I fatti gravi, per adesso e per amore di garantismo, sarebbero due: la storia dell’agronomo “non agronomo” messo a dirigere i 18 agronomi già presenti nella struttura e i 33mila euro distratti dalla casse pubbliche per essere dirottati su dei lavori fatti a casa, per giunta da operai in servizio, dell’ex dirigente Paolo Furgiuele. La prima considerazione è la solita: ma come si salva questa Calabria? La seconda è, a suo modo, pure solita: si fregano i soldi alla luce del sole con straordinaria costanza.

 

Bufera su Calabria Verde, arrestati dirigenti e funzionari

 

Una notizia positiva, però, c’è: uno degli ultimi pezzi della sgangherata squadra di Peppe Scopelliti è caduto. Purtroppo per merito della magistratura, che ormai è divenuta la vera struttura politica della regione. Certo, si dirà che fu la longa manus di Mario Oliverio a togliere la preziosa sedia della dirigenza del carrozzone “Calabria Verde” da sotto il sedere di Furgiuele, ma da che mondo e mondo, ovvero da quando lo logica dello spoil system è legale, qualunque cambio di governo porta in maniera conseguenziale il cambio dei vertici delle strutture pubbliche. E sono azioni di natura politica, non di natura comportamentale. Cioè, traducendo, le sostituzioni vengono fatte in base alla fiducia personale, non in base ai risultati. Puoi aver ottenuto qualunque risultato durante il periodo di “comando”, ma se non piaci al capo verrai cacciato. E’ lo spoil system, bellezza. Ed è spoil system anche se Furgiuele si è dimesso prima di ricevere il ben servito da Oliverio. Perché, dopo la “guerra” dei 32 milioni di euro, chiunque – si spera – avrebbe cacciato il primo sospettato.

 

Però c’è stato chi a suo tempo ha sollevato la questione proprio di “Calabria Verde”, venendo preso quasi per pazzo e forcaiolo. Era il primo di gennaio del 2015 e da una radio cosentina il capo della Prociv regionale tuonava così alla domanda sulla funzionalità dei dipendenti pubblici: “Gli operai forestali, è inutile nasconderlo, hanno rappresentato l’emblema negativo della nostra regione per molto e non per colpa loro. Non si può pensare di assumere, ad esempio, giovani che poi vanno a pulire i giardini degli amministratori o le strade nei pressi dell’abitazione di qualche politico, così come successo in passato”. Dopo quelle parole in molti, sindacati compresi, si cimentarono nella ignobile arte tutta calabrese del “se sai perché non dici tutto alla magistratura”. Ora, che davvero Carlo Tansi sia passato dalle parole ai fatti non è dato sapere. Di certo, però, quel monito qualcuno lo ha raccolto. E lui, che sedeva da poco sulla sedia scomoda della Protezione Civile, ci aveva visto lungo non perché è un visionario, ma perché è persona seria e soprattutto efficace. Lungi dal voler tessere e ricamare lodi a Tansi, ma a volte il giornalismo deve pur esprimere un parere positivo sulle persone. O meglio, deve dare l’impressione di volersi di qualcuno, di dire ai lettori che non tutto in fondo è perduto.

 

Calabria Verde, "In passato operai pagati per pulire giardini privati dei politici"

 

Infatti, la differenza tra un populista e un – per dire - “giustista” sta nell’onestà delle parole. Sparare ad esempio “ad muzzum” su forestali e simili è cosa assai facile e si raccoglie pure assai consenso: “ladri”, “inutili”, “sanguisighe”, “raccomandati”, “privilegiati”. Analizzare, al contrario, la questione è cosa più difficile, perché passerebbe poi il messaggio che anche chi analizza seriamente vuole difendere le caste. “La Calabria – disse infatti Tansi all’epoca - ha bisogno degli operai forestali, che però devono essere organizzati. Abbiamo fiumi e fiumare cariche di detriti che colmano gli alvei, e gli argini dei fiumi vengono coperti dai detriti. Questi operai non possono intervenire con la sola buona volontà, devono essere dotati di mezzi meccanici, ruspe, macchine di movimento terra. Ne servirebbero centinaia già solo per fare prevenzione”. Eccolo, quindi, il vero problema: l’organizzazione. Perché “Calabria Verde” serve per davvero ai calabresi. E questi signori tratti oggi in arresto sono colpevoli due volte: una per aver mangiato indegnamente sulle spalle dei contribuenti e due per aver messo in serio pericolo la vita di tutti i calabresi.