Il consigliere regionale della Casa delle Libertà Francesco Cannizzaro non ha nessuna intenzione di “cambiare casacca”. E, seppure giudica lusinghiero essere considerato interlocutore dei fratelli Gentile di Alternativa Popolare, continuerà a stare dentro Forza Italia dove pare intenzionato a dare battaglia. Specie contro chi avrebbe fatto girare la voce di un suo possibile trasferimento verso altri lidi, magari “sperandolo”.

 

Le dichiarazioni di Cannizzaro

«Dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io» conclude la sua nota stampa Francesco Cannizzaro con quello che può considerarsi un manifesto politico, termometro dell’aria (assai viziata) che si respira in Consiglio regionale. Mentre si avvicinano gli appuntamenti elettorali e i nostri politici sono impegnati nella ricerca delle postazioni migliori dalle quali affrontare le prossime sfide, il problema dei problemi è perfettamente individuato da Cannizzaro: «il fuoco amico».

 

Quella fiamma sulla quale stanno bruciando tantissime speranze dei nostri. Il fuoco amico lo conosce benissimo Wanda Ferro, ad esempio che prima è rimasta fuori dal Consiglio regionale, esclusa da un legge elettorale approvata dal suo partito, e poi rimasta fuori dall’Ufficio di presidenza durante l’ultima votazione. Stavolta in compagnia di Mimmo Tallini. Ma a farne conoscenza sono stati anche esponenti doc del centrosinistra come Guccione e Ciconte. Prima assessori della giunta Oliverio poi defenestrati, ma ripescati per fare i candidati a sindaco di Cosenza e Catanzaro dove si sono scottati non poco. Ciconte, neo eletto vicepresidente di maggioranza, ha anche dovuto subire lo smacco di raccogliere meno voti di Pino Gentile, eletto vicepresidente di minoranza.

Insomma il “fuoco amico” arde e brucia e Cannizzaro lo vuole schivare, fornendo precisi messaggi ai naviganti. Soprattutto a quelli che si trovano ad attraversare le burrascose acque dello Stretto.

 

«A seguito delle notizie giunte sui miei “ammiccamenti” politici, mi corre l’obbligo di esternare semplici e precise considerazioni – premette Cannizzaro per poi entrare nel vivo del suo ragionamento politico - L’esperienza più comune di questi tempi è quella del «fuoco amico», ma l'incapacità di propensione verso obiettivi che vanno al di là delle nostre personali esigenze, purtroppo, non è più prerogativa di qualche collega di partito. Sicuramente lusinghiera l’affermazione di essere riconosciuto come valido interlocutore di quella dirigenza regionale e nazionale di Alternativa Popolare che molto spesso agita, solo in Consiglio regionale, i sonni di qualche aitante esponente forzista».

 

!banner!

Ma Cannizzaro diventa ancora più preciso: «Sempre per non apparire vago, ma estremamente concreto com’è mia consuetudine, non ho la minima intenzione di cambiare “casacca”, come qualcuno potrebbe sperare, e non è assolutamente in dubbio la mia fedeltà politica e morale a Forza Italia, la cui adesione risale ai primi anni del 2000, ed alla direzione regionale del partito, a cui va la mia stima e gratitudine per il sostegno che sempre mi giunge. Appare controversa, invece, la miopia di talune componenti interne che in vista di improbabili “trasferimenti” romani, hanno perso di vista il bene comune ed il fine politico di Forza Italia».

 

Quindi la stoccata finale ai fratelli coltelli. «Vorrei ricordare, a chi reclama spazi in azzurro, che non è spargendo false illazioni su chi è impegnato seriamente sul territorio e che è in grado di confrontarsi con tutte le componenti di governo, nazionale e regionale, che si ambisce ad una candidatura. Un atteggiamento rozzo e retrogrado che ignora completamente il pensiero del Cavaliere: «Per vincere occorre un centrodestra unito e coeso, nel quale ci sia posto per le sensibilità di tutti, che sappia ascoltare le paure, la rabbia, il disagio di molti cittadini, ma soprattutto occorre un centrodestra chiaro nel suo profilo liberale e riformatore, capace di esprimere progetti seri e realizzabili». La chiusura affonda poi le radici nella più antica saggezza: «Insomma, dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io».

Riccardo Tripepi