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Una conferenza stampa senza domande per fornire la propria versione dell’accaduto e sottrarsi ad ogni tipo di strumentalizzazione. Questa la scelta del presidente della Commissione antindrangheta Arturo Bova che ha convocato i cronisti a palazzo Campanella, dopo essere finito nell’occhio del ciclone per presunti rapporti con un esponente della criminalità di Roccelletta di Borgia, con il quale sarebbe stato in società per diverso tempo, come emerso dalle carte dell’operazione “Jonny”.
Bova nega ogni rilevanza all’accaduto e ricorda di aver tentato di vendere la propria quota di partecipazione già dal 2009 e di averla poi dismessa ugualmente a titolo gratuito, comunicando formalmente di aver rinunciato da molto tempo “ad avere utili e ad ogni tipo di responsabilità”. Tutte circostanze che, secondo Bova, era «nota a tutti e ancor più agli inquirenti già nel 2009. Già allora andai di persona dal Pm a fornire ogni chiarimento spontaneamente, come è sempre nel mio costume».
Il presidente, dunque, rimarcando che «ad oggi, a distanza di 8 anni nessun inquirente, nessun magistrato, nessun giudice ha mai chiesto di sentirmi e non sono mai stato indagato, né mi è stato chiesto di chiarire alcunchè su questa vicenda» non riesce a spiegarsi perché diventi di rilevanza mediatica adesso questa notizia.
«Questa notizia – insiste Bova – era comparsa ed era di dominio pubblico già nel 2009 e io avevo avuto già modo di spiegare il perché di quel possesso di quote societarie. All’epoca non si era dato riscontro mediatico alla circostanza e men che meno investigativo, perché fino a maggio 2017, otto anni dopo si tira fuori la notizia e mi si espone alla gogna mediatica?».
Il presidente della Commissione anti ‘ndrangheta respinge poi ogni collegamento tra tale vicenda e la sua attività da consigliere regionale, evidenziando come a Roccelletta di Borgia abbia raccolto solo 70 voti e non capisce come la sua partecipazione nella società, di cui è stato anche legale, possa essere messa in relazione alla sua “ascesa politica”. Certo della sua estraneità ai fatti conferma la sospensione da ogni attività da presidente della Commissione in attesa di un confronto con la maggioranza.
«Questo caso non esiste – ha detto ancora Bova - A conclusione della conferenza stampa chiederò urgentemente una riunione di maggioranza a Oliverio e a Irto dove ribadirò le mie convinzioni ed a conclusione della quale mi riserverò di esporre pubblicamente le mie ulteriori riflessioni».
Bova ha poi fatto capire di aver optato per la sospensione e non per le dimissioni sia per avere un confronto con la maggioranza, ma anche perché è ormai vicinissimo il termine del rinnovo delle presidenze degli organismi, compresa quella della presidente del Consiglio, che arriva allo scadere della metà legislatura.
Infine la sua risposta a chi, come il consigliere regionale di opposizione Fausto Orsomarso, ha chiesto la chiusura della Commissione anti ‘ndrangheta. «Sarebbe come chiudere un’altra saracinesca ad un presidio fondamentale dello Stato» ha detto Bova che ha rivendicato l’attività fin qui svolta: «Abbiamo assicurato la presenza dello Stato laddove era necessario: in decine e decine di scuole, nelle Università, nei consigli comunali aperti al pubblico all'indomani dei tanti attentati ai valorosi sindaci e amministratori locali della Calabria, focalizzando la mia attenzione sul pericoloso intreccio mafia-politica (deviata)- massoneria deviata, convocando una Commissione ad hoc e trasmettendo i risultati alla Commissione nazionale antimafia, con i risultati che sono noti a tutti».
Riccardo Tripepi