito di aver messo sul tavolo questa idea, che comunque trova d’accordo la parlamentare.

«Ritengo giusta la richiesta di un impegno a realizzare opere equivalenti in termini di benefici per la comunità che – sostiene infatti Barbuto - la realizzazione della cittadella militare avrebbe comportato, ma ancora più corrette e supportate da evidenti motivi mi sembrano sia la proposta di trasferire a Cutro la Scuola per Allievi Agenti della Polizia di Stato attualmente ubicata in Vibo Valentia in una sede per cui lo Stato paga un fitto oneroso, sia la proposta di mettere gli alloggi a disposizione dell’esercito e delle Forze dell’Ordine operanti sul territorio. Entrambe le soluzioni, infatti, comporterebbero non solo un contributo per il rilancio dell’economia del comprensorio, ma anche l’utilizzazione di risorse già spese e che altrimenti andrebbero sprecate, nonché il risparmio di spese fisse che gravano sulla collettività e, cosa più importante, ad infondere nella popolazione maggiore serenità grazie alla costante presenza dello Stato».

«Purtroppo – conclude la deputata - devo constatare che questa vicenda non può che ricordarci ancora una volta, quante cattedrali nel deserto vi siano in Calabria. Il più delle volte pensate e, magari, realizzate con ottimi intenti e finalità, ma che, in conclusione, si rivelano solo uno spreco di denaro a carico della collettività con successiva rincorsa a trovare soluzioni postume che diano alle stesse un senso tangibile alla loro esistenza».