Non c’è pace per la Lega in Calabria. Dopo l’exploit alle elezioni europee del maggio 2019 dove ha ottenuto 164.915 voti e il 22,6% e la tenuta alle elezioni regionali dello scorso gennaio con il 12,2% complessivo, il declino è stato certificato con il 4,69% alle elezioni comunali di Reggio Calabria, dove ha espresso, tra mille polemiche da parte degli alleati, un candidato sindaco “straniero”, Nino Minicuci che ha, addirittura, preso le distanze dai suoi ex sponsor politici subito dopo le elezioni aderendo al gruppo misto a Palazzo San Giorgio. Una bella scoppola per la neo-nominata segreteria provinciale guidata da Franco Recupero (con al seguito vari transfughi del Pd e di Forza Italia).

Anche a Catanzaro, gli scossoni della gestione forestiera Invernizzi-Rauti hanno provocato diverse reazioni.

Chiefalo se ne va e sbatte la porta

In un comunicato Antonio Chiefalo, commissario provinciale della Lega all’epoca della gestione regionale di Domenico Furgiuele nel 2018 e confermato “coordinatore di area territoriale Catanzaro città e zone limitrofe” da Cristian Invernizzi l’anno successivo, poi candidato a inizio anno alle elezioni regionali con una dote di 3.681 preferenze personali, insieme ad altri dirigenti ed amministratori come Franco Iona, già candidato alla Camera nel 2018, l’ex Sindaco di Gizzeria, Aldo Cerra, l’ex coordinatore giovani leghisti di Catanzaro, Salvatore Caliò, il consigliere comunale di Chiaravalle, Sergio Garieri e l’assessore comunale di Petrizzi, Antonio Provenzale, hanno annunciato la loro uscita definitiva dalla Lega.

«Abbiamo sperato che Lega Calabria riflettesse, capisse, decidesse. Che comunicasse qualcosa, qualunque cosa... Abbiamo atteso silenti, abbiamo stimolato sussurrando, abbiamo provocato con toni ruvidi, ma il risultato non è andato oltre l’impermeabilità più assoluta del nostro interlocutore» dichiarano gli, ormai, ex leghisti.. «E allora, va da sé - continuano-, non ci sono più margini per fare politica con questa Lega, con questa dirigenza regionale. Assenti le condizioni minime di permanenza poiché è stata ablata ogni interlocuzione e, con essa, ogni possibilità di “fare territorio” in favore della gente che aveva creduto in noi». «Abbiamo condiviso sin dall’inizio il progetto guidato da Salvini e quelle idee ancora condividiamo, ma il Carroccio calabro si è rinchiuso in un invalicabile recinto riempito da una dimestichezza politica tutta da verificare e da nessuna base elettorale. Progetti evaporati ed eutanasia di un sogno in via di completamento. Il “proposito primo” di qualcosa di diverso e di buono per la nostra terra che, come un peccato originale, per avere ancora vita sarà costretto ad adeguarsi al peggiore contesto svendendosi al migliore offerente portatore di voti... Finisce qui, allora, la nostra esperienza con la Lega. Da oggi si guarda avanti! Tanti progetti ci chiamano, tanta gente ci chiede di insistere» concludono.

La segreteria provinciale non piace ai dirigenti storici

La nomina da parte di Cristian Invernizzi del direttivo provinciale della Lega catanzarese lo scorso mese ha scosso fortemente gli animi dell’area “storica” e fortemente critica rispetto alla gestione bergamasca imposta direttamente da Matteo Salvini fino al 2023.

Anche in quel caso Antonio Chiefalo chiese le dimissioni di Invernizzi e Rauti «La base storica non c’è più. Annientata da un modo di far politica che non ha pensato ai temi (ahinoi questi sconosciuti…) ma che si è affrettata solo per coprire caselle in autonomia e a (dis)organizzare ed atomizzare ciò che per anni, faticosamente e senza alcuna prebenda, Catanzaro e dintorni aveva messo in piedi sotto il simbolo Lega» tuonò Chiefalo pubblicamente aggiungendo «la Calabria non aveva bisogno di esoscheletri animati da paccate sulla spalla date da Salvini e trasformate in strumenti di censura e scettri per dirigere il nulla»... «Resta dunque solo un oligarchico avamposto autoreferenziale che di noi ionici, silani e tirrenici delle prime difficili ore ha davvero poco». Concludendo rivolgendosi alla dirigenza leghista (in particolare, a Walter Rauti)  invitando ad un «atto di amore verso la Calabria e verso la stessa Lega: dimissioni dei vertici regionali, compreso quelli in apparente penombra che nonostante indossino una maglia nazionale hanno inanellato una sconfitta dietro l’altra, per ridare fiducia ad un progetto che è stato scolorito, svuotato, sostanzialmente neutralizzato».

I nominati

Il presidente dell’ordine degli architetti di Catanzaro, Giuseppe Macrì (candidato alle elezioni regionali sotto le effige leghiste con 3.173 voti di preferenza ottenuti) è il nuovo coordinatore provinciale della Lega. «La Lega è un partito che sta portando avanti le istanze dei professionisti e del territorio con lo stesso impegno e la stessa determinazione che ho dedicato alla mia categoria» si trovò a dichiarare.

Con lui nel direttivo ci sono, tra i vari, Massimo Tigani Sava, giornalista e direttore editoriale di VideoCalabria (la rete del crotonese Salvatore Gaetano, vicino a Cristian Invernizzi); Lucio Romeo, dirigente bancario in pensione e già membro del comitato provinciale (originario di Reggio Calabria), Marisa Viglianisi, infermiera di Montauro, Pino Rotundo, già candidato a Sindaco di Catanzaro nel 2011.

Oltre a lui, il geometra Giuseppe Folino, dipendente Arpacal, un tempo vicino al consigliere regionale del Pd Tonino Scalzo e ora planato direttamente nella struttura del presidente facente funzioni Nino Spirlì.

La sciabolata dell’europarlamentare Sofo a Invernizzi

Il leghista “eretico”, l’europarlamentare Vincenzo Sofo ha attaccato frontalmente, dopo le comunali reggine, il segretario regionale della Lega, il deputato bergamasco Cristian Invernizzi, con un post sul suo sito web personale: «La gente del Sud si affiderebbe volentieri a Salvini ma è meno contento di affidarsi a chi rappresenta Salvini su quei territori. Innanzitutto perchè è evidente che a nessuno piaccia farsi comandare da qualcuno che non sia espressione del proprio territorio, soprattutto se distante dalla propria cultura, tradizione, mentalità. Perchè se già un bergamasco (e qui, il riferimento a Invernizzi, ndr) difficilmente apprezza di essere gestito da un bresciano, figuriamoci quanto un calabrese possa apprezzare di essere gestito da un bergamasco».