di Alessia Bausone*
Non me ne voglia il coordinatore regionale del M5s Paolo Parentela, ma il responsabile nazionale del mezzogiorno della segreteria Zingaretti, Nicola Oddati, ha perfettamente ragione a prendersela con lui per aver detto che al Pd calabrese serve una “bonifica”.

Secondo l’ex assessore di Rosa Russo Iervolino (Oddati, appunto) si tratta di una “parola bruttissima” da utilizzare nei confronti di un Partito che “si uniformerà al rinnovamento”, e lo ripeto, ha ragione.

Al Partito democratico della Calabria non occorre una bonifica, ma una retata: tra tessere false, anagrafi non certificate (o non reperibili), bilanci evanescenti, poltrone autoreferenziali, capibastone, denaro di tessere e oboli di primarie non pervenuti, inchieste, misure cautelari a carico di consiglieri regionali, siamo davanti ad un far west di difficile comprensione nel quale il commissario Stefano Graziano si è dimostrato nulla più che un goffo cowboy, non all’altezza del compito “militare” affidatogli da Matteo Orfini come ripiego dopo il gran rifiuto del “duro e puro” torinese Stefano Esposito.

 

Eppure stupisce come Nicola Oddati sia così ottimista nell’obiettivo di dare una “amuchinata” al Pd calabrese, quasi del tutto usucapito da anni di elitaria gestione cosentino-sangiovannese (I Pd provinciali Catanzarese e Crotonese sono ostaggio di segretari poltergeist, mentre quello di Reggio Calabria è commissariato dall’eterno responsabile organizzativo regionale Giovanni Puccio).

Mi sono allora chiesta se lo zingarettiano-bassoliniano-deluchiano Oddati questo rinnovamento è mai riuscito a compierlo nella sua Regione, la Campania, e la risposta è no.

Basti ricordare le primarie per sindaco di Napoli del 2011 che videro Oddati straperdere e la vittoria di Andrea Cozzolino (grande amico di Mario Oliverio). Tra denunce di brogli (ci fu, addirittura, l’apertura di un fascicolo da parte della Dda per infiltrazioni mafiose!) e denunce di “voti di immigrati comprati a 5 euro” (secondo l’ex segretario provinciale partenopeo Nicola Tremante), in quell’occasione Oddati pare cercò di aggiustare “in casa” le percentuali finali a sua favore, secondo quanto riportato nel libro “Emozioni primarie” scritto dai due ex membri del suo staff Lucio Iaccarino e Massimo Cerulo.

Al congresso per la segreteria provinciale del Pd di Napoli del 2017, invece, Nicola Oddati sollevò questioni gravi sulla composizione dell’anagrafe, denunciando di avere a che fare con platea di elettori falsata da pluricentenari iscritti ai Giovani democratici, da tessere false e da dati che erano così raffazzonati da ritrovarsi nella situazione di avere iscritti nell’anagrafe anche persone che non erano ancora nate. Certo, seguì un ricorso in Tribunale con l’annullamento del congresso dopo due anni, ma lì la politica in casa democrat risente ancora degli strascichi della gestione della Magorno campana, Assunta Tartaglione.

Non capisco, quindi, perché Nicola Oddati additi come “spocchiosi” e “primi della classe” i grillini, quando lui, biografia politica alla mano, risulti tra quelli rimandati a settembre.

* opinionista di Perfidia