VIDEO | Nel braccio di ferro con Palazzo Chigi a perderci sono soltanto i cittadini calabresi che aspettano di capire cosa è stato fatto da marzo ad oggi per fronteggiare la seconda ondata
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Il governo Conte chiude la Calabria nonostante la Regione abbia un numero contenuto di contagi e ricoveri e il Covid in sé non abbia fin qui mai fatto paura come avvenuto in altre Regioni italiane.
Il governo chiude perché anche con numeri bassi il sistema sanitario rischia il collasso. I posti in terapia intensiva sono risicati e i reparti Covid hanno già occupato tutto il personale possibile mettendo a rischio la cura delle altre patologie. Un dato confermato anche da una delle ultime ordinanze sottoscritte da Nino Spirlì che ha sospeso negli ospedali i ricoveri e le attività ambulatoriali non urgenti.
Il Palazzo protesta
Al provvedimento del governo che ha fatto della Calabria una zona rossa è seguita una levata di scudi da parte del governo regionale e dei politici calabresi che sfugge ad ogni comprensione. Spirlì ha annunciato ricorso contro l’ultima ordinanza, con il pieno sostegno del presidente del Consiglio Mimmo Tallini del deputato reggino Francesco Cannizzaro, ma anche dei big di Fdi e Lega che considerano “autoritario” l’intervento del ministro Speranza.
Scontro con il Governo
Al momento la Calabria è sola ad avere avviato uno scontro con il governo destinato a sfociare nelle aule di Tribunale. Non è la prima volta che succede nella gestione di questa pandemia. Il precedente è legato all’ordinanza firmata da Jole Santelli per la riapertura dei bar e ristoranti con i tavolini all’aperto quando si era alle battute conclusive del primo lockdown. Quella volta ad impugnare l’ordinanza regionale fu il governo che ottenne ragione davanti al Tar.
Chiaramente l’ottica di scontro tra i diversi livelli di governo non serve a molto in una fase di emergenza come questa e, anzi, rischia di rendere ancora più complicato gestire la pandemia. Tanto che, al momento, nessuna delle altre Regioni dichiarate zona rossa, seppure i governatori abbiamo provato a farsi sentire con Roma, ha deciso di intraprendere una via giuridica.
La Regione soffia sul fuoco
Anche perché il rischio concreto è quello di dividere ancora di più l’Italia per dare sfogo a una ribellione dal sapore populista che sembra volta più a gettare fumo negli occhi dei cittadini inferociti e sull’orlo del fallimento che non a ottenere risultati concreti.
Tanto che, mentre nel caso dell’ordinanza Santelli si era registrato più di qualche consenso popolare, stavolta i calabresi non sembrano avere appoggiato o compreso, come dimostrato dalla manifestazione di dissenso andata in scena alla Cittadella e che ha avuto tra i bersagli proprio il vicepresidente Spirlì che ha provato a fermarsi con i manifestanti.
In strada contro il lockdown
I cittadini calabresi, che proseguiranno le loro proteste su tutto il territorio, credono che questa ribellione dell’attuale governo regionale somigli di più a una dimostrazione di incompetenza di una classe dirigente che prova a rimpallare altrove responsabilità che sono soltanto sue.
I cittadini calabresi vogliono sapere cosa è stato fatto in questi mesi, da marzo ad oggi, per fronteggiare la seconda ondata, come sono stati spesi i soldi inviati dal governo e che fine hanno fatti gli strumenti inviati dal Commissario per l’emergenza Arcuri. Responsabilità che, evidentemente, appartengono soltanto a questa amministrazione regionale e al commissario Cotticelli.
Poi, allargando il quadro, tutti governi precedenti, locali e nazionali, dovrebbero chiarire a cosa è servito un commissariamento regionale che dura da oltre dieci anni e che ha prodotto soltanto chiusura di ospedali, tagli lineari e lo stop alle assunzioni.
Né miglior fortuna hanno avuto i due decreti Calabria per la sanità varati dal primo e dal secondo governo Conte se non quello di confermare che la nostra Regione ha bisogno di leggi speciali non potendosi considerare pienamente Italia.