Il leader di Azione in riva allo Stretto esclude ogni ipotesi di campo largo, boccia Renzi («Le distanze stanno aumentando») e i Cinquestelle («Non governeremo mai insieme»). No all'autonomia differenziata: «Sarebbe un ritorno alle signorie, una follia anche per Nord» (ASCOLTA L'AUDIO)
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Carlo Calenda, sbarcato in Calabria per diffondere il verbo di Azione, ne ha per tutti. Boccia Renzi e ogni ipotesi di campo largo, esclude i cinquestelle da una qualsiasi ipotesi di alleanza, e chiede al ministro del Turismo, Daniela Santanchè, di dimettersi perché troppo grossa la «questione politica» che si è aperta nell’ultima settimana. E se il Ponte sullo Stretto «non si farà mai», l’autonomia differenziata per lui non è altro che «un ritorno alle signorie».
Ad attendere a Reggio Calabria il leader di Azione, c’era una folla per certi versi inaspettata. Una platea costituita oltre che dagli aderenti al partito, anche da molti amministratori accorsi in un noto ristorante del centro, per conoscere ed approfondire eventuali rapporti futuri.
I dirigenti locali d’altra parte sentono il vento in poppa. “Calabria, sul serio” è lo slogan scelto per l’incontro di Largo Colombo che ha visto tra i protagonisti anche il senatore Marco Lombardo (scelto per guidare il partito in Calabria), la campana Francesca Scarpato (segretario provinciale partenopeo), il sindaco facente funzioni della Città Metropolitana Carmelo Versace, i consiglieri regionali Francesco De Nisi e Giuseppe Graziano. In platea, anche il sindaco facente funzioni di Reggio Calabria Paolo Brunetti e il segretario regionale del Partito democratico Nicola Irto.
Calenda: «Il campo largo non è mai esistito»
Carlo Calenda non fa giri di parole rispetto alle ultime vicende che hanno segnato il dibattito parlamentare, ribadendo la richiesta di dimissioni del ministro del turismo Daniela Santanchè. D’altra parte per lui la vicenda è prima politica e poi giudiziaria: «Siamo sempre garantisti, ma quando sei membro di governo – ha detto ai giornalisti – devi tenere comportamenti appropriati, perciò confermo la richiesta di dimissioni».
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Ma il leader di Azione mette in soffitta anche l’idea, ormai tramontata, di dare vita ad un partito unico in coabitazione con Matteo Renzi: «Per ora - ha detto - quello che vediamo è che con le posizioni di Italia Viva, il partito di Renzi, le distanze stanno purtroppo aumentando. Mi dispiace, noi rimaniamo sul nostro programma elettorale, che conteneva il salario minimo di nove euro all’ora, però Italia Viva non ha voluto firmare. Mi dispiace lo ripeto, ma non ci posso fare niente».
«Azione - ha spiegato - vuole provare a mettere insieme persone ragionevoli, magari che hanno militato in campi avversi (l’esempio è Mara Carfagna e Matteo Richetti), ma che appartengono alla tradizione riformista di sinistra alla tradizione della Democrazia cristiana, al partito socialista, e al partito repubblicano. Oggi invece, la politica italiana si è così estremizzata che si parla di tutto tranne che delle cose da fare e come farle».
Anche per questo Calenda considera le elezioni europee del 2024 un vero banco di prova. Ma con precisi confini in tema di alleanze: «Il campo largo non è mai esistito e non c'è alcuna possibilità di praticarlo. Non c'è nessun campo largo. Non c'è mai stato e non ci sarà mai. Noi non governeremo mai con i Cinquestelle, che sono populisti e propongono cose che non si possono realizzare». Calenda, poi ha ribadito la diversa estrazione e natura del suo partito: «Noi siamo il contrario. Siamo molto pragmatici. Siamo quelli che hanno promesso meno in campagna elettorale. E se gli italiani provassero, almeno per una volta, a votare chi promette di meno e prova a realizzare di più, forse questo Paese lo cambieremmo».
E anche in riferimento alla Calabria, guardando a Versace e Lombardo (entrambi reggini), Calenda afferma di essere abbastanza contento di come stanno andando le cose in Calabria.
Calenda: «Ponte sullo Stretto? Non si farà mai»
«Salvini non è Marchionne». È da qui che il leader di Azione parte per un ragionamento naturalmente non nuovo: «Se ne parla da cinquant’anni, può essere un’opportunità. Però se nel frattempo tu hai soldi e non rimetti a posto le ferrovie, i bacini idrici vetusti, come in questa città, tutte questioni che servono a migliorare la vita dei cittadini, ecco, prima bisogna mettere a posto le cose che sono nel tuo core business, come si fa in una impresa, poi fai il Ponte». E d’altra parte Calenda non si professa contrario alla mega opera, «però vedrete che, alla fine – ha aggiunto - il Ponte non si farà e non si riuscirà neppure a spendere le risorse ordinarie, perché oggi in politica c’è gente che non ha mai lavorato un giorno in vita sua e vorrebbe gestire impegni miliardari, pensando che per magia si trasformi in Marchionne. Siccome Marchionne non c’è più e c’è Salvini, ecco perché - ha concluso - non si faranno le cose».
Calenda: «Autonomia differenziata dannosa anche per il Nord»
Calenda boccia anche l’autonomia differenziata targata Calderoli, considerandola «un ritorno alle signorie», per come è stata impostata: «È una follia, anche per il Nord e non solo per il Sud. Ma ci rendiamo conto che per le competenze contenute nel provvedimento noi dovremmo avere in ogni regione una società elettrica, una società di distribuzione del gas, il potere di veto, cioè bocciare gli accordi sottoscritti dall’Unione europea, che non dovrebbero essere approvati dal solo Parlamento? Io non sono contrario – ha ribadito Calenda – al fatto che si diano più deleghe alle Regioni, però bisogna farlo con intelligenza. Già in questo Paese non si riesce a fare un cacchio, ma ancora meno si potrebbe fare con l’autonomia differenziata».